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PARTE SECONDA

Sergente Mandella

(2007-2024 d.C.)

16

Paura? Oh, sì, avevo paura… e chi non l’avrebbe avuta? Solo uno sciocco, un suicida o un robot. O un ufficiale di carriera.

Il vicemaggiore Stott camminava avanti e indietro, dietro al piccolo podio nella sala assemblea-mensa-palestra dell’Anniversary. Avevamo fatto il nostro balzo finale da collapsar a collapsar, da Tet-38 a Yod-4. Stavamo decelerando a una gravità e mezzo, e la nostra velocità relativa, rispetto a quella collapsar, era piuttosto rispettabile: 0,90 c. Ci stavano inseguendo.

— Vorrei che vi decideste a rilassarvi un momento e a fidarvi del computer dell’astronave. Il vascello taurano, comunque, non arriverà a tiro per altre due settimane e se continuerete a tremare per due settimane, né voi né i vostri uomini sarete in condizioni di combattere quando verrà il momento. La paura è una malattia contagiosa. Mandella!

Stava sempre attento a chiamarmi "Sergente" Mandella davanti alla compagnia. Ma tutti i presenti a quella riunione erano comandanti di squadra o più: non c’era neanche un soldato semplice in tutto il mazzo. Perciò lasciava perdere i gradi. — Sì, signore.

— Mandella, lei è responsabile dell’efficienza psicologica e non soltanto fisica degli uomini e delle donne della sua squadra. Presumendo che fosse conscio del problema del morale a bordo di questa astronave, e presumendo anche che la sua squadra non sia immune… lei che cosa ha fatto?

— Per quanto riguarda la mia squadra, signore?

Mi fissò per un istante interminabile. — Certo.

— Ne abbiamo parlato, signore.

— E siete arrivati a qualche conclusione sensazionale?

— Con tutto il rispetto, signore, credo che il problema principale sia evidente. I miei sono chiusi in questa nave, diavolo, come tutti quanti, da quattordici…

— Ridicolo. Ciascuno di noi è stato adeguatamente condizionato contro le pressioni del sovraffollamento, e gli uomini arruolati hanno il privilegio di fraternizzare. — Era un modo molto delicato di dirlo. — Gli ufficiali devono osservare l’astinenza, eppure noi non abbiamo il problema del morale.

Se pensava davvero che i suoi ufficiali osservassero l’astinenza, avrebbe fatto meglio a fare una lunga chiacchierata con il tenente Harmony. Ma forse lui intendeva se stesso e Cortez. Aveva ragione al cinquanta per cento, probabilmente. Cortez era piuttosto amico del caporale Kamehameha.

— I terapeuti hanno rafforzato il vostro condizionamento a questo riguardo — continuò Stottf — mentre lavoravano per cancellare il condizionamento all’odio… tutti sanno la mia opinione al riguardo… e magari hanno ordini discutibili, ma sono esperti.

"Caporale Potter. — La chiamò con il grado per ricordare a tutti la ragione per cui non era stata promossa come gli altri. Troppo tenera. — Ne hai "parlato" anche tu con i tuoi?"

— Ne abbiamo discusso, signore.

Il vicemaggiore era capace di lanciare "occhiatacce miti" alla gente. Lanciò occhiatacce miti a Marygay fino a quando lei si decise a continuare.

— Non credo che il sergente Mandella giudicasse imperfetto il condiz…

— Il sergente Mandella è capace di parlare da solo. Voglio la tua opinione. Le tue osservazioni. — Lo disse in modo da far capire che non le voleva affatto.

— Ecco, neanch’io credo che il difetto stia nel condizionamento, signore. Non abbiamo difficoltà a vivere insieme. E che tutti sono spazientiti, stanchi di continuare a fare le stesse cose, da settimane e settimane.

— Allora sono ansiosi di combattere? — Non c’era sarcasmo, nella sua voce.

— Vogliono uscire dall’astronave, signore, uscire dalla routine.

— E usciranno dall’astronave — disse Stott, concedendosi un sorrisetto meccanico. — E allora probabilmente saranno altrettanto impazienti di ritornarci.

Continuò su questo tono, tra botta e risposta, per un bel pezzo. Nessuno se la sentiva di tradurre in parole il fatto fondamentale che i nostri, uomini e donne, avevano avuto a disposizione più di un anno per rimuginare sulla futura battaglia, e potevano diventare solo più apprensivi. E adesso c’era un incrociatore taurano che ci seguiva, e accorciava le distanze… avremmo dovuto affrontarlo prima che mancasse un mese all’assalto al suolo.

Già la prospettiva di arrivare al pianeta portale e di giocare ai soldati era abbastanza brutta. Ma almeno hai una possibilità di influenzare la tua sorte, in un combattimento al suolo. Ma quello schifo di starsene seduti dentro a un guscio, a far parte del bersaglio, mentre l’Anniversary giocava una partita matematica con l’astronave taurana… Essere vivo un nanosecondo e morto un nanosecondo dopo, perché qualcuno ha sbagliato a sistemare il trentesimo decimale… quello mi dava fastidio. Ma provare a dirlo a Stott? Alla fine, dovetti ammettere che non stava facendo la scena. Non riusciva proprio a capire che differenza ci fosse tra la paura e la vigliaccheria. E il fatto che fosse stato appositamente condizionato ad adottare quel punto di vista (e ne dubitavo), o che fosse soltanto matto, e basta, non aveva importanza.

Adesso stava tenendo Ching sui carboni accesi, la solita vecchia scena. Io gualcivo tra le dita l’organigramma che ci aveva consegnato.

Conoscevo quasi tutti i reduci del massacro di Aleph. Nel mio plotone, gli unici nuovi erano Demy, Luthuli e Heyrovsky. Nella compagnia (scusatemi, la "Forza d’Attacco") avevano complessivamente venti rincalzi per i diciannove che avevano perduto nell’incursione su Aleph. Un’amputazione, quattro morti e quattordici psicopatici, vittime di un condizionamento troppo zelante all’odio.

Non riuscivo a mandare giù quel "20 mar 2007" in fondo all’organigramma. Ero nell’esercito da dieci anni, sebbene soggettivamente sembrassero meno di due. La dilatazione temporale, è chiaro. Anche con i balzi tra le collapsar, viaggiare da stella a stella divora il calendario.

Dopo questa incursione, probabilmente avrei potuto congedarmi e farmi mettere in pensione a paga piena… se fossi sopravvissuto all’incursione, e se non avessero cambiato i regolamenti a nostro danno. Veterano con vent’anni di servizio, e venticinque anni di età.

Stott era arrivato alla conclusione quando bussarono alla porta: un colpo solo e molto forte. — Avanti — disse lui.

Un guardiamarina che conoscevo di vista entrò con fare disinvolto e consegnò a Stott un foglio di carta senza dire una parola. Restò lì mentre Stott leggeva, insaccandosi giusto con l’esatta misura di insolenza. Tecnicamente, Stott non faceva parte della gerarchia cui lui apparteneva; e del resto, nella Marina, Stott era antipatico a tutti.

Stott restituì il foglio al guardiamarina e lo fissò senza guardarlo.

— Avvertite le vostre squadre che le manovre evasive preliminari avranno inizio alle 2010, tra cinquantotto minuti. — Non aveva guardato l’orologio. — Per le 2000 tutti dovranno essere nei gusci antiaccelerazione. At-tenti!

Ci alzammo e, senza entusiasmo, scandimmo in coro: — Fatti fottere, signore. — Ci sentimmo molto idioti.

Stott uscì dalla sala a grandi passi. Il guardiamarina gli andava dietro, con un sorrisetto maligno.

Girai l’anello sulla posizione 4, il canale del mio vicecomandante di squadra, e dissi: — Tate, qui Mandella. — Nella sala, tutti gli altri facevano come me.

Dall’anello uscì una voce metallica. — Qui Tate. Cosa succede?

— Chiama gli uomini e digli che dobbiamo essere nei gusci per le 2000. Manovre evasive.