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— Forse sei dimagrita.

— Che furbo.

Da quando ci avevano adattato gli scafandri, a Stargate, l’assunzione di calorie e gli esercizi fisici erano stati rigorosamente controllati. Non si può usare uno scafandro da combattimento se la sensorpelle, all’interno, non aderisce come uno strato d’olio.

Un altoparlante soffocò il resto dei commenti di Marygay. "A tutto il personale. Attenzione… Tutto il personale dell’esercito, dal grado 6 in su e tutto il personale della marina dal grado 4 in su si presentino in sala istruzioni alle 2130. Attenzione…".

Ripeté la comunicazione due volte. Io andai a sdraiarmi per qualche minuto, mentre Marygay mostrava il livido, nonché il resto della sua persona, al medico e all’armiere. Per la cronaca, non mi sentivo minimamente geloso.

Il commodoro cominciò a parlare. — Non c’è molto da dire, e quel che c’è da dire non è molto divertente.

"Sei giorni fa, il vascello taurano che ci insegue ha lanciato un missile automatico. L’accelerazione iniziale era dell’ordine di ottanta gravità. — Fece una pausa. — Dopo aver proseguito per circa un giorno, ha portato l’accelerazione, improvvisamente, a centoquarantotto gravità. — Gemito collettivo. — Ieri, altro balzo, a 203 gravità. È superfluo aggiungere che è un’accelerazione doppia rispetto a quella dei missili nemici in occasione del nostro ultimo scontro.

"Abbiamo lanciato una salva di missili automatici, quattro, per intersecare quelle che il computer ha previsto essere le quattro più probabili traiettorie future del missile nemico. Uno l’ha azzeccata, mentre noi stavamo effettuando le manovre evasive. Abbiamo stabilito il contatto con l’arma taurana e l’abbiamo distrutta a circa dieci milioni di chilometri da qui."

Praticamente era alla porta accanto. — L’unico dato incoraggiante che abbiamo appreso dal computer è quello rilevato nell’analisi spettroscopica dell’esplosione. Non è stata più potente di quelle osservate in passato, quindi si può dedurre che, se non altro, i loro progressi in fatto di esplosivi non sono paragonabili a quelli in fatto di propulsione. O che forse i taurani non ritenevano necessaria una carica maggiore.

"Questa è la prima manifestazione di un effetto molto importante, che in precedenza aveva interesse solo per i teorici. Dimmi, soldato — fece, puntando il dito verso la Negulesco. — Quanto tempo è passato da quando abbiamo combattuto per la prima volta contro i taurani, ad Aleph?"

— Dipende dal sistema di coordinate — rispose lei, diligentemente. — Per me sono circa otto mesi, commodoro.

— Esattamente. Però voi avete perduto nove anni a causa della dilatazione temporale, mentre manovravamo tra i balzi da collapsar a collapsar. Dal punto di vista tecnologico, poiché non abbiamo effettuato ricerche e sviluppi importanti, durante quel periodo… il vascello nemico viene dal nostro futuro! — Si interruppe per lasciare che la frase facesse l’effetto dovuto.

"Man mano che la guerra continua, questo effetto diverrà sempre più pronunciato. Tuttavia, neppure i taurani hanno modo di rimediare alla relatività, e perciò la cosa tornerà a nostro beneficio più o meno nello stesso numero di casi in cui tornerà a beneficio loro.

"Per il momento, tuttavia, siamo noi a operare in condizioni di svantaggio. E lo svantaggio diventerà sempre più grave via via che l’astronave inseguitrice dei taurani si avvicinerà. Loro possono semplicemente superarci come potenza di fuoco.

"Saremo costretti a ricorrere a schivate folli. Quando arriveremo a cinquecento milioni di chilometri dall’astronave nemica, tutti si infileranno nei gusci e dovremo affidarci al computer logistico, che ci sottoporrà a una rapida serie di cambiamenti randomizzati di direzione e di velocità.

"Sarò molto franco. Finché i taurani dispongono di un missile più di noi, possono finirci. Non ne hanno lanciati altri, dopo il primo. Forse stanno aspettando… — E si asciugò nervosamente la fronte. — O forse ne avevano uno solo. In questo caso, saremo noi a superarli come potenza di fuoco.

"Comunque, tutti dovranno essere nei gusci entro dieci minuti dal segnale. Quando ci troveremo a un miliardo di chilometri dal nemico, voi dovrete mettervi accanto ai rispettivi gusci. Quando saremo a meno di cinquecento milioni di chilometri, voi dovrete esserci dentro, e tutti i compartimenti verranno allagati e pressurizzati. Non potremo stare ad aspettare nessuno.

"Questo è quanto avevo da dire. Vicemaggiore?"

— Parlerò ai miei più tardi, commodoro. Grazie.

— In libertà. — E nessuna di quelle stupidaggini tipo: "Fatti fottere, signore". La Marina le considerava poco dignitose. Ci mettemmo sull’attenti, tutti eccettuato Stott, fino a che il commodoro non fu uscito dalla sala. Poi qualche altro marinaio ripeté: "In libertà" e ce ne andammo. Io andai in sala sottufficiali a cercare un po’ di soia, un po’ di compagnia, e magari anche qualche informazione.

Non sentii altro che ipotesi più o meno oziose, perciò presi la Rogers e andai a letto. Marygay era sparita di nuovo, forse con la speranza di estorcere qualche notizia a Singhe.

18

Il promesso incontro con il vicemaggiore ebbe luogo la mattina dopo. Ripeté più o meno quanto aveva detto il commodoro, nei termini tipici della fanteria e con la sua voce monotona. Mise in risalto il fatto che tutto quello che sapevamo delle forze di terra dei taurani era che, siccome la loro efficienza astronautica era migliorata, era molto probabile che questa volta fossero in grado di tenerci testa meglio dell’ultima volta.

Questo sollevava una questione interessante. Otto mesi (o nove anni) prima, noi avevamo un vantaggio enorme: i taurani sembravano non capire quello che succedeva. Bellicosi com’erano nello spazio, ci eravamo aspettati che al suolo fossero degli autentici unni. Invece, in pratica s’erano messi in fila per farsi scannare. Uno era riuscito a scappare, e presumibilmente aveva descritto ai suoi simili l’idea del combattimento all’antica.

Ma naturalmente questo non significava che la notizia fosse arrivata per forza di cose anche a quelli lì, i taurani che facevano la guardia a Yod-4. L’unico modo a noi noto per comunicare a velocità superiori a quella della luce consiste nel portare fisicamente il messaggio attraverso balzi successivi da collapsar a collapsar. E non c’era modo di sapere quanti balzi ci fossero tra Yod-4 e la base centrale taurana… perciò questi di Yod-4 potevano essere passivi come gli ultimi che avevamo incontrati, sì, ma potevano anche avere fatto esercitazioni tattiche di fanteria per circa un decennio. Lo avremmo scoperto quando fossimo arrivati sul posto.

Io e l’armiere stavamo aiutando la mia squadra a infilare quelli della Manutenzione nei loro scafandri da combattimento, quando passammo il limite dei mille milioni di chilometri e dovemmo correre a metterci in posizione vicino ai gusci.

Avevamo all’incirca cinque ore da far passare prima di doverci infilare nei nostri bozzoli. Io feci una partita a scacchi con Rabi e persi. Poi la Rogers guidò il plotone in una serie di vigorosi esercizi ginnici, probabilmente per far dimenticare la prospettiva di dover stare semischiacciati dentro ai gusci per almeno quattro ore. Al massimo ci eravamo rimasti per due ore soltanto.

Dieci minuti prima di arrivare ai cinquecento milioni di chilometri, noi comandanti di squadra provvedemmo a far ingusciare tutti. Dopo otto minuti eravamo tutti chiusi e allagati, in balia dei capricci del computer logistico… o al sicuro tra le sue braccia, a seconda dell’umore.

Mentre me ne stavo lì supercompresso, un pensiero sciocco si impadronì del mio cervello e continuò a girare e a girare come una corrente elettrica in un superconduttore. Secondo il formalismo militare, la conduzione di una guerra si divide in due precise categorie: tattica e logistica. La logistica deve provvedere a spostare le truppe, a sfamarle e a fare praticamente tutto, tranne combattere, la qual cosa spetta alla tattica. E adesso stavamo combattendo, ma non avevamo un computer tattico a guidarci all’attacco e alla difesa, bensì un enorme, superefficiente, pacifista commesso alimentarista cibernetico, il computer logistico, segnatevi bene questa parola, logistico.