Sentii un clic sommesso. Sanchez aveva attivato con un colpo di mento la mia frequenza personale. — Caporale, questo qui è spacciato.
— Cosa? Non puoi rabberciare quello stramaledetto coso?
— Forse… forse ci riuscirei, se potessi smontarlo. Ma non c’è la possibilità…
— Ehi! Sanchez? — Singer parlava sulla frequenza generale. Trovato cos’è che non va? — Ansimava.
Clic. - Tienti addosso i pantaloni, uomo, ci stiamo lavorando. Clic. - Non durerà fino a quando avremo pressurizzato il bunker. E non posso lavorare sullo scambiatore di calore dall’esterno dello scafandro.
— Hai uno scafandro di ricambio, no?
— Ne ho due, del tipo taglia universale. Ma non c’è il posto per… ehi, dico…
— Giusto. Vai a scaldarne uno. — Diedi un colpo di mento all’interruttore generale. — Stai a sentire, Singer. Dobbiamo tirarti fuori da quel coso. Sanchez ha uno scafandro di scorta, ma per fare lo scambio, dobbiamo costruirti attorno una casa. Capito?
— Uh-uh.
— Senti, faremo una cabina con te dentro, e la collegheremo all’unità ambiente. In questo modo potrai respirare mentre ti cambierai.
— Mi sembra molto compis… compil… plicato.
— Avanti, vieni con me…
— Mi riprendo subito uomo, lasciami solo riposare…
Lo afferrai per il braccio e lo guidai sul sito della costruzione. Lui camminava a zig-zag. Doc gli prese l’altro braccio, e tra tutti e due gli impedimmo di cadere.
— Caporale Ho, qui il caporale Mandella. — La Ho era la responsabile dell’unità ambiente.
— Vattene, Mandella, ho da fare.
— Avrai da fare ancora di più. — Le spiegai il problema, in fretta. Mentre il suo gruppo si affrettava ad adattare l’unità (per questo, bastavano solo un tubo per l’aria e un riscaldatore) feci portare dalla mia squadra sei lastre di permaplastica, per poter costruire una grossa cabina attorno a Singer e allo scafandro di scorta. Avrebbe avuto l’aria di un’enorme cassa da morto, un metro quadrato per sei metri di lunghezza.
Deponemmo lo scafandro sulla lastra che sarebbe stata il pavimento della bara. — Okay, Singer, andiamo.
Nessuna risposta.
— Singer, andiamo.
Nessuna risposta.
— Singer! — Lui stava lì, in piedi. Doc Jones controllò i dati.
— È andato, uomo. Ha perso i sensi.
La mia mente turbinò. Poteva esserci posto per un’altra persona, dentro la cabina. — Dammi una mano, su. — Presi Singer per le spalle e Doc lo prese per i piedi. Lo stendemmo cautamente alla base dello scafandro vuoto.
Poi mi sdraiai anch’io, sopra lo scafandro. — Okay, chiudete.
— Senti, Mandella, se c’è qualcuno che deve entrare lì dentro, quello sono io.
— Vai a farti fottere, Doc. È compito mio. È uno dei miei uomini. — Suonava tutto sbagliato. William Mandella, il giovane eroe.
Quelli alzarono la lastra, di taglio — aveva due aperture per i tubi d’uscita e d’entrata dell’unità ambiente — e cominciarono a saldarla alla tavola di fondo con un sottile raggio laser. Sulla Terra avremmo usato semplicemente il collante, ma lì l’unico fluido era l’elio, che ha un sacco di proprietà interessanti, ma decisamente non è adesivo.
Dopo dieci minuti circa eravamo completamente murati dentro. Sentivo l’unità ambiente che ronzava. Accesi la luce del mio scafandro, per la prima volta da quando eravamo atterrati nell’emisfero notturno, e il chiarore fece danzare delle chiazze purpuree davanti ai miei occhi.
— Mandella, qui è Ho. Resta nella tua tuta almeno due o tre minuti. Stiamo pompando dentro aria calda, ma torna indietro trasformata in liquido. — Per un po’, restai a guardare le chiazze purpuree che svanivano.
— Okay, è ancora freddo, ma puoi farcela. — Feci scattare il mio scafandro. Non si aprì completamente, ma non faticai molto a sgusciarne fuori. Era ancora abbastanza freddo da staccarmi la pelle dalle dita e dal deretano, mentre ne uscivo.
Dentro quella specie di bara, dovetti strisciare a piedi in avanti per raggiungere Singer. Via via che mi allontanavo dalla mia lampada, si faceva rapidamente più buio. Quando feci scattare lo scafandro di Singer, una zaffata di fetore caldissimo mi investì in piena faccia. Nella luce fioca, aveva la pelle paonazza e piena di macchie. La respirazione era superficiale, e vedevo le palpitazioni del cuore.
Per prima cosa sganciai i tubi dell’evacuazione — una faccenda molto sgradevole — e poi i biosensori; e quindi ebbi il problema di estrargli le braccia dalle maniche.
Farlo da soli è molto facile. Ti giri e ti rigiri da una parte e dall’altra, e le braccia vengono fuori. Ma farlo dall’esterno è tutta un’altra faccenda: dovevo girargli il braccio e poi infilare sotto la mano e muovere di conserva il braccio dello scafandro… e ci vuole molta forza per una simile manovra.
Quando fui riuscito a tirargli fuori un braccio, tutto diventò più facile; mi limitai ad avanzare strisciando, misi i piedi sulle spalle dello scafandro, e lo tirai per il braccio già libero. Lui scivolò fuori dall’involucro, come un’ostrica che esce dal guscio.
Aprii lo scafandro di scorta e con un mucchio di spinte e strattoni riuscii a infilargli dentro le gambe. Agganciai i biosensori e il tubo d’evacuazione anteriore. L’altro avrebbe dovuto metterselo da solo: è troppo complicato. Per l’ennesima volta, mi dissi che era una fortuna non essere nato femmina; le donne devono portare due di quegli stramaledetti cateteri, invece di uno solo più un semplice tubo.
Lasciai le braccia di Singer fuori dalle maniche. Lo scafandro sarebbe stato comunque inutile per qualunque genere di lavoro: i waldo devono venire adattati su misura a ogni individuo.
Singer sbatté le palpebre. — Man… della. Dove… cavolo…
Glielo spiegai, adagio, e lui sembrò capire quasi tutto. — Adesso devo chiuderti, quindi infilarmi nello scafandro. Dirò alla squadra di tagliare l’estremità di questo scatolone e poi ti tirerà fuori. Capito?
Egli annuì. Era uno strano spettacolo: quando annuisci o scrolli le spalle dentro a uno scafandro, quel gesto non comunica affatto il suo significato.
Mi infilai nel mio scafandro, agganciai tutto quello che c’era da agganciare e con un colpo di mento attivai la frequenza generale. — Doc, credo che si stia riprendendo. Adesso tirateci fuori di qui.
— Provvediamo. — Era la voce della Ho. Il ronzio dell’unità ambiente fu sostituito da un cicalio, poi da una pulsazione. Evacuavano la cabina per evitare un’esplosione.
Un angolo della saldatura diventò rovente, poi incandescente, e un luminoso raggio cremisi entrò, come una lancia, passando a una trentina di centimetri dalla mia testa. Mi rannicchiai per scostarmi il più possibile. Il raggio risalì lungo la saldatura e intorno ai tre spigoli, fino al punto di partenza. L’estremità della cabina cadde, lentamente, trascinando dietro di sé filamenti di permaplastica sciolta.
— Mandella, aspetta che torni a indurirsi.
— Non sono tanto stupido, Sanchez.
— Ecco, vai. — Qualcuno mi gettò una fune. Così sarebbe andata molto meglio che se avessi dovuto trascinarlo fuori da solo. Feci passare un lungo tratto sotto le braccia di Singer, e poi glielo annodai dietro al collo. Quindi mi trascinai fuori per aiutare gli altri a tirare, il che era sciocco… c’era già una dozzina di persone pronte a cominciare.
Singer ne venne fuori sano e salvo, e si stava addirittura tirando su a sedere, quando Doc Jones andò a leggergli i dati. Tutti venivano a chiedermi com’era andata e a congratularsi con me, quando all’improvviso la Ho disse: — Guardate! — e tese il braccio verso l’orizzonte.