James Tiptree jr.
Houston, Houston, ci sentite?
Lorimer si guarda attorno nella cabina affollata cercando di capire la conversazione e di ignorare le contrazioni interne che significano che sta per ricordare qualcosa di spiacevole. Niente da fare: vive ancora quel lontano momento: lui che correva ciecamente (o veniva spinto?) verso l’ignota toilette della scuola media di Evanston.
La patta dei pantaloni aperta, il cazzo in mano, può ancora vedere il bordo della cerniera grigia dei jeans intorno al pallido uccello nudo. Il silenzio. La nauseante deformazione delle immagini, visi che roteano, assordanti sghignazzate. Ragazze. Era nei cessi delle femmine? Tuttora, a tanti anni di distanza, non riesce a sostenere il loro sguardo.
La grande cabina lo circonda, con le loro cose aliene intorno a lui e sopra la sua testa: l’aggeggio per ordinare le perle, il telaio delle gemelle, il lavoro di cuoio di Andy, la dannata Kudzu, pianta rampicante che si avvolge ovunque, i polli.
Così intimo… intrappolato, irrimediabilmente intrappolato a vita in ogni cosa che fa senza piacere. Amorfo. Banalità personali, cosucce, richieste che non può mai soddisfare. Ginny: tu non parli mai con me… Ginny, amore, pensa involontariamente. Il dolore non arriva. La sonora risata di Bud Geirr lo interrompe. Bud scherza con alcune di loro nascosto alla vista da un divisorio, Dave però è visibile. Il maggiore Norman Davis è nel lato opposto della cabina, il profilo barbuto piegato verso una piccola donna bruna. Lorimer non riesce a mettere a fuoco completamente la scena. Ma la testa di Dave appare stranamente minuscola e nitida, l’intera cabina appare irreale. Uno schiamazzo scoppia improvviso dalla volta. Una gallina battagliera nel suo cesto. Adesso Lorimer è sicuro di essere stato drogato. Stranamente l’idea non lo irrita, si appoggia e poi si dondola incrociando le gambe a zero-g, lasciando lo sguardo libero di fissare il viso della donna con cui stava parlando, Connie. Costantia Morelos, una donna alta, con la faccia a luna piena, in un largo pigiama verde. Non gli è mai interessato realmente parlare con le donne. Ironia della sorte. — Suppongo — dice ad alta voce, — si possa dire che in certo senso noi non siamo qui. — Ciò non suona molto chiaro ma lei annuisce interessata. Sta osservando le mie razioni, si dice Lorimer.
Le donne sono avvelenatrici innate. Ha detto anche questo a voce alta? L’espressione di lei non cambia. La sua capacità visiva sta migliorando in chiarezza. La pelle di Connie lo colpisce per la sua finezza, per l’aspetto sano: ancora abbronzata dopo due anni nello spazio. Lei aveva una fattoria, ricorda. Grandi pori, ma senza quello strato di trucco che lui associa alle donne della sua età.
— Voi probabilmente non avete mai usato trucco — le dice. Lei sembra perplessa. — Belletto per il viso, cipria, nessuna di voi ne ha.
— Oh! — Il suo sorriso mostra un dente anteriore scheggiato. — Oh sì, penso che Andy ne usi.
— Andy?
— Per le recite, le rappresentazioni storiche. Andy è bravo in questo.
— Naturalmente, rappresentazioni storiche. — Il cervello di Lorimer sembra essere dilatato, pieno di luce. Adesso comprende attivamente, la miriade di parti e di frammenti si concatenano in disegni. Insopportabili raffigurazioni, si rende conto, ma il narcotico lo difende in qualche modo. Come una forte anfetamina, ma senza tensione. Forse è qualcosa che usano a fini sociali. No, stanno anche osservando.
— Conigliette dello spazio, non vi capisco. — Bud Geirr ride contagiosamente. Ha una voce amichevole, allegra, che piace alla gente. A Lorimer piace ancora, dopo due anni. — Voi donne avete bambini a casa? Cosa pensano i vostri genitori, che voi voliate quassù col vecchio Andy, humm? — Bud appare fluttuando, il braccio attorno alle spalle di una gemella. Quella che si chiama Judi Paris, decide Lorimer. I gemelli sono difficili da distinguere. Ella si lascia trasportare passivamente in un angolo contro il grosso corpo di Bud: una ragazza scialba dal seno sporgente in un giallo pigiama fluente, con i capelli neri che scendono a cascata. La rossa testa di Andy ruota verso di loro. Tiene in mano un grande pallone spaziale verde; dimostra sedici anni. Vecchio Andy Bud scuote la testa, il suo sorriso lampeggia sotto i folti baffi. — Quando avevo la tua età la gente non avrebbe lasciato le sue donne volare con me. — Connie storce leggermente le labbra. Nella testa di Lorimer i pezzi si compongono in un unico disegno. Io so, pensa. Sapete che io so? La sua mente è estesa e cristallina. Pensare è facile. Donne… nella sua memoria solo pochi visi blateranti su uno sfondo confuso. È umano, naturalmente. Sua sorella Amy, con voce da soprano: — Naturalmente le donne potrebbero fare quanto gli uomini se ci trattaste da pari a pari. Vedrete! — Per poi sposare due volte quell’idiota. Bene, adesso poteva vedere. — I rampicanti Kudzu — dice, a voce alta. Connie sorride. Quanto sorridono tutte!
— Che ne pensi di questo? — dice Bud allegramente. — Non avremmo mai pensato di vedere donne a zero-g, eh, Dave? Artistico. — Attraverso la cabina, la barbuta testa di Dave ruota verso di lui, senza sorridere. — Il vecchio Andy ha tutto questo per sé. Frena la tua spinta, ragazzo. — Punzecchia giovialmente il braccio di Andy che si rifugia nel compartimento. Bud non può essere ubriaco, pensa Lorimer. Non per un po’ di sidro di frutta. Ma di solito non appare nemmeno così simile a un classico personaggio da western. La droga. — Ehi, senza offesa — dice Bud con convinzione al ragazzo. — Sono sincero! Devi perdonare un fratello sottosviluppato. Queste donne sono in gamba. Sai una cosa? — Si rivolge alla ragazza: — Potresti essere meravigliosa se ti curassi un tantino. Ehi, posso insegnartelo, il vecchio Buddy è un esperto. Spero non ti dispiaccia che io dica questo. In realtà ti trovo meravigliosa anche così. — Cinge le spalle di lei e allunga il braccio ad accogliere anche Andy; fluttuano nella sua stretta, Judy sorridendo con eccitazione, quasi graziosa. — Prendiamo dell’altra roba. — Bud li sospinge entrambi verso il bancone di servizio, decorato per l’occasione con rametti verdi e piccole margherite vere. — Buon anno! Ehi, buon anno a tutti! — I visi si girano, per lo più sorridenti. Sorrisi spontanei, pensa Lorimer, forse a loro piacciono realmente i nuovi anni. Sente di avere un tempo infinito per esaminare ogni singolo evento, gli avvenimenti hanno la chiarezza del cristallo. Sono una cassa di risonanza. Divertente essere un osservatore. Ma anche loro osservano. Hanno dato il via a qualcosa, qui. Se ne rendono conto? Così vulnerabili, tre di noi, cinque di loro in questa fragile nave. Non sanno! Un terrore immotivato è in agguato dietro la sua mente. — Per Dio, ce l’abbiamo fatta! — ride Bud, — voi donnine dello spazio, devo proprio dirvelo, vi ammiro, lo dico, per Dio! Noi non vorremmo essere qui, dovunque siamo. Sappiate che potrei, malgrado tutto, decidere di restare in servizio! Pensi che ci sia posto per il vecchio Bud nei vostri programmi spaziali, dolcezza?
— Piantala, Bud! — interviene Dave con calma dall’altra parte della cabina. — Non voglio sentire usare il nome del Creatore in questo modo — La barba castana gli dà un’aria patriarcale. Dave ha quarantasei anni, dieci più di Bud e Lorimer. Un veterano di sei missioni di successo. — Oh, le mie scuse, maggiore Norman Davis, vecchio camerata. — Bud ridacchia familiarmente verso la ragazza. — Il nostro rigido comandante. Un tipo formidabile. Ehi, Doc — chiama, — ti sta andando bene?
— Salute! — Lorimer si sente rispondere; il complesso strato di sensazioni cresce su Bud come un mostro marino nel chiarore lunare della sua mente: la silenziosa ansia sommersa che prova verso tutti loro. Tutti i Bud e i Dave, e le grandi, indomabili, vivaci, abili, disciplinate menti intorpidite, mesomorfe, con cui ha diviso la vita. A loro lui piace, ci ha fatto caso. Per questo lo hanno preso sul Sunbird, e l’hanno fatto diventare lo scienziato della prima missione circumsolare. Questo piccolo Doc Lorimer, così lo chiamano, è un buon elemento. Non devi aspettarti cazzate da Lorimer, non è come quegli altri scienziati buco di culo. Lui fa la sua parte, con il suo piccolo ordinato lavoro, col suo viso impassibile. Sono ancora freschi gli anni in cui si interessava al bowling, alla pallavolo, al tennis, allo skeet, allo sci (quando si ruppe una caviglia) e al calcio (quando si ruppe una clavicola…). Guardatelo, il Doc, è un essere servile. E i grandi uomini gli danno pacche sulle spalle accettandolo. La loro idea di scienziato… il guaio è che ora non è più uno scienziato. Tranne per quell’incarico post-universitario: un colpo fortunato. Non era mai stato bravo in matematica, né lo era adesso. Troppi altri interessi, troppo tempo speso a trovare la soluzione a delle cazzate. Sono un brocco, pensa. Qualche centimetro e qualche chilo in più e sarei stato come loro. Uno di loro: un alfa. Loro forse la sentono, dal di sotto, la rabbia dei beta. Le battute mordaci avevano gettato forse un’ombra sul Sunbird in quel lungo anno trascorso? Un anno di esercizio con Bud e Dave… In questa dannata missione hanno preteso troppo da me. Scherzavano. Noi siamo una squadra. Il ricordo dei jeans slacciati lo colpisce, la fine penosa, le facce sghignazzanti che lo aspettavano fuori quando inciampava. Le grida, lo sgocciolio lungo le gambe. L’essere disinvolto pretendendo anche di riderci sopra. Facce di merda, vi farò vedere. Non sono una donna, io.