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— Erano bravi uomini — ripete Lorimer a mo’ di epitaffio. Si rende conto che sta parlando per tutti: per il padre di Dave, per la virilità di Bud, per se stesso, per Cro-Magnon, anche per i dinosauri, forse. — Sono un uomo, perdio, sì. Sono arrabbiato. Ne ho il diritto. Noi vi abbiamo dato tutto questo. Noi abbiamo costruito tutto. Noi abbiamo edificato la vostra preziosa civiltà, la vostra conoscenza, le comodità, le medicine, persino i vostri sogni. Noi vi abbiamo protetto. Abbiamo lavorato fino a farci cadere le palle per terra, mantenendo voi e i vostri figli. Era duro. Era una sanguinosa lotta senza soste. Eravamo forti. Abbiamo bisogno di esserlo, riuscite a capire? Riuscite a capirlo, perdio?

Allora silenzio. — Stiamo tentando — sospira Lady Blue. — Stiamo tentando, dottor Lorimer. Certo, abbiamo apprezzato le vostre invenzioni e la vostra capacità evolutiva. Trovo però che ci sia un problema. Da che cosa proteggevate la gente? Dagli altri uomini, non è vero? Ne abbiamo appena avuto una chiara dimostrazione. Voi siete riusciti a farci rivivere la storia. — I suoi rugosi occhi castani gli sorridono. Una vecchietta color tè che ha fra le mani un reperto archeologico. — Però la lotta è finita da molto tempo. È finita quando siete finiti voi. Non vi possiamo riportare liberi sulla Terra. Non abbiamo neppure un minimo di strutture adatte a persone con i vostri problemi emotivi.

— Inoltre — aggiunge Judy Dakar con partecipazione, — non pensiamo che sareste felici.

— Potremo clonarli — interviene Connie. — So che ci sono persone disposte ad offrirsi come madri. Forse i piccoli potrebbero essere migliori. Si può provare.

— Abbiamo già esaurito prima l’argomento. — Judy Paris sta bevendo dal serbatoio dell’acqua, si risciacqua la bocca e sputa nell’aiuola, guardando con apprensione Lorimer. — Dovremmo riparare quella falla. Di questo possiamo riparlare domani. E domani, e domani ancora. — Gli sorride, e senza farci caso si massaggia l’inguine.

— Sono sicura che molta gente vorrà vederli.

— Lasciateci su un’isola — dice Lorimer stancamente. — Su tre isole.

Conosce bene quell’espressione di preoccupata compassione. Sua madre e sua sorella avevano la stessa espressione quando un gattino malato era entrato nel loro cortile. Lo avevano confortato e nutrito teneramente, e lo avevano portato dal veterinario perché lo uccidesse col gas.

Una acuta, complessa nostalgia per le donne che conosceva, lo attanaglia.

Ginny, Dio buono! Sua sorella Amy. Povera Amy, era buona con lui quando erano bambini. La bocca gli trema.

— Quel che vi domandate — dice, — è quale contributo potremmo darvi, se accettaste il rischio di accoglierci con uguali diritti.

— Precisamente — conferma Lady Blue. Tutte gli sorridono sollevate, perché lui non sa di non esistere. — Penso che mi darete questo antidoto, adesso — dice. Connie fluttua verso di lui. Una grande donna col cuore in mano. Una donna completamente aliena. — Penso che gradiresti prenderlo in una «sfera».

Gli sorride gentilmente.

— Grazie! — Prende fra le mani la piccola «sfera» rosa.

— Ditemi soltanto… — chiede a Lady Blue, che sta esaminando gli squarci dei proiettili.

— Che nome date a voi stesse? Mondo di donne? Liberazione? Amazzonia?

— Perché? Ci chiamiamo semplicemente «esseri umani». — I suoi occhi brillanti sono assenti, tornano ai segni lasciati dai proiettili. — Umanità. Genere umano. — Alza le spalle. — Razza umana.

La bevanda ha un gusto fresco mentre scende giù in gola. Qualcosa di simile alla pace o alla libertà. O alla morte.