— Gesù Cristo! Pensa, Lorimer, Cristo a colori! — Era l’espressione di suo padre per l’inesprimibile. Dave e Bud sono immobili.
— Che assurdità! — risponde Judy. — Ma non capiscono che sono su una rotta sbagliata? Cioè, il dominatore può portare gli altri dritti fuori del sistema? Veramente? — È accaduto, pensa Lorimer, è accaduto! Devo impedirlo. Devo farlo adesso, prima che ci perdano. Disperate visioni di se stesso che sfida Dave e Bud gli appaiono davanti. Proviamo con la persuasione, prima. Appena apre la bocca vede Bud muoversi lentamente e con immensa gratitudine lo sente dire: — Ehi, Dave, che ne dici se diamo un’occhiata? Uno sbalzetto non ci farà male. — La testa di Dave ruota di uno o due gradi. — Potrei uscire a vedere, come dice la donna. — La voce di Bud è dolce.
Dopo un lungo minuto Dave risponde neutro: — Bene… cambiamo altitudine. — Alza le braccia come se pesassero e comincia metodicamente la messa a punto dei valori per il vettore che porterà Spica in linea con il loro oblò funzionante. Perché non sono riuscito a fare questo?, si chiede Lorimer per la millesima volta, seguendo la familiare sequenza di verifica. Non risponde… e per la millesima volta è oscuramente scosso dalla loro razionalità. Gli autentici, gli Alfa. Il loro legame. La soggezione che aveva provato la prima volta per quelle teste di cazzo della squadra di baseball della scuola. — Vai avanti, Dave, sperando che niente sia andato a puttana. — Dave spegne l’accensione di sicurezza, mette il computer sul tempo reale. Lo scafo trema. Ogni cosa nella cabina appare distorta, mentre il punto luminoso di Spica scivola dall’altra parte, appare nell’oblò di fronte mentre il retrovisore rientra. Quando la stella si delinea nel vetro pulito, Lorimer può vedere chiaramente la sua compagna. La doppia luce si consolida. Un bel lavoro. Porge il telescopio a Bud: — Quella sulla sinistra. — Bud osserva: — È lì, bene. Ehi, Dave, guarda questo! — Mette il telescopio in mano a Dave che lentamente lo alza e guarda. Lorimer può sentire il suo respiro. Improvvisamente Dave afferra il microfono.
— Houston — esclama aspramente. — Sunbird a Houston. Sunbird chiama Houston. Rispondete. — Nel silenzio il ricevitore gracchia: — Hanno acceso i motori… aspetta, sta chiamando! — E tace.
Nella cabina del Sunbird nessuno parla. Lorimer fissa la coppia di stelle, realtà impossibili si susseguono nella sua mente, mentre i minuti si arrestano. Il viso riflesso di Bud sembra capovolto, beffardo. La barba di Dave si muove silenziosa; sta pregando, comprende Lorimer. Unico dell’equipaggio, Dave è profondamente religioso, nei pasti domenicali fa sempre un piccolo, dignitoso ringraziamento. Una profonda pietà per Dave cresce in Lorimer. Dave è così profondamente legato alla sua famiglia, ai suoi quattro figli, si preoccupa sempre della loro educazione portandoli a caccia, a pesca e al camping. E Doris, sua moglie, così incredibilmente attive e dolce, partecipa alle loro escursioni, cucinando e sfaccendando per la comunità. Aveva portato a scuola in macchina Penny e Jenny quella volta che Ginny era malata. Brava gente. La spina dorsale… non può essere vero, pensa. Il segnale di Houston arriverà a minuti, l’antenna è ben orientata, adesso. Sei minuti. Tutto questo scomparirà, finirà. «Prima dell’anno 2000.» Basta! Deve essere mutata la lingua. Pensa a Doris… Tutta soddisfatta a badare ai suoi cinque uomini. Le donne con figli maschi sono diverse. Ma Ginny, la sua cara donna, sua moglie, le sue figlie… Sono nonne adesso. Tutto morto e ridotto in cenere. Piantala! Dave prega ancora. Chissà cosa accade in quelle menti? Il pianto di Dave… Dodici minuti, deve andar bene. Il secondo raggio è fermo; no, si muove. Tredici. È tutta follia, un sogno. Quattordici. Il ricevitore fischia e stride a vuoto. Quindici. Un sogno. Ma quelle donne stanno aspettando là fuori che ci facciamo vivi? Sedici… A venti le mani di Dave si agitano, si fermano di nuovo. I secondi rendono nervosi. Lo spazio stride. Trenta minuti.
— Chiamo il maggiore Davis sul Sunbird. — È la donna più anziana, una voce gentile. — Qui Centrale Luna. Adesso abbiamo in servizio le comunicazioni facilitate per i voli spaziali. Siamo spiacenti di dovervi comunicare che non c’è più alcun centro spaziale a Houston. La stessa Houston è stata abbandonata quando la nuova base è stata spostata a White Sands, più di due secoli fa. — Una fredda paura polverosa avvolge il cervello di Lorimer, isolandolo. Resterà così a lungo. La donna spiega tutto un’altra volta, offre aiuto, si informa se sono stati feriti. Una graziosa nobile interlocutrice.
Dave siede ancora immobile, fissa la Terra. Bud gli passa il microfono. — Parlagli, Dave. — Dave lo osserva, tira un profondo respiro, preme il pulsante del trasmettitore: — Sunbird a Controllo Luna — dice quasi normalmente. (È la «Centrale», pensa Lorimer.) — Vi seguiamo. Non c’è bisogno di soccorsi, non abbiamo problemi. Seguiamo il consiglio di cambiar rotta e procediamo nella correzione… Apprezziamo la vostra offerta del computer. Vi chiediamo di trasmettere la posizione attuale, così potremo procedere alla messa a punto. Cercheremo di comunicare il meno possibile finché non avremo accertato l’autonomia dei nostri accumulatori. Qui Sunbird, passo.
E così era cominciato.
La mente di Lorimer ritorna alla realtà attuale, di lui che vola sul Gloria, circa un anno o trecento anni dopo. Osservatore osservato. Si sente di nuovo lucido, sano; il terrore sotterraneo non è più affiorato. Ma c’è tanto silenzio. Gli sembra di non aver sentito voci da tanto tempo. Forse è passato tanto tempo. O forse la droga sta lavorando in senso temporale, e sono passati solo un minuto o due.
— Stavo ricordando — dice a Connie; vuole sentirla parlare. Lei annuisce.
— Devi avere tanto da ricordare. Oh, scusa, non è bello da dirsi. — I suoi occhi esprimono simpatia.