Выбрать главу

«Il tuo cìbrido…» Era strano parlare a Johnny in questo modo, ora. «Tu trascorri la maggior parte del tempo nella Rete. Giusto?»

«Sì.»

«Ti sarà capitato di sentir nominare Hyperion. Di tanto in tanto nei notiziari se ne parla, soprattutto a proposito del Culto Shrike.»

«Forse l’ho sentito. Forse proprio per questo sono stato ucciso.»

Tornai a stendermi e guardai le stelle. «Andiamo a chiederlo al vescovo» dissi.

Johnny disse che le luci più avanti erano un analogo di New York nella metà del Ventunesimo secolo. Non sapeva per quale progetto di resurrezione la città fosse stata ricostruita. Staccai l’automatico e ridussi la quota del VEM.

Alti edifici di architettura urbana, appartenenti all’epoca del simbolismo fallico, si alzavano dalle paludi e dalle lagune del litorale nordamericano. Parecchi avevano le luci accese. Johnny indicò un edificio decrepito che conservava una bizzarra eleganza. «L’Empire State Building» disse.

«Bene. Qualunque cosa sia, è lì che il VEM vuole atterrare.»

«È pericoloso?»

Sogghignai. «Tutto, nella vita, è pericoloso.» Lasciai che il veicolo seguisse il percorso pre-programmato. Scendemmo su una piccola piattaforma sotto la guglia dell’edificio. Uscimmo sulla terrazza piena di crepe. Era buio, a parte qualche luce di edifici molto lontani, più in basso, e le stelle. A qualche passo di distanza, un vago bagliore azzurrino contornava il vano d’un teleporter, nel punto dove un tempo c’era forse la porta dell’ascensore.

«Passo prima io» dissi. Ma Johnny l’aveva già varcato. Impugnai lo storditore e seguii Johnny.

Non ero mai stata nel Tempio Shrike di Lusus, ma non avevo dubbi che ora ci trovassimo proprio lì. Johnny mi precedeva di qualche passo, ma non c’era nessun altro. Il luogo era fresco, buio, cavernoso, ammesso che le caverne siano davvero così vaste. Una terrificante scultura policroma appesa a cavi invisibili ruotava in una brezza di cui non ci si accorgeva. Johnny e io ci girammo, quando con un tremolio il portale smise di esistere.

«Be’, abbiamo fatto il lavoro al loro posto, no?» mormorai a Johnny. Anche il mormorio sembrò echeggiare nel salone illuminato di rosso. Non era nei miei piani che Johnny si teleportasse con me nel Tempio.

In quel momento la luce sembrò aumentare: non illuminava realmente l’ampio locale, ma permetteva alla vista di arrivare più lontano, tanto da scorgere il semicerchio di uomini in attesa. Alcuni, ricordai, erano chiamati esorcisti; altri, lettori; e c’erano anche altre categorie di cui non ricordavo il nome. Fossero quel che fossero, era allarmante vederli lì fermi, venti e passa, vestiti in rosso e nero, l’alta fronte illuminata dalla luce rossa che scendeva dall’alto. Riconobbi senza difficoltà il vescovo. Era del mio mondo, anche se era più basso e più grasso della maggior parte di noi lusiani. La sua veste era d’un rosso intenso.

Non tentai di nascondere lo storditore. Era sempre possibile, se cercavano d’assalirci, abbatterli tutti. Possibile, ma non probabile. Non vedevo armi, ma le lunghe vesti potevano nascondere arsenali interi.

Johnny avanzò verso il vescovo, con me a ruota. Ci fermammo a dieci passi da lui. Il vescovo era l’unico seduto: la poltrona, di legno, sembrava pieghevole, in modo da rendere possibile il trasporto senza che i suoi intricati elementi, braccioli, sostegni, schienale, gambe si scomponessero. Non si poteva dire altrettanto della massa di muscoli e di grasso, evidente sotto la veste del vescovo.

Johnny avanzò ancora d’un passo. «Perché ha cercato di rapire il mio cìbrido?» Parlò al sant’uomo del Culto Shrike come se tutti gli altri non esistessero.

Il vescovo ridacchiò e scosse la testa. «Mia cara… entità, è vero che volevamo la sua presenza nel nostro luogo di culto, ma non ha nessuna prova che siamo coinvolti in un tentativo di rapirla.»

«Le prove non m’interessano. Sono curioso di sapere perché mi vuole qui.»

Udii un fruscio alle nostre spalle e mi girai di scatto, lo storditore carico e puntato; ma l’ampio cerchio di sacerdoti dello Shrike rimase immobile. La maggior parte di loro era fuori dalla portata dello storditore. Rimpiansi di non avere con me l’arma a proiettili di mio padre.

La voce del vescovo, profonda e corposa, sembrava riempire l’enorme sala. «Certo non ignora che la Chiesa della Redenzione Finale ha un interesse profondo e costante nel mondo di Hyperion.»

«Sì.»

«E certo si rende conto che nei secoli scorsi la personalità del poeta della Vecchia Terra, Keats, è stata intessuta nei miti culturali della colonia di Hyperion.»

«Sì. E allora?»

Con un grosso anello rosso il vescovo si strofinò la guancia. «Allora, quando si offrì di partecipare al Pellegrinaggio allo Shrike, fummo d’accordo. Rimanemmo male, quando si ritirò.»

L’occhiata di stupore di Johnny fu davvero umana. «Mi sono offerto? E quando?»

«Otto giorni locali fa. In questa sala. Ci ha esposto la sua idea.»

«Ho detto perché volevo compiere il… il Pellegrinaggio allo Shrike?»

«Ha spiegato che era… credo siano le sue parole esatte… “importante per la sua educazione”. Se vuole, le mostriamo il chip registrato. Ogni conversazione del genere che avviene nel Tempio viene registrata. Oppure possiamo dargliene una copia da esaminare con comodo.»

«Sì» disse Johnny.

Il vescovo annuì. Un accolito, o che diavolo era, scomparve nel buio per qualche istante e tornò portando un videochip standard. Il vescovo annuì di nuovo. L’uomo in tonaca nera si avvicinò per dare a Johnny il chip. Tenni pronto lo storditore, finché l’uomo non tornò al suo posto nel semicerchio.

«Perché ha mandato i goonda a darci la caccia?» domandai. Era la prima volta che parlavo di fronte al vescovo: la mia voce suonò troppo forte e rauca.

Con la mano grassoccia il sant’uomo dello Shrike fece un gesto. «Il signor Keats ha espresso l’interesse di unirsi al nostro più sacro pellegrinaggio. Dal momento che la Redenzione Finale si fa ogni giorno più vicina, questo fatto riveste per noi un’importanza non trascurabile. In seguito, i nostri agenti ci hanno riferito che il signor Keats forse era stato vittima di uno o più attacchi, e che una certa investigatrice privata… lei, signora Lamia… era responsabile della distruzione del cìbrido guardia del corpo fornito al signor Keats dal TecnoNucleo.»

«Guardia del corpo!» Adesso toccò a me essere stupita.

«Naturalmente» disse il vescovo. Si rivolse a Johnny. «L’uomo con il codino, ucciso di recente nell’Escursione Templare, non era lo stesso che ci ha presentato come guardia del corpo, una settimana fa? Compare nella registrazione.»

Johnny non rispose. Sembrava che si stesse sforzando di ricordare qualcosa.

«A ogni modo» continuò il vescovo «dobbiamo avere la sua risposta a proposito del pellegrinaggio prima che termini la settimana. Fra nove giorni locali, la Sequoia Sempervirens lascia la Rete.»

«Ma è una nave-albero templare» disse Johnny. «I Templari non fanno il lungo balzo fino a Hyperion.»

Il vescovo sorrise. «In questo caso, sì. Abbiamo motivo di ritenere che forse questo sarà l’ultimo pellegrinaggio patrocinato dalla Chiesa. Abbiamo preso a nolo la nave templare per permettere al maggior numero di fedeli di compiere il viaggio.» A un suo gesto, gli uomini dalle vesti nere e rosse sparirono nell’oscurità. Due esorcisti avanzarono a ripiegare il seggio, quando il vescovo si alzò. «Per favore, ci dia la sua risposta al più presto possibile.» E se ne andò. Rimase un esorcista per accompagnarci all’uscita.

Non ci furono altri teleporter. Uscimmo dalla porta principale del Tempio e ci fermammo in cima alla lunga scalinata, davanti al Concourse Mall di Alveare Centro, a respirare l’aria fredda e puzzolente di petrolio.