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L’automatica di mio padre era nel cassetto in cui l’avevo lasciata. Mi assicurai che avesse il caricatore pieno di flechette, tornai a inserirlo e mi portai l’arma in cucina, dove la colazione stava cuocendo. Johnny, seduto al lungo tavolo, fissava dai vetri grigiastri la banchina di carico. Portai in tavola le omelette e ne misi una davanti a lui. Johnny alzò gli occhi, mentre versavo il caffè.

«Gli credi?» domandai. «Che è stata un’idea tua, intendo.»

«Hai visto la videoregistrazione.»

«Le registrazioni si possono falsificare.»

«Sì. Ma questa è autentica.»

«Allora perché ti sei offerto di partecipare al pellegrinaggio? E perché la tua guardia del corpo ha cercato di ucciderti, dopo che hai parlato alla Chiesa Shrike e al capitano templare?»

Johnny assaggiò l’omelette, annuì e ne prese un altro boccone. «La… guardia del corpo… è un perfetto sconosciuto, per me. Me l’avranno assegnato nella settimana di cui non ricordo niente. Ovviamente il suo vero scopo era quello d’assicurarsi che non scoprissi niente… e, in caso contrario, di eliminarmi.»

«Qualcosa nella Rete o nel piano dati?»

«Nella Rete, penso.»

«Dobbiamo sapere per chi lavorava e perché ti è stato assegnato.»

«Lo so» disse Johnny. «Ho chiesto. Il Nucleo dice cho ho chiesto una guardia del corpo. Il cìbrido era controllato da un nesso di IA che corrisponde ai servizi di sicurezza.»

«Chiedi perché ha tentato di ucciderti.»

«Già fatto. Negano enfaticamente che una cosa del genere sia possibile.»

«Allora perché questa cosiddetta guardia del corpo ti stava alle calcagna, una settimana dopo l’omicidio?»

«Dicono che, pur non avendo chiesto di nuovo protezione dopo il periodo di… ah… discontinuità, le autorità del Nucleo hanno ritenuto prudente fornirmela lo stesso.»

Scoppiai a ridere. «Bella protezione! Perché diavolo si è dato alla fuga, quando sul mondo dei Templari l’ho fermato? Johnny, non hanno nemmeno tentato di darti da bere una storia plausibile.»

«No.»

«Nemmeno il vescovo ha spiegato come mai la Chiesa Shrike aveva accesso teleporter alla Vecchia Terra, o come diavolo lo chiami tu, quel mondo da palcoscenico.»

«E noi non l’abbiamo domandato.»

«Io non l’ho domandato perché volevo uscire tutta intera da quel maledetto Tempio.»

Johnny sembrò non sentire. Sorseggiava il caffè e teneva lo sguardo puntato su qualcos’altro.

«Cosa c’è?» dissi.

Si girò a guardarmi, battendosi sul labbro inferiore l’unghia del pollice. «Qui c’è un paradosso, Brawne.»

«Eh?»

«Se intendevo davvero andare su Hyperion… mandarci il mio cìbrido… non sarei rimasto nel TecnoNucleo. Avrei dovuto trasferire tutta la mia consapevolezza nel cìbrido stesso.»

«E perché?» Ma avevo già capito la ragione.

«Rifletti. Il piano dati in sé è un’astrazione. Una mescolanza di sfere dati generate da computer e IA, e della matrice gibsoniana quasi percettuale progettata in origine per operatori umani, che ora è accettata come base comune per uomo, macchina e IA.»

«Ma l’ossatura delle IA esiste da qualche parte nello spazio reale» replicai. «In un punto del TecnoNucleo.»

«Sì, però questo è irrilevante per la consapevolezza delle IA. Non posso “essere” in tutti i posti in cui la sovrapposizione di sfere dati mi consente di andare: i mondi della Rete, ovviamente, il piano dati, le ricostruzioni del TecnoNucleo come per esempio la Vecchia Terra. Ma solo in questo ambiente posso reclamare “coscienza” o azionare meccanismi sensori e telecomandati come questo cìbrido.»

Posai la tazza di caffè e fissai la cosa che solo la notte scorsa avevo amato come se fosse un uomo. «Sì?»

«I mondi coloniali hanno sfere dati limitate» disse Johnny. «Esiste un certo contatto con il TecnoNucleo grazie alle trasmissioni astrotel, ma si tratta solo di uno scambio di dati… un po’ come le interfacce dei computer della Prima Età dell’Informazione… non di un flusso di consapevolezza. La sfera dati di Hyperion è talmente primitiva che in pratica non esiste. E per quanto ne so, il Nucleo non ha con quel mondo contatti d’alcun genere.»

«È normale? Voglio dire, nel caso di un mondo così lontano?»

«No. Il Nucleo ha contatti con ogni mondo coloniale, con barbari interstellari come gli Ouster, e con altre fonti che l’Egemonia non immagina neppure.»

Rimasi sbigottita. «Con gli Ouster?» Dai tempi della guerra su Bressia, alcuni anni prima, gli Ouster erano diventati il principale spauracchio della Rete. L’idea che il Nucleo… la stessa conventicola di IA che consiglia il Senato e la Totalità e che consente il funzionamento della nostra intera economia, del sistema teleporter e della civiltà tecnologica… l’idea che il Nucleo fosse in contatto con gli Ouster metteva i brividi. E a chi diavolo si riferiva, Johnny, con le parole “altre fonti”? In quel momento non avevo proprio voglia di scoprirlo.

«Ma non hai detto che per un cìbrido è possibile arrivare fin lì?» replicai. «Cosa significa, “trasferire tutta la consapevolezza nel tuo cìbrido”? Una IA può diventare… umana? Tu esisti solo nel tuo cìbrido?»

«L’hanno già fatto» disse piano Johnny. Una volta. Una personalità ricostruita, non molto diversa dalla mia. Un poeta del XX secolo, Ezra Pound. Abbandonò la sua personalità IA e nel suo cìbrido fuggì dalla Rete. Ma la ricostruzione Pound era pazza.»

«O sana di mente» replicai.

«Sì.»

«Perciò tutti i dati e la personalità di una IA possono sopravvivere nel cervello organico di un cìbrido.»

«No, è ovvio, Brawne. Nemmeno l’un per cento dell’un per cento della mia coscienza totale sopravvivrebbe al trasferimento. I cervelli organici non possono elaborare al nostro livello neppure le informazioni più elementari. La personalità risultante non sarebbe una IA… e nemmeno una vera coscienza umana o cìbrida…» Johnny si bloccò a metà della frase e si girò di scatto a guardare dalla finestra.

Dopo un lungo momento, dissi: «Cosa c’è?» Allungai la mano, ma non lo toccai.

Lui parlò senza girarsi. «Forse sbagliavo, dicendo che la coscienza non sarebbe umana» mormorò. «È possibile che la personalità risultante sia umana, toccata da una certa divina pazzia e da una prospettiva meta-umana. Potrebbe darsi… se purgata di ogni ricordo della nostra epoca, di ogni consapevolezza del Nucleo… potrebbe darsi che la persona per cui il cìbrido era stato programmato…»

«John Keats» dissi.

Johnny girò le spalle alla finestra e chiuse gli occhi. La voce era rauca per l’emozione. Era la prima volta che lo sentivo recitare una poesia:

I fanatici hanno i loro sogni, con cui intessono un paradiso per una setta; anche il selvaggio dalla più sublime foggia del suo sonno indovina il cielo; peccato che non abbiano tracciato su pergamena o ali di farfalle d’India le ombre dalla melodiosa espressione. Ma spogli di lauro vivono, sognano e muoiono; solo la Poesia può narrare i suoi sogni, con l’incanto delle parole da sola può salvare l’immaginazione dal fosco sortilegio e dalla muta malia. Chi, vivo, può dire: «Tu non sei poeta… non puoi narrare i tuoi sogni»? Poiché ogni uomo la cui anima non sia materia bruta ha visioni, e parlerebbe, se avesse amato, e se fosse ben educato nella lingua madre. Se il sogno ora inteso a esser narrato sia di Poeta o di Fanatico, si saprà quando la mia mano d’autore sarà nella tomba.