— L’ha detto a tutti — replicò brusca Brawne Lamia. Fissava il Console. Sembrava rattristata.
— Il nostro amico è una spia — disse Sol Weintraub — ma non una semplice spia degli Ouster. — La piccina si era svegliata. Weintraub la prese in braccio perché smettesse di piangere. — È quello che nei romanzi chiamano un agente doppio, triplo in questo caso: un agente multiplo all’infinito. In verità, un agente per vendetta.
Il Console fissò l’anziano studioso.
— È sempre una spia — disse Sileno. — Le spie vengono giustiziate, no?
Il colonnello Kassad aveva in mano la neuroverga. Non la teneva puntata in direzione di nessuno. — È in contatto con la sua nave? — domandò al Console.
— Sì.
— Come?
— Mediante il comlog di Siri. È stato… modificato.
Kassad annuì lievemente. — E si è tenuto in contatto con gli Ouster per mezzo del trasmettitore astrotel della nave?
— Sì.
— E ha fatto rapporto sul pellegrinaggio, come si aspettavano?
— Sì.
— Hanno risposto?
— No.
— Come possiamo credergli? - sbottò il poeta. — È una maledetta spia.
— Silenzio — lo rimbeccò il colonnello Kassad con un tono piatto, definitivo, senza lasciare con gli occhi il Console. — Ha assalito lei Het Masteen?
— No. Ma quando l’Yggdrasill è bruciata, ho capito che qualcosa non quadrava.
— Come sarebbe a dire?
Il Console si schiarì la voce. — Ho trascorso un po’ di tempo con la Voce Templare dell’Albero. Il loro legame con la nave-albero è quasi telepatico. La reazione di Masteen è stata troppo debole. O non era quel che diceva di essere, oppure sapeva che la nave sarebbe stata distrutta e aveva già reciso il contatto. Durante il mio turno di guardia, sono sceso sottocoperta per affrontarlo. Era sparito. La cabina era nello stato in cui l’abbiamo trovata, a parte il fatto che la cassa di Moebius era sul neutro. L’erg avrebbe potuto fuggire. Ho bloccato la cassa e sono tornato di sopra.
— Non ha ucciso Het Masteen? — domandò di nuovo Kassad.
— No.
— Lo ripeto, perché diavolo dobbiamo credergli? — disse Sileno. Il poeta stava bevendo uno scotch, dall’ultima bottiglia che si era portato dietro.
Quando rispose, il Console fissava la bottiglia. — Non ha motivo di credermi. Tanto, non cambia niente.
Le lunghe dita di Kassad tamburellarono oziosamente sul rivestimento di plastica opaca della neuroverga. — Ora cosa farà, con il suo collegamento astrotel?
Il Console fece un sospiro di stanchezza. — Farò rapporto, quando le Tombe del Tempo si apriranno. Se sarò ancora vivo.
Brawne Lamia indicò l’antiquato comlog. — Potremmo distruggerlo.
Il Console si strinse nelle spalle.
— Potrebbe servirci — disse il colonnello. — Per intercettare trasmissioni civili e militari in chiaro. E, se sarà il caso, per chiamare la nave del Console.
— No! — esclamò il Console. Per la prima volta in molti minuti aveva manifestato un’emozione. — Non possiamo tornare indietro proprio ora!
— Credo che nessuno abbia intenzione di tornare indietro — disse Kassad. Guardò le facce pallide, una dopo l’altra. Per un istante nessuno aprì bocca.
— Dobbiamo prendere una decisione — disse Sol Weintraub. Si mise a cullare la piccina e annuì in direzione del Console.
Martin Sileno aveva appoggiato la fronte sulla bocca della bottiglia di scotch vuota. Alzò lo sguardo. — La pena per il tradimento è la morte. — Ridacchiò. — Fra qualche ora moriremo tutti in ogni caso. Perché non compiere un’esecuzione, come ultimo gesto?
Padre Hoyt contrasse le labbra in una smorfia, in preda a uno spasmo di dolore. Con il dito tremante si sfiorò le labbra screpolate. — Ma noi non siamo un tribunale.
— Sì — disse Kassad. — Lo siamo.
Il Console piegò le gambe contro il petto, appoggiò le braccia sulle ginocchia e intrecciò le dita. — Decidete, allora. — La sua voce era priva di emozione.
Brawne Lamia aveva estratto l’automatica del padre. Ora la posò per terra, accanto a sé. Spostò rapidamente lo sguardo dal Console a Kassad. — Parliamo di tradimento, qui? — disse. — Tradimento verso chi? Nessuno di noi, tranne forse il Console, è esattamente un cittadino modello. Tutti siamo stati presi a calci da forze che sfuggono al nostro controllo.
Sol Weintraub si rivolse direttamente al Console. — Lei, amico mio, ignora una cosa. Se Meina Gladstone e alcuni elementi del Nucleo l’hanno scelta per mettersi in contatto con gli Ouster, sapevano benissimo come si sarebbe comportato. Forse non sospettavano che gli Ouster avessero i mezzi per aprire le Tombe… anche se, con le IA del Nucleo, non si può mai dire… ma di sicuro sapevano che lei si sarebbe rivoltato contro entrambe le società, contro entrambi i campi che hanno danneggiato la sua famiglia. Fa tutto parte di chissà quale piano bizzarro. Lei non era nient’altro che uno strumento compiacente, quanto lo fu… — sollevò la figlia — questa bambina.
Il Console sembrò confuso. Aprì la bocca per replicare, invece si limitò a scuotere la testa.
— Può essere così — disse il colonnello Fedmahn Kassad. — Ma per quanto cerchino di usarci tutti come pedine, dobbiamo tentare di scegliere come comportarci. — Lanciò un’occhiata alle pareti, che i lampi di luce provenienti dalla lontana battaglia spaziale tingevano di rosso. — A causa di questa guerra, moriranno migliaia di persone. Forse milioni. Se gli Ouster o lo Shrike ottengono l’accesso al sistema teleporter della Rete, miliardi di vite in centinaia di pianeti sono in pericolo.
Il Console guardò Kassad sollevare la neuroverga.
— Sarebbe più rapido per tutti noi — disse Kassad. — Lo Shrike non conosce misericordia.
Nessuno parlò. Il Console sembrava fissare un punto molto lontano.
Kassad mise la sicura e s’infilò nella cintola la neurverga. — Siamo arrivati fin qui — disse. — Arriveremo a destinazione tutti insieme.
Brawne Lamia mise via l’automatica del padre, si alzò, si accostò al Console, s’inginocchiò accanto a lui, lo circondò con le braccia. Sorpreso, il Console sollevò una mano. Sulla parete alle loro spalle la luce danzò.
Un attimo dopo, Sol Weintraub si avvicinò e li abbracciò entrambi, con un braccio solo. La piccina si agitò di piacere all’improvviso calore del loro corpo. Il Console sentì profumo di talco e di neonato.
— Sbagliavo — disse il Console. — Farò allo Shrike una richiesta. La grazia per lei. - Con gentilezza sfiorò la testolina di Rachel nel punto dove il piccolo cranio s’incurvava nel collo.
Martin Sileno emise un suono che cominciò come una risata e terminò in singhiozzo. — Le nostre ultime richieste! — disse. — La musa concede grazie? Io non ho nulla da chiedere. Voglio solo che il poema sia terminato.
Padre Hoyt si girò verso il poeta. — È così importante?
— Oh, sì, sì, sì, sì — ansimò Sileno. Lasciò cadere la bottiglia di scotch vuota, frugò nella sacca e ne tirò fuori una manciata di veline; le sollevò come se le offrisse al gruppetto. — Volete leggerlo? Volete che io stesso ve lo legga? Leggete le parti vecchie. Leggete i Canti da me scritti tre secoli fa e mai pubblicati. È tutto qui. Siamo tutti qui. Il mio nome, il vostro, questo viaggio. Non capite? Non creo un poema, creo il futuro! — Lasciò cadere le veline, alzò la bottiglia vuota, si accigliò, la sollevò come un calice. — Creo il futuro — ripeté, senza alzare lo sguardo — ma è il passato che bisogna cambiare. Un solo istante. Una sola decisione.