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Ora guardavo un corpo umano.

Sono rimasto a fissarlo, mentre la luce svaniva rapidamente. Non c’erano rumori, nel silenzio della basilica, se non la pulsazione sorda del mio stesso sangue nelle orecchie. Sotto i miei occhi, il cadavere di Alfa dapprima si è contorto, poi ha vibrato visibilmente e si è quasi sollevato dall’altare negli spasmi violenti dell’improvvisa decomposizione. Per alcuni secondi è sembrato che il crucimorfo aumentasse in grandezza e che il suo colore s’intensificasse, che brillasse del rosso della carne viva; allora ho creduto di scorgere la rete di filamenti e di nematodi che teneva insieme il cadavere in via di disintegrazione, come le fibre metalliche che sostengono il modello in fusione d’una scultura. La carne è fluita via.

Quella notte sono rimasto nella basilica. La zona attorno all’altare era illuminata dal bagliore del crucimorfo sul petto di Alfa. Quando il cadavere si muoveva, la luce gettava sulle pareti ombre bizzarre.

Non ho lasciato la basilica finché Alfa, il terzo giorno, non se n’è andato; ma gran parte dei cambiamenti visibili è avvenuta al termine di quella prima notte. Sotto i miei occhi, il corpo del Bikura che chiamo Alfa è stato distrutto e ricostruito. Il cadavere rimasto non era del tutto Alfa e non era del tutto non-Alfa, ma era intatto. La faccia era il viso d’una bambola di flussoschiuma: liscia e priva di segni, con i lineamenti stampati in un lieve sorriso. Al sorgere del sole, il terzo giorno, il torace del cadavere ha iniziato a sollevarsi e abbassarsi; ho sentito il primo respiro… un aspro fruscio come d’acqua versata in una sacca di cuoio. Poco prima di mezzogiorno, ho lasciato la basilica per arrampicarmi sulle liane.

Dietro Alfa.

Non ha parlato, non ha risposto. Aveva lo sguardo fisso, non a fuoco, e di tanto in tanto esitava, come se sentisse il richiamo di voci lontane.

Nessuno ha badato a noi, quando siamo tornati al villaggio. Alfa è andato in una capanna e adesso se ne sta seduto lì dentro. Io sto seduto nella mia. Un minuto fa ho aperto la veste e ho passato le dita sul rilievo del crucimorfo. Se ne sta benignamente sotto la carne del torace. In attesa.

Giorno 140

A poco a poco mi riprendo dalle ferite e dalla perdita di sangue.

Impossibile tagliarlo con una pietra affilata.

Non ama il dolore. Ho perso conoscenza, molto prima che il dolore o la perdita di sangue lo facessero impazzire. Ogni volta che mi sveglio e riprendo a tagliare, mi fa perdere conoscenza. Non ama il dolore.

Giorno 158

Ora Alfa dice qualche parola. Sembra più ottuso, più lento, solo vagamente consapevole di me (o di chiunque altro), ma mangia e si muove. Sembra che mi riconosca fino a un certo punto. L’analizzatore medico mostra che ha il cuore e gli organi interni di un giovanotto… forse di un ragazzo sui sedici anni.

Devo aspettare ancora un mese di Hyperion più una decina di giorni — quasi cinquanta in tutto — perché la foresta di fuoco sia abbastanza tranquilla da consentirmi di andarmene, dolore o no. Vedremo a chi toccherà sopportare il dolore più intenso.

Giorno 173

Un’altra morte.

Il Bikura chiamato Will, quello con il dito rotto, mancava da una settimana. Ieri i Bikura sono andati diversi chilometri a nordest, come se seguissero un segnale, e hanno trovato i suoi resti accanto a un grande burrone.

Evidentemente un ramo si è rotto mentre Will si arrampicava per raccogliere fronde di chalma. La morte dev’essere stata istantanea, per frattura dell’osso del collo; ma quel che conta è il luogo dove Will è caduto. Il cadavere (se così lo si può chiamare) giaceva fra due grandi coni di fango secco, le tane dei grandi insetti rossi che Tuk chiamava mantidi di fuoco. Scarafaggi-tappeto sarebbe forse una definizione migliore. Negli ultimi giorni gli insetti avevano ripulito fino all’osso il cadavere. Avevano lasciato ben poco, a parte lo scheletro, qualche brandello di tessuti e di tendini, e il crucimorfo ancora attaccato alla cassa toracica come una splendida croce sul sarcofago d’un papa defunto da tempo.

È terribile, ma non posso fare a meno di provare un piccolo senso di trionfo, sotto la tristezza. Il crucimorfo non può rigenerare niente, da queste ossa spoglie. Anche la terribile illogicità del maledetto parassita deve rispettare la legge di conservazione della massa. Il Bikura che chiamavo Will è morto della vera morte. I Tre Ventine e Dieci sono davvero i Tre Ventine e Nove, d’ora in avanti.

Giorno 174

Sono uno stupido.

Oggi ho chiesto di Will, ho chiesto se era morto della vera morte. Ero incuriosito per la mancanza di reazione dei Bikura. Avevano recuperato il crucimorfo, ma avevano lasciato lo scheletro là dove l’avevano trovato: non avevano fatto alcun tentativo di portare nella basilica i miseri resti. Durante la notte, mi ero preoccupato che toccasse a me prendere il posto del membro mancante dei Tre Ventine e Dieci. «È triste» ho detto «che uno di voi sia morto della vera morte. Cosa ne sarà, ora, dei Tre Ventine e Dieci?»

Beta mi ha fissato. «Non può morire della vera morte» ha detto il piccolo e calvo androgino. «È del crucimorfo.»

Poco dopo, mentre continuavo l’esame medico della tribù, ho scoperto la verità. Quello che ho etichettato Teta sembra lo stesso di prima e si comporta nello stesso modo, ma ora ha due cruciformi incastonati nella carne. Non ho dubbi che nei prossimi anni manifesterà la tendenza a ingrassare, a gonfiarsi, a maturare come un’oscena cellula di E. coli in una vaschetta di Petri. Quando lui/lei/esso muore, due usciranno dalla tomba: i Tre Ventine e Dieci saranno di nuovo completi.

Mi sembra d’impazzire.

Giorno 195

Da settimane studio il maledetto parassita e ancora non ho la minima idea di come agisca. Peggio ancora, me ne frego. Ora m’interesso di cose più importanti.

Perché Dio ha permesso una simile oscenità?

Perché i Bikura sono stati puniti in questo modo?

Perché sono stato scelto per sopportare questo destino?

Faccio queste domande, nelle preghiere della notte. Ma non sento risposte: solo il canto di sangue del vento nella Fenditura.

Giorno 214

Le ultime dieci pagine dovrebbero aver ricoperto tutti i miei appunti di lavoro e le ipotesi tecniche. Questa sarà la mia ultima annotazione prima di affrontare domattina la foresta di fuoco ormai tranquilla.

Senza dubbio, ho scoperto il non plus ultra delle società umane stagnanti. I Bikura hanno realizzato il sogno umano dell’immortalità e l’hanno pagato con la loro stessa umanità e la loro anima immortale.

Edouard, ho trascorso tante di quelle ore a lottare con la mia fede (con la mia mancanza di fede) ma ora, in questo terribile angolo d’un mondo totalmente dimenticato, crivellato come sono da questo orrendo parassita, ho riscoperto chissà come una forza di fede che non ho mai conosciuto da quando tu e io eravamo bambini. Ora capisco il bisogno di fede — pura, cieca, un’aperta sfida alla ragione — come piccola difesa della vita, nel selvaggio e infinito mare dell’universo regolato da leggi insensibili e del tutto indifferenti ai minuscoli esseri razionali che lo abitano.