— Un momento — intervenne il Console. Un ammaccato skimmer passeggeri, dalla tipica forma a cappello a tesa larga, con la curva geodetica d’oro dell’Egemonia dipinta su una falda, era atterrato a dieci metri di distanza. Ne uscì un uomo alto e magro. — Theo! — esclamò il Console.
I due si andarono incontro, fecero per stringersi la mano, poi invece si abbracciarono. -Accidenti!- esclamò il Console. — Sembri in ottima forma, Theo. — Era vero. Il suo ex aiutante di campo era invecchiato di dodici anni rispetto al Console, ma conservava il sorriso giovanile, il viso magro e i folti capelli rossi che avevano attirato ogni ragazza da marito, e non poche donne sposate, del personale del Consolato. La timidezza che aveva contribuito a rendere tanto vulnerabile Theo Lane non era scomparsa, come tradiva il modo in cui, senza alcun bisogno, si aggiustò gli antiquati occhiali dalla montatura di corno… unica posa del giovane diplomatico.
— Mi fa piacere che lei sia tornato — disse Theo.
Il Console si girò per presentare l’amico, ma si bloccò. — Oddio — disse — ora sei tu il console. Scusami, Theo, non ci avevo pensato.
Theo Lane sorrise e si aggiustò gli occhiali. — Niente, niente — rispose. — In realtà, non sono più console. Negli ultimi mesi ho avuto l’incarico di Governator Generale. Finalmente il Consiglio Autonomo ha chiesto, e ottenuto, lo stato di colonia. Benvenuto sul nuovo pianeta dell’Egemonia.
Il Console lo fissò per un secondo, poi abbracciò di nuovo il protégé d’un tempo. — Congratulazioni, Eccellenza.
Theo sorrise e guardò il cielo. — Fra poco pioverà a catinelle. Faccia salire il suo gruppo a bordo dello skimmer: vi porterò in città. — Il neo Governator Generale sorrise al giovane marine. - Tenente?
— Ah… sì, signore? — Il giovane ufficiale era scattato sull’attenti.
— Per favore, può dire ai suoi uomini di caricare sul mio skimmer i bagagli di queste persone? Preferiremmo tutti toglierci da sotto la pioggia.
Lo skimmer volò verso sud, mantenendosi a sessanta metri al di sopra della strada maestra. Il Console occupava il sedile passeggeri anteriore; gli altri si erano accomodati dietro, sui reclinabili di flussoschiuma. Martin Sileno e padre Hoyt sembravano appisolati. La bimba di Weintraub aveva smesso di piangere e poppava sintolatte materno da una bottiglia biodegradabile.
— Le cose sono cambiate — disse il Console. Appoggiò la guancia contro la calotta schizzata di pioggia e guardò il caos sottostante.
Migliaia di baracche e di capanne a una falda ricoprivano i pendii e i canaloni lungo i tre chilometri fra spazioporto e sobborghi. Sotto i teloni umidi la gente accendeva dei fuochi e figure color fango si muovevano tra baracche color fango. Alti recinti di fortuna erano stati innalzati intorno alla vecchia strada dello spazioporto; la strada stessa era stata ampliata e livellata di nuovo. Una doppia fila di veicoli a ruote o a cuscinetto d’aria, in gran parte automezzi militari con il polimero mimetico spento, si muoveva pigramente nei due sensi di marcia. Più avanti, le luci di Keats sembravano essersi moltiplicate e sparse in una nuova zona della vallata del fiume e delle alture.
— Tre milioni — disse Theo, come se avesse letto il pensiero del suo ex capo. — Almeno tre milioni di persone. E il numero cresce ogni giorno.
Il Console lo fissò. — Alla mia partenza, c’erano solo quattro milioni e mezzo di persone in tutto il pianeta!
— E sono sempre quelle — disse il neo Governator Generale. — Tutti vogliono venire a Keats, salire a bordo di una nave e filarsela. Alcuni aspettano la costruzione del teleporter, ma molti non credono che sarà ultimato in tempo. Hanno paura.
— Degli Ouster?
— Di loro, anche. Ma soprattutto dello Shrike.
Il Console staccò il viso dalla calotta fresca. — Vuoi dire che è arrivato a sud della Briglia?
Theo rise storto. — È arrivato dappertutto. O meglio, sono arrivati dappertutto. Molta gente è convinta che ormai ci siano decine o centinaia di quelle cose. Le cronache riportano decessi a opera dello Shrike in tutt’e tre i continenti. Dovunque, eccetto Keats, alcuni tratti dì costa lungo la Criniera e qualcuna delle città più estese, come Endymion.
— Quante perdite? — Ma il Console non ci teneva molto a saperlo.
— Almeno ventimila, fra morti e dispersi — disse Theo. — Oltre a un mucchio di feriti; ma in questo caso non è colpa dello Shrike, vero? — Di nuovo il sorriso storto. — Lo Shrike non si limita a ferire la gente. Ah-hah, la gente si spara accidentalmente, cade dalle scale o salta dalla finestra per il panico, è calpestata dalla folla. Un maledetto casino.
In undici anni di lavoro con Theo Lane, il Console non l’aveva mai sentito imprecare. — La FORCE è d’aiuto? — domandò. — Sono i soldati che tengono lo Shrike lontano dalle città principali?
Theo scosse la testa. — La FORCE non ha fatto un bel niente, a parte tenere a bada la folla. Oh, i marine si danno un gran daffare per tenere aperto lo spazioporto e garantire la sicurezza della zona d’atterraggio a Port Romance, ma non hanno nemmeno provato ad affrontare lo Shrike. Aspettano di combattere contro gli Ouster.
— E la FAD? — chiese il Console, già sapendo che la Forza d’Autodifesa, quasi priva d’addestramento, sarebbe stata di scarsa utilità.
Theo sbuffò. — Almeno ottomila vittime sono della FAD. Il generale Braxton ha portato il “Terzo Combattenti” su per la River Road per “colpire lo Shrike nel suo covo” e non ha dato più notizie.
— Vuoi scherzare — disse il Console, ma gli bastò uno sguardo al viso dell’amico per capire che non scherzava affatto. — Theo, come hai fatto ad avere il tempo di venirci incontro allo spazioporto?
— Non l’avevo — disse il Governator Generale. Lanciò un’occhiata ai sedili posteriori. Gli altri dormivano o guardavano stancamente dai finestrini. — Ma dovevo parlarle — disse. — Per convincerla a non andare.
Il Console cominciò a scuotere la testa, ma Theo lo prese per un braccio e strinse forte. — Maledizione, ascolti quel che ho da dirle. So quanto le è costato venire qui dopo… dopo quello che è successo, ma non ha senso, maledizione, buttare via tutto senza motivo. Lasci perdere questo stupido pellegrinaggio. Resti a Keats.
— Non posso… — iniziò il Console.
— Mi stia a sentire — replicò Theo. — Uno: lei è il miglior diplomatico che conosca, è in grado di risolvere qualsiasi crisi, e noi abbiamo bisogno delle sue qualità.
— Non…
— Stia zitto un minuto. Due: lei e gli altri non arriverete nemmeno a due chilometri dalle Tombe. Non siamo ai vecchi tempi, quando lei stava qui, e quei maledetti suicidi potevano salire lassù e starsene seduti per una settimana e perfino cambiare idea e tornare a casa. Lo Shrike è in movimento. Sembra una pestilenza.
— Lo capisco, però…
— Tre: io ho bisogno di lei. Ho supplicato Tau Ceti Centro perché mandasse qualcuno. Quando ho scoperto che lei sarebbe venuto… bene, che diavolo, ho aspettato per due anni!
Il Console scosse la testa, senza capire.
Theo iniziò la curva verso il centro della città, poi si fermò a mezz’aria e staccò lo sguardo dai comandi per guardare negli occhi il Console. — Voglio che lei assuma la carica di Governator Generale. Il Senato non interferirà… escluso forse il PFE; ma quando Gladstone lo scoprirà, sarà troppo tardi.