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Due ore dopo l’atterraggio, il capitano Kassad uscì dalla navetta e diffuse un breve comunicato. Disse d’essere stato allevato nella fede musulmana. Annunciò anche che l’interpretazione del Corano aveva mostrato con certezza, dai giorni della nave coloniale degli Sciiti, che il Dio dell’Isiam non avrebbe perdonato né permesso il massacro di innocenti, per quante jihad fossero proclamate da eretici dalle corna di latta come il Nuovo Profeta. Il capitano Kassad diede ai capi dei trenta milioni di fanatici tre ore di tempo per liberare gli ostaggi e tornare alla propria casa, nel continente desertico di Qom.

Nei primi tre giorni della rivolta, gli eserciti del Nuovo Profeta avevano occupato la maggior parte delle città su due continenti e catturato più di ventisettemila ostaggi dell’Egemonia. Plotoni d’esecuzione erano impegnati giorno e notte a sistemare antiche dispute teologiche; si stimava che almeno duecentocinquantamila Suni fossero stati massacrati nei primi due giorni d’occupazione. In risposta all’ultimatum di Kassad, il Nuovo Profeta annunciò che tutti gli infedeli sarebbero stati messi a morte subito dopo il suo discorso per televisione di quella sera. E ordinò anche di attaccare la navetta di Kassad.

Evitando l’uso di esplosivi ad alto potenziale per non rovinare la Grande Moschea, la Guardia Rivoluzionaria si servì di armi automatiche, di rozzi cannoni a energia, di cariche al plasma e di onde d’assalto umane. Il campo di contenimento resistette.

Il discorso televisivo del Nuovo Profeta iniziò quindici minuti prima della scadenza dell’ultimatum di Kassad. Il Nuovo Profeta si disse d’accordo con la dichiarazione di Kassad, ossia che Allah avrebbe inflitto terribili castighi agli eretici, ma annunciò che il castigo sarebbe ricaduto sugli infedeli dell’Egemonia. Fu l’unica volta in cui si vide il Nuovo Profeta perdere l’autocontrollo davanti alle telecamere. Fra grida e schizzi di saliva, ordinò di rinnovare le ondate umane d’assalto contro la navetta. Annunciò che in quel momento una decina di bombe a fissione era stata assiemata nei locali del reattore Energia per la Pace, ad Alì, che con esse gli eserciti di Allah sarebbero arrivati nello spazio stesso. La prima bomba a fissione, spiegò il Profeta, sarebbe stata usata proprio quel pomeriggio, contro la satanica navetta dell’infedele Kassad. Il Nuovo Profeta cominciò allora a illustrare con dovizia di particolari come gli ostaggi dell’Egemonia sarebbero stati messi a morte; ma in quel momento l’ultimatum di Kassad arrivò alla scadenza.

Qom-Riyadh era, per sua scelta e per l’accidentalità della remota locazione, un mondo tecnicamente primitivo. Ma gli abitanti non erano tanto primitivi da non possedere una sfera dati attiva. E i mullah rivoluzionari alla testa dell’invasione non erano neppure così contrari al “Grande Satana della Scienza dell’Egemonia” da rifiutare di collegarsi con il loro comlog personale alla rete globale dati.

La AE Denieve aveva disseminato un numero sufficiente di satelliti spia: alle 17,29, ora centrale di Qom-Riyadh, intercettando la sfera dati l’astronave dell’Egemonia aveva già identificato 16.830 mullah rivoluzionari mediante il loro codice d’accesso. Alle 17,29 e 30 secondi, i satelliti spia iniziarono a trasmettere in tempo reale i dati bersaglio ai ventun satelliti perimetrali di difesa che la navetta di Kassad aveva lasciato in orbita bassa. Queste armi orbitali di difesa erano talmente antiquate, che lo scopo della missione della Denieve era riportarle alla Rete perché fossero demolite in piena sicurezza. Kassad aveva suggerito di farne un altro uso.

Alle 17,30,esatte, diciannove piccoli satelliti fecero esplodere il loro nucleo di fusione. Nei nanosecondi che precedettero la loro distruzione, i raggi X risultanti furono focalizzati, puntati e rilasciati sotto forma di 16.830 raggi invisibili ma assolutamente coerenti. Gli antiquati satelliti difensivi non erano progettati per l’uso nell’atmosfera e avevano un diametro inferiore al millimetro. Per fortuna, era sufficiente. Non tutti i raggi bersaglio attraversarono quel che c’era fra i mullah e il cielo. Ma 15.784 ci riuscirono.

L’effetto fu immediato e spettacolare. In ciascun caso, il cervello e i fluidi cerebrali del bersaglio bollirono, si trasformarono in vapore e fecero esplodere il cranio della vittima. Il Nuovo Profeta era nel mezzo della trasmissione dal vivo all’intero pianeta (per l’esattezza, nel mezzo della pronuncia della parola “eretici”), quando scoccarono le 17,30.

Per quasi due minuti, in tutto il pianeta schermi e pareti TV trasmisero l’immagine del corpo privo di testa del Nuovo Profeta accasciato sul microfono. Poi Fedmahn Kassad s’intromise su tutti i canali per annunciare che l’ultimatum seguente sarebbe scaduto entro un’ora e che a ogni azione contro gli ostaggi sarebbe seguita la dimostrazione ancora più spettacolare del dispiacere di Allah.

Non ci furono ritorsioni.

Quella notte, in orbita attorno a Qom-Riyadh, Mistero visitò Kassad per la prima volta dall’epoca in cui lui era cadetto. Kassad era addormentato ma la visita fu un po’ più d’un sogno e un po’ meno della realtà alternativa dei simulatori SCO-RTS. La donna e Kassad erano distesi insieme sotto una leggera coperta, in un edificio scoperchiato. La pelle di lei era calda ed elettrica; il viso, poco più d’un pallido profilo contro il buio della notte. In alto le stelle cominciavano a impallidire nella falsa luce che precede l’alba. Kassad capì che lei cercava di parlargli: le morbide labbra formavano parole che erano appena al di sotto della soglia uditiva. Kassad si scostò un istante per guardarla meglio in viso, ma quel movimento gli fece perdere il contatto. Si svegliò nella membrana letto con tracce d’umido sulle guance e la sensazione che il ronzio delle apparecchiature della nave gli fosse estraneo quanto il respiro d’un animale sveglio solo in parte.

Nove settimane-nave standard più tardi, su Freeholm, Kassad fu sottoposto all’inchiesta della corte marziale. Quando, su Qom-Riyadh, aveva preso la decisione, sapeva che i suoi superiori non avrebbero avuto scelta: l’avrebbero crocifisso, o l’avrebbero promosso.

La FORCE si vantava d’essere pronta a tutte le evenienze possibili, nella Rete o nelle regioni coloniali; ma niente l’aveva adeguatamente preparata alla battaglia di Bressia Sud e alle sue implicazioni per il Neo-Bushido.

Il Codice Neo-Bushido, che regolava la vita di Kassad, si era evoluto dalla necessità di sopravvivenza della classe militare. Dopo le turpitudini avvenute sulla Vecchia Terra, alla fine del ventesimo e all’inizio del Ventunesimo secolo, quando i leader militari avevano impegnato le loro nazioni in strategie in cui l’intera popolazione civile diventava legittimo bersaglio, mentre i boia in uniforme se ne stavano al sicuro in bunker autosufficienti, cinquanta metri sottoterra, la ripugnanza dei civili sopravvissuti fu così grande che per più di un secolo la parola “militare” diventò un invito al linciaggio.

Nel suo evolversi, il Codice Neo-Bushido combinò concetti vecchi di secoli, riguardanti l’onore e il coraggio individuale, con la necessità di risparmiare i civili ogni volta che era possibile. Vedeva anche la saggezza di tornare ai concetti pre-napoleonici di guerre piccole, “non totali”, con mete ben definite e senza eccessi. Il Codice esigeva la rinuncia alle armi nucleari e alle campagne di bombardamenti strategici, se non in casi estremi; ma, più ancora, esigeva il ritorno ai concetti medievali della Vecchia Terra, di battaglie fra piccoli eserciti di professionisti, in un tempo e in uno spazio preventivamente stabiliti di comune accordo, dove la distruzione di proprietà private e pubbliche sarebbe stata contenuta al minimo.

Questo Codice funzionò molto bene per i primi quattro secoli d’espansione post-Egira. Il fatto che alcune tecnologie essenziali rimanessero in pratica bloccate per tre secoli giocò a favore dell’Egemonia: per esempio, le guadagnò il monopolio nell’uso dei teleporter che permettevano di impiegare le modeste risorse della FORCE nel posto giusto e nel tempo richiesto. Separati dagli inevitabili anni-balzo di debito temporale, colonie e mondi indipendenti non potevano sperare di eguagliare il potere dell’Egemonia. Incidenti come la rivolta politica su Patto-Maui, con la sua tecnica unica di guerriglia, o come la follia religiosa su Qom-Riyadh, furono risolti con rapidità e fermezza; ogni eccesso nelle campagne militari non fece che mettere in evidenza l’importanza di tornare allo stretto Codice Neo-Bushido. Ma nonostante tutti i calcoli e preparativi della FORCE, nessuno aveva adeguatamente previsto l’inevitabile confronto con gli Ouster.