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Martin Sileno sembrava vicino ai sessanta, ma l’indicativa sfumatura azzurrastra della gola e del palmo delle mani faceva pensare che avesse subito un certo numero di trattamenti Poulsen. La vera età di Sileno poteva benissimo essere compresa fra i novanta e centocinquanta anni standard e, nel secondo caso, era facile che il poeta fosse completamente pazzo.

Se a prima vista Sileno sembrava turbolento e vivace, l’ospite seduto accanto a lui dava una sensazione immediata e altrettanto vivida d’intelligenza e riservatezza. Quando Sol Weintraub fu presentato e alzò gli occhi, il Console notò la barbetta sale e pepe, la fronte piena di rughe, gli occhi tristi e luminosi del celebre studioso. Aveva sentito parecchie storie sull’Ebreo Errante e la sua ricerca disperata, ma fu sconvolto nell’accorgersi che il vecchio teneva in braccio la bambina… sua figlia Rachel, di qualche settimana appena. Il Console distolse lo sguardo.

Il sesto pellegrino, unica donna al tavolo, era Brawne Lamia. Quando fu presentata, l’investigatrice fissò il Console con un’intensità tale che quest’ultimo continuò a sentire la pressione del suo sguardo anche quando la donna spostò gli occhi da un’altra parte.

Ex cittadina del pianeta a gravità 1,3 Lusus, Brawne Lamia non era più alta del poeta seduto due posti alla sua destra, ma perfino nell’ampia tuta di bordo di velluto a coste tradiva la robusta muscolatura del fisico compatto. Riccioli neri le arrivavano alle spalle, le sopracciglia erano due linee scure tracciate sull’ampia fronte, il naso forte e appuntito accentuava l’intensità dello sguardo. Lamia aveva una bocca grande ed espressiva, quasi sensuale, lievemente piegata agli angoli in un sorrisino che forse era crudele, forse solo allegro: sembrava che gli occhi scuri sfidassero l’osservatore a scoprirlo.

Il Console pensò che molti l’avrebbero ritenuta una donna bella.

Al termine delle presentazioni, il Console si schiarì la voce e si rivolse al Templare. — Het Masteen, lei ha parlato di sette pellegrini. Il settimo è forse la figlia del signor Weintraub?

Het Masteen mosse lentamente in un cenno di diniego la testa incappucciata. — No. Soltanto coloro che prendono coscientemente la decisione di cercare lo Shrike possono essere annoverati fra i pellegrini.

Gli altri intorno al tavolo si mossero leggermente. Certo ognuno di loro sapeva ciò che il Console non ignorava: solo un gruppo comprendente un numero primo di pellegrini poteva fare il viaggio a nord patrocinato dalla Chiesa Shrike.

— Il settimo sono io — disse Het Masteen, capitano della nave-albero templare Yggdrasill e Vera Voce dell’Albero. Nel silenzio che seguì, fece un cenno a un gruppo di cloni d’equipaggio che servirono ai pellegrini l’ultimo pasto prima dell’atterraggio sul pianeta.

— Allora gli Ouster non sono ancora entrati nel sistema? — domandò Brawne Lamia. La sua voce aveva una tonalità rauca, di gola, che eccitò bizzarramente il Console.

— No — rispose Het Masteen. — Ma al massimo li precediamo di qualche giorno standard. I nostri strumenti hanno scoperto scaramucce a fusione, nella nube di Oòrt.

— Sarà la guerra? — domandò padre Hoyt. Il suo tono sembrava stanco quanto la sua espressione. Visto che nessuno rispondeva, il prete si girò alla sua destra come se, ripensandoci, indirizzasse al Console la domanda.

Il Console sospirò. I cloni avevano servito del vino e lui rimpiangeva che non fosse whisky. — Come si fa a sapere cosa faranno gli Ouster? — rispose. — Ormai sembra che non seguano più nessuna logica umana.

Martin Sileno rise forte, con un gesto che lasciò cadere qualche goccia di vino. — Come se noi merdosi esseri umani avessimo mai seguito la logica umana! — disse. Bevve un lungo sorso, si asciugò le labbra e rise di nuovo.

Brawne Lamia si accigliò. — Se i combattimenti veri e propri dovessero iniziare troppo presto, forse le autorità non ci permetteranno di atterrare.

— Ci daranno il permesso di passare — disse Het Masteen. La luce del sole trovò un varco nelle pieghe del cappuccio e gli illuminò la pelle giallastra.

— Salvati da morte certa in guerra, solo per ottenere morte certa per mano dello Shrike — mormorò padre Hoyt,

— Non c’è morte in tutto l’universo! — intonò Martin Sileno, con voce che secondo il Console avrebbe risvegliato anche una persona profondamente immersa nella crio-fuga. Il poeta bevve le ultime gocce di vino e sollevò il bicchiere vuoto come se brindasse alle stelle.

Niente lezzo di morte… non ci sarà morte, gemi, gemi; gemi, Cibele, gemi: i tuoi malefici Figli han mutato un dio in tremante paralisi. Gemi, sorella, gemi: a me forza non resta; debole come il giunco… debole… fievole come la mia voce… Oh, oh, il dolore, il dolore della debolezza. Gemi, gemi, perché ancora mi sciolgo…

Sileno s’interruppe di colpo, si versò altro vino e nel silenzio che seguì la declamazione ruttò. Gli altri sei si scambiarono un’occhiata. Il Console notò che Sol Weintraub sorrideva lievemente, poi la piccina fra le sue braccia si agitò, distraendolo.

— Bene — disse padre Hoyt, esitante, come se cercasse di riprendere il filo di un pensiero precedente. — Se il convoglio dell’Egemonia se ne va e gli Ouster prendono Hyperion, forse l’occupazione avverrà senza spargimento di sangue e ci lasceranno andare per i fatti nostri.

Il colonnello Fedmahn Kassad rise piano. — Gli Ouster non vogliono occupare Hyperion — disse. — Se prenderanno il pianeta, saccheggeranno quel che vogliono e poi faranno quel che riesce loro meglio: bruceranno le città, ridurranno in frantumi le rovine carbonizzate e poi trasformeranno il tutto in braci ardenti. Faranno fondere i poli e bollire gli oceani, e dopo useranno i residui per salare quel che resta, in modo che non possa crescere più niente.

— Be’… — cominciò padre Hoyt, ma lasciò morire la frase.

Nessuno parlò, mentre i cloni portavano via la minestra e l’insalata e servivano il piatto principale.

— Lei diceva che avremmo avuto la scorta di un incrociatore dell’Egemonia — disse il Console a Het Masteen, quando terminarono l’arrosto e lo stufato di calamari.

Il Templare annuì e indicò il cielo. Il Console aguzzò lo sguardo, ma non vide nessun movimento contro lo sfondo rotante di stelle.

— Tenga — disse Fedmahn Kassad sporgendosi davanti a padre Hoyt per dare al Console un binocolo militare pieghevole.

Il Console gli fece un cenno di ringraziamento, premette il pulsante d’accensione e scrutò il tratto di cielo indicato da Het Masteen. Nel binocolo i cristalli giroscopici ronzarono piano, mentre stabilizzavano la messa a fuoco ed esaminavano la zona secondo uno schema di ricerca programmato, poi l’immagine si bloccò di colpo, si confuse, s’ingrandì e si definì.

Il Console non riuscì a evitare un ansito involontario, mentre l’astronave dell’Egemonia riempiva il visore. L’immagine non mostrava l’attesa e confusa forma allungata di una vedetta monoposto né quella a bulbo di una nave-torcia, ma il profilo elettronico nero opaco d’un veicolo d’assalto. L’oggetto era impressionante, come nel corso dei secoli sanno esserlo solo le navi da guerra. La spin-nave dell’Egemonia era assurdamente seguita dalla scia dei quattro bracci ritratti nella preparazione alla battaglia, aveva una sonda di comando di sessanta metri acuminata come una punta Clovis, e il motore Hawking e i bruciatori di fusione collocati molto indietro lungo il pozzo di lancio, come piume in fondo a una freccia.