Gli Ouster erano stati l’unica minaccia esterna all’Egemonia, nei quattro secoli da quando gli antenati delle orde barbariche avevano lasciato il sistema solare nella loro rozza flotta di scalcinate città O’Neill, di asteroidi traballanti e di gruppi di fattorie cometarie sperimentali. Anche quando gli Ouster si procurarono il motore Hawking, la politica dell’Egemonia rimase que.Ha di ignorarli finché i loro sciami si mantenevano nelle tenebre interstellari, e le loro razzie nei sistemi solari si limitavano a piccole quantità di idrogeno sulle giganti gassose e di ghiaccio sulle lune disabitate.
Le prime scaramucce di frontiera, come quella del pianeta di Bent e della GHC 2990, furono considerate aberrazioni, episodi di scarso interesse per l’Egemonia. Anche la battaglia campale per Lee Tre fu trattata come un problema che riguardava il servizio coloniale: quando, sei anni locali dopo l’attacco e cinque dopo la partenza degli Ouster, i reparti operativi della FORCE arrivarono sul posto, le atrocità furono convenientemente dimenticate, con la scusa che le incursioni dei barbari non si sarebbero più ripetute dopo che l’Egemonia avesse deciso di mostrare i muscoli.
Nei decenni che seguirono l’episodio di Lee Tre, la FORCE e l’esercito spaziale degli Ouster si affrontarono in piccole scaramucce in un centinaio di zone di frontiera; ma, a parte qualche incursione di marine in ambienti privi d’aria e di Reso, non ci furono scontri di fanteria. Nella Rete dei Mondi le dicerie proliferarono: gli Ouster si erano evoluti in qualcosa di più, o di meno, che umano. Non avevano la tecnologia del teleporter, non l’avrebbero mai avuta e non avrebbero quindi mai rappresentato una minaccia per l’Egemonia. Poi si verificò l’incidente di Bressia.
Bressia era uno di quei mondi soddisfatti e indipendenti che si compiacevano del comodo accesso alla Rete e del fatto di esserne separati solo da otto mesi-balzo. Si arricchivano con l’esportazione di diamanti, di radici di lappola e del loro ineguagliabile caffè, rifiutando evasivamente di diventare un pianeta colonia, anche se dipendeva sempre dal Protettorato dell’Egemonia e dal Mercato Comune per raggiungere mete economiche sempre più alte. Come nel caso di parecchi mondi del genere, Bressia era orgogliosa del proprio esercito di difesa: dodici navi-torcia, un portanavette d’assalto riattato che un secolo prima la FORCE:spazio aveva privato dell’armamento, una quarantina di piccoli e veloci vedette orbitali da pattuglia, un esercito fisso di novantamila volontari, un rispettabile naviglio oceanico e una scorta di armi nucleari mantenuta a puro scopo simbolico.
Le stazioni di sorveglianza dell’Egemonia avevano rilevato la scia dei motori Hawking degli Ouster, ma l’avevano considerata un’altra migrazione di massa che non sarebbe passata a meno di mezzo anno-luce dal sistema bressiano. Invece, con una singola correzione di rotta che non fu rilevata finché lo sciame non fu all’interno della nube di Oòrt, gli Ouster piombarono su Bressia come una delle piaghe del Vecchio Testamento. Un minimo di sette mesi standard separava Bressia da ogni soccorso o reazione dell’Egemonia.
Nelle prime venti ore di combattimento, le forze spaziali di Bressia furono cancellate. Lo sciame di Ouster sistemò nello spazio cislunare bressiano più di tremila navi e iniziò a distruggere sistematicamente tutte le difese planetarie.
Il pianeta era stato colonizzato, nella prima ondata dell’Egira, da profughi dell’Europa centrale che senza molta fantasia avevano dato ai due continenti i nomi prosaici di Bressia Nord e Bressia Sud. Bressia Nord comprendeva deserti, tundre e sei città principali che ospitavano in gran parte raccoglitori di radici di lappola e tecnici petroliferi; Bressia Sud, grazie alla migliore configurazione geografica e al clima più temperato, ospitava la maggioranza dei quattrocento milioni di abitanti del pianeta e le smisurate piantagioni di caffè.
Quasi volessero dimostrare l’antica natura della guerra, gli Ouster ripulirono Bressia Nord… prima con varie centinaia di testate nucleari “pulite” e di bombe tattiche al plasma, poi con raggi della morte e infine con virus modificati. Solo una manciata dei quattordici milioni di residenti sfuggì alla distruzione. Bressia Sud non fu bombardato, ma furono distrutti obiettivi di specifico carattere militare, aeroporti e il grande porto marittimo di Solno.
Secondo la teoria della FORCE, dall’orbita di un pianeta era possibile effettuare la distruzione di un mondo industrializzato, ma non un’invasione militare vera e propria: le difficoltà connesse alla logistica degli atterraggi, l’immensa area da occupare, l’esagerato numero di soldati erano considerati argomenti definitivi contro un’invasione.
Chiaramente gli Ouster non avevano letto i manuali della FORCE. Nel ventitreesimo giorno dall’attacco, più di duemila navette e mezzi d’assalto scesero su Bressia Sud. I resti delle forze aeree bressiane furono annientati nelle prime ore dell’invasione. A dire il vero, i bressiani riuscirono a far esplodere contro le zone di parcheggio degli Ouster due ordigni nucleari, ma il primo fu respinto dai campi d’energia e il secondo distrusse una singola vedetta, probabilmente usata come esca.
Nel corso di tre secoli, si scoprì, fisicamente gli Ouster erano molto cambiati: si erano adattati agli ambienti a gravità zero. Ma gli esoscheletri elettronici della fanteria mobile funzionavano davvero bene e fu solo questione di giorni, prima che i soldati Ouster dagli arti anormalmente allungati, in divisa nera, sciamassero nelle città di Bressia Sud come un’invasione di ragni giganteschi.
Il diciannovesimo giorno crollò l’ultima resistenza organizzata. Buckminster, la capitale, cadde quel giorno stesso. L’ultimo messaggio astrotel di Bressia all’Egemonia s’interruppe a metà trasmissione, un’ora dopo l’ingresso degli Ouster nella città.
Il colonnello Fedmahn Kassad arrivò con la Flotta 1 della FORCE, ventinove settimane standard più tardi. Trenta navi-torcia, che scortavano una singola balzonave attrezzata di teleporter, entrarono ad alta velocità nel sistema planetario. Tre ore dopo, spento il sistema spin, fu attivata la sfera d’anomalia; al termine di altre dieci ore, nel sistema planetario erano presenti quattrocento navi della FORCE.
Questi furono i dati numerici dei primi minuti della battaglia di Bressia. Per Kassad, il ricordo di quei giorni non conteneva numeri, ma solo la terribile bellezza del combattimento. Era la prima volta che si impiegavano balzonavi in un’operazione militare al di sopra del livello divisione e c’era la confusione che ci si aspettava. Kassad si teleportò da cinque minuti-luce di distanza e cadde su una superficie coperta di ghiaia e polvere giallastra, perché il vano teleporter della navetta d’assalto dava su una ripida scarpata resa scivolosa dal fango e dal sangue dei primi plotoni. Disteso nella fanghiglia, guardò il folle spettacolo che si svolgeva lungo il pendio. Dieci delle diciassette navi d’assalto con teleporter erano state abbattute e bruciavano, disseminate fra le alture e le piantagioni come giocattoli rotti. I campi di contenimento delle navette superstiti si restringevano sotto un diluvio di missili e di fuoco che trasformava in cupole di fiamme arancione le zone d’atterraggio. Il display tattico di Kassad era una rovina: il visore mostrava un intrico d’impossibili vettori di fuoco, tremolanti fosfori rossi dove i soldati della FORCE giacevano privi di vita, sovrapposizioni di disturbi radio prodotti dagli Ouster. Qualcuno gridava: «Oh, maledizione! Maledizione! Oh, maledizione!» sul circuito primario e gli innesti registravano un vuoto dove avrebbero dovuto esserci i dati del Gruppo Comando.