Lo Shrike, pensò Kassad.
«Il Signore della Sofferenza» mormorò Moneta.
L’essere si girò e li guidò fuori della città morta.
Kassad approvò il modo in cui gli Ouster avevano approntato le difese. Le due navette d’assalto erano atterrate a meno di mezzo chilometro l’una dall’altra: le torrette armate di cannoni, proiettori e missili si coprivano a vicenda e avevano un raggio di fuoco di 360 gradi. A cento metri dalle scialuppe, la fanteria Ouster aveva innalzato alcuni terrapieni di sostegno. Kassad vide almeno due carri armati EM a terra, con gli schieramenti di proiezione e i tubi di lancio che spaziavano sopra l’ampia e deserta brughiera fra la Città dei Poeti e le navette. Kassad aveva subito una modificazione della vista: vedeva i campi di contenimento come nastri di foschia giallastra, i sensori e le mine antiuomo come uova di luce rossa pulsante.
Batté le palpebre rendendosi conto che qualcosa, nell’immagine, non andava. Poi capì: al di là dello spessore della luce e della sua percezione più intensa dei campi d’energia, niente si muoveva. I fanti Ouster, anche quelli che si stavano muovendo, erano rigidi come i soldatini di piombo con cui aveva giocato da bambino nei bassifondi di Tharsis. I carri armati EM erano in posizione di attacco, ma Kassad notò che anche i loro radar d’acquisizione dati, che lui vedeva come archi viola concentrici, erano immobili. Lanciò un’occhiata in alto e vide una sorta d’enorme uccello librato nel cielo, immobile come un insetto imprigionato nell’ambra. Oltrepassò una nuvola di polvere soffiata dal vento, sospesa a mezz’aria; tese la mano color cromo e lasciò cadere a terra spirali di particelle.
Davanti a lui, lo Shrike avanzò con indifferenza in un labirinto rosso di mine sensorie, calpestò le linee azzurre dei raggi trappola, si chinò sotto le pulsazioni viola dei sensori a fuoco automatico, passò attraverso il campo di contenimento giallo e la parete verde del perimetro di difesa sonica, camminò nell’ombra della navetta d’assalto. Moneta e Kassad lo seguirono.
Come possibile? disse Kassad; si rese conto d’avere espresso la domanda servendosi d’un mezzo un po’ meno sofisticato della telepatia, ma un po’ più delle conduzioni a innesto.
Lui controlla il tempo.
Il Signore della Sofferenza?
Naturalmente.
Perché siamo qui?
Moneta indicò gli Ouster immobili. Quelli sono i nostri nemici.
Kassad provò la sensazione di svegliarsi finalmente da un lungo sogno. Tutto questo era reale! Gli occhi del soldato Ouster, anche se dietro il casco non battevano le palpebre, erano reali. La navetta d’assalto Ouster, che si ergeva come una lapide di bronzo alla sua sinistra, era reale.
Fedmahn Kassad capì che poteva ucciderli tutti… i commando, l’equipaggio della navetta d’assalto, tutti quanti… e che loro non avrebbero potuto reagire. Capì che il tempo non si era fermato… non più di quanto si fermasse se un’astronave usava il motore Hawking: si trattava di una semplice variazione di rapporti. L’uccello immobile sopra di loro avrebbe completato il movimento delle ali, se avesse avuto a disposizione ore o minuti sufficienti. Gli Ouster davanti a lui avrebbero battuto le palpebre, se Kassad avesse avuto la pazienza di osservarli per il tempo necessario. Ma intanto Kassad, Moneta e lo Shrike potevano ucciderli tutti, senza che si rendessero conto di essere assaliti.
Era ingiusto, capì Kassad. Era sbagliato. Era l’ultima violazione del codice Neo-Bushido, peggio dell’uccisione arbitraria di civili. L’essenza dell’onore consisteva nell’attimo del combattimento fra uguali. Stava per comunicare questo concetto a Moneta, quando lei disse/pensò: Guarda.
Il tempo riprese a scorrere con un’esplosione sonora non dissimile da quella dell’aria che si precipita in una camera stagna. L’uccello s’innalzò e roteò in alto. La brezza del deserto soffiò polvere contro i campi di contenimento carichi di statica. Un commando Ouster si alzò su un ginocchio, vide lo Shrike e le due figure umane, gridò qualcosa nel canale di comunicazione tattico, alzò l’arma a energia.
Sembrò che lo Shrike non si muovesse… a Kassad sembrò che smettesse all’improvviso d’essere qui per essere là. Il commando Ouster gridò di nuovo, per un attimo, e guardò incredulo il braccio dello Shrike ritrarsi stringendo un cuore nel pugno munito di lame. L’Ouster fissò a occhi sbarrati il proprio cuore, aprì la bocca per gridare ancora e crollò a terra.
Kassad si girò a destra e si trovò a faccia a faccia con un Ouster che portava una corazza. Con un gesto lento e deciso il commando alzò l’arma. Kassad mosse il braccio in un arco, sentì il campo energetico giallo cromo ronzare, vide il taglio della propria mano penetrare nella corazza, nel casco, nel collo. La testa dell’Ouster rotolò nella polvere.
Kassad balzò in una trincea poco profonda e diversi soldati cominciarono a girarsi. Il tempo era ancora fuori quadro; il nemico si muoveva con estrema lentezza e un attimo dopo scattava come un ologramma difettoso a quattro quinti di velocità. Kassad fu più rapido dei soldati. Non pensava più al codice Neo-Bushido: quelli erano i barbari che avevano cercato d’ucciderlo! A uno spezzò la spina dorsale. Si scansò. Con le dita color cromo tese e rigide colpì di punta sulla piastra pettorale un secondo nemico, schiacciò la laringe a un terzo, evitò un coltello che si stava muovendo lentamente verso di lui e con un calcio ruppe la schiena all’Ouster che lo impugnava. Balzò fuori della trincea.
Kassad!
Kassad si chinò di scatto: il raggio laser gli passò sopra la spalla e bruciò nell’aria come una miccia lenta di luce rosso rubino. Kassad sentì odore di ozono. “Impossibile” si disse. “Ho schivato un laser!” Raccolse un sasso e lo tirò all’Ouster che azionava la frustalaser di un carro armato. Si sentì lo schiocco di un boom sonico e l’artigliere esplose all’indietro. Kassad tolse dalla bandoliera di un cadavere una granata al plasma, con un salto fu accanto al portello del carro armato, e con un secondo se ne allontanò di trenta metri prima che l’esplosione provocasse un geyser di fuoco alto come la prua del mezzo d’assalto.
Kassad si fermò nell’occhio del ciclone per guardare Moneta al centro del suo cerchio personale di massacro. Il sangue la schizzava, ma non aderiva: scorreva come olio sull’acqua lungo le curve arcobaleno del mento, della spalla, del seno, del ventre. Moneta lo guardò attraverso il campo di battaglia e Kassad sentì dentro di sé un nuovo impulso sanguinario.
Alle spalle di Moneta, lo Shrike si mosse lentamente nel caos, scegliendo le vittime come se mietesse. Kassad osservò la creatura passare in un batter d’occhio dall’esistenza alla non-esistenza e viceversa. Per il Signore della Sofferenza, Kassad e Moneta si muovevano con la stessa lentezza degli Ouster per Kassad.
Il tempo accelerò, arrivò a quattro quinti di velocità. I soldati sopravvissuti erano adesso in preda al panico, si colpivano fra loro, abbandonavano la posizione, lottavano per salire a bordo del mezzo d’assalto. Kassad cercò di immaginare che cosa quel paio di minuti avesse rappresentato per loro: movimenti appena visibili fra le loro postazioni difensive, compagni moribondi fra grandi schizzi di sangue. Moneta si aggirò tra loro, uccidendo a volontà. Con stupore, Kassad scoprì d’avere un certo controllo sul tempo: blink!, e gli avversari si muovevano a un terzo della sua velocità; blink!, e gli eventi si susseguivano a ritmo quasi normale. Il senso dell’onore e la razionalità gli imponevano di mettere fine al massacro, ma l’impulso sanguinario, quasi simile all’eccitazione sessuale, vinse ogni obiezione.