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Il Console restituì a Kassad il binocolo, senza fare commenti. Se il reparto operativo usava una portanavette d’attacco per scortare la Yggdrasill, che genere di potenza di fuoco avrebbe messo in campo per respingere l’invasione degli Ouster?

— Quanto manca all’atterraggio? — domandò Brawne Lamia. Aveva adoperato il comlog per accedere alla sfera dati della nave-albero ed era chiaramente irritata per quello che aveva trovato. O non trovato.

— Quattro ore all’ingresso in orbita — mormorò Het Masteen — e qualche altro minuto in navetta. Il nostro amico diplomatico ha offerto la sua nave privata per traghettarci sul pianeta.

— A Keats? — chiese Sol Weintraub. Era la prima volta che lo studioso prendeva la parola dall’inizio del pranzo.

Il Console annuì. — È tuttora l’unico spazioporto di Hyperion in grado di ricevere veicoli passeggeri — spiegò.

— Spazioporto? — Padre Hoyt sembrò irritato. — Credevo che andassimo diritto a nord, nel dominio dello Shrike.

Het Masteen scosse pazientemente la testa. — Il pellegrinaggio inizia sempre dalla capitale — spiegò. — Occorreranno alcuni giorni per arrivare alle Tombe del Tempo.

— Alcuni giorni? — esclamò Brawne Lamia. — Ma è assurdo!

— Forse — ammise Het Masteen. — Ma nel nostro caso non si può fare diversamente.

Padre Hoyt sembrava vittima di una pietanza indigesta, anche se non aveva mangiato quasi niente. — Non possiamo cambiare le regole, per questa volta? — disse. — Insomma, considerato il timore di una guerra e tutto il resto… potremmo atterrare direttamente nelle vicinanze delle Tombe del Tempo o in un punto da cui sia facile raggiungerle.

Il Console scosse la testa. — Sono quasi quattrocento anni che velivoli e veicoli spaziali cercano una scorciatoia per le paludi settentrionali — disse. — Non mi risulta che qualcuno ci sia riuscito.

— Posso chiedere — intervenne Martin Sileno alzando allegramente la mano come uno scolaretto — che cazzo accade a queste legioni di navi?

Padre Hoyt gli diede un’occhiataccia. Fedmahn Kassad sorrise.

— Il Console — disse Sol Weintraub — non intendeva suggerire che la zona è inaccessibile. Si può viaggiare per nave, o seguire diversi percorsi via terra. I veicoli e i velivoli non spariscono. Non hanno difficoltà ad atterrare nei pressi delle rovine o delle Tombe del Tempo, e possono tornare facilmente nel punto indicato ai computer di bordo. Sono i piloti e i passeggeri, quelli che nessuno rivede più. — Weintraub sollevò la bimbetta addormentata e l’adagiò nel marsupio che gli pendeva sul petto.

— Così dicono le vecchie leggende — commentò Brawne Lamia. — Ma le “scatole nere” delle navi?

— Niente — rispose il Console. — Nessuna violenza. Nessun ingresso forzato. Nessuna deviazione di rotta. Né inspiegabili intervalli di tempo. Né insoliti assorbimenti o emissioni d’energia. Nessun fenomeno fisico di nessun genere.

— E neppure passeggeri — concluse Het Masteen.

Il Console rifletté. Se Het Masteen aveva davvero tentato solo un gioco di parole, era il primo segno in assoluto, nei decenni in cui lui aveva avuto a che fare con i Templari, che uno di loro mostrava traccia di un nascente senso dell’umorismo; ma quel che il Console scorgeva dei lineamenti vagamente orientali sotto il capuccio non mostrava il minimo accenno che si fosse trattato di una battuta.

— Melodramma fantastico — rise Sileno. — Un vero Sargasso d’Anime, e noi vi siamo diretti. Comunque, chi orchestra questa stronzata di viaggio?

— Stia zitto — lo rimbeccò Brawne Lamia. — Lei è ubriaco, vecchio.

Il Console sospirò: il gruppo stava insieme da meno di un’ora standard.

I cloni d’equipaggio sparecchiarono e portarono i vassoi col dessert: sorbetti, caffè, frutti di nave-albero, draum, torte e bevande di cioccolato del Vettore Rinascimento. Martin Sileno rifiutò con un gesto i dessert e disse ai cloni di portargli un’altra bottiglia di vino. Il Console rifletté un istante e poi chiese un whisky.

— Ho il sospetto — disse Sol Weintraub mentre il gruppo terminava il dessert — che la nostra sopravvivenza possa dipendere dal fatto che parliamo fra noi.

— Cosa intende dire? — domandò Brawne Lamia.

Inconsciamente Weintraub cullò contro il petto la bimba addormentata. — Per esempio, qualcuno dei presenti sa per quale motivo è stato scelto dalla Chiesa Shrike e dalla Totalità per partecipare al viaggio?

Nessuno aprì bocca.

— Come pensavo… — continuò Weintraub. — Inoltre, ci sono fra noi seguaci della Chiesa Shrike? Io, da parte mia, sono ebreo e per quanto attualmente le mie nozioni religiose siano confuse, non includono l’adorazione di una macchina organica specializzata in uccisioni. — Weintraub sollevò le folte sopracciglia e lasciò girare lo sguardo intorno al tavolo.

— Io sono la Vera Voce dell’Albero — disse Het Masteen. — Per quanto parecchi Templari credano che lo Shrike sia l’Avatar del castigo per chi non si ciba della radice, la considero un’eresia che non si basa né sul Patto né sugli scritti del Muir.

Alla sinistra del capitano, il Console si strinse nelle spalle. — Io sono ateo — disse, sollevando controluce il bicchiere di whisky.

— Non ho mai avuto contatti con il culto Shrike.

Padre Hoyt sorrise a denti stretti. — Sono stato ordinato prete della Chiesa Cattolica — spiegò. — L’adorazione dello Shrike contraddice tutto quello che la Chiesa sostiene.

Il colonnello Kassad scosse la testa, ma non fu chiaro se era un rifiuto a rispondere o se voleva comunicare che non apparteneva alla Chiesa Shrike.

Martin Sileno fece un ampio gesto con la mano. — Per battesimo sono luterano — disse. — Una setta che non esiste più. Ho collaborato a creare lo gnosticismo Zen, prima che i vostri genitori nascessero. Sono stato cattolico, rivelazionista, neomarxista, zelota dell’interfaccia, sconfinatore, satanista, vescovo della Chiesa Jake’s Nada, socio sostenitore dell’Istituto della Reincarnazione Garantita. Al momento, mi compiaccio nel dirlo, sono un semplice pagano. — Sorrise a tutti. — Per un pagano — concluse — lo Shrike è una divinità del tutto accettabile.

— La religione non mi tocca — disse Brawne Lamia. — Io non mi faccio incantare da nessuno.

— Mi sembra di avere raggiunto qualcosa di significativo — commentò Sol Weintraub. — Nessuno di noi ammette di aderire al culto Shrike, eppure gli anziani di questo gruppo esclusivo hanno scelto proprio noi, fra milioni di fedeli che supplicano di visitare le Tombe del Tempo… e il loro dio crudele… in quello che potrebbe essere l’ultimo pellegrinaggio.

Il Console scosse la testa. — Forse ha segnato un punto, signor Weintraub — disse. — Ma non capisco quale.

Lo studioso si lisciò la barba con aria assente. — Sembrerebbe che le nostre ragioni per tornare su Hyperion siano così valide che perfino la Chiesa Shrike e i servizi segreti probabilistici dell’Egemonia sono d’accordo sul fatto che meritiamo di tornarvi — disse. — Alcune di queste ragioni, le mie per esempio, sembrano di pubblico dominio, ma sono sicuro che nessuno, tranne chi siede a questo tavolo, conosce ogni singolo motivo. Propongo che ciascuno racconti la sua storia, nei pochi giorni che ci restano.

— Perché? — replicò il colonnello Kassad. — Non servirebbe a niente.

Weintraub sorrise. — Al contrario. Se non altro, sarebbe interessante e permetterebbe di dare una fuggevole occhiata nell’anima dei nostri compagni di viaggio prima che lo Shrike o qualche altra calamità ci distraggano. Inoltre, forse ci fornirebbe informazioni sufficienti a salvare le nostre vite, se saremo così acuti da scoprire il filo comune che lega i nostri destini al capriccio dello Shrike.