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«Eccellenza, se posso avere altri cinque minuti del suo tempo…»

Il vescovo schioccò le dita e gli esorcisti si fecero avanti per scortare fuori Sol. Erano lusiani: uno solo di loro poteva tenere a bada senza difficoltà cinque studiosi del calibro di Sol.

Sol si scrollò di dosso le mani del primo. «Eccellenza…» esclamò. Altri tre esorcisti vennero in aiuto del collega, mentre alcuni lettori altrettanto nerboruti si tenevano pronti a intervenire. Il vescovo aveva girato le spalle e sembrava fissare il buio.

L’esterno del santuario echeggiò dei brontolii e dei passi strascicati di Sol, e di un grido trattenuto quando il piede di Sol incocciò nelle parti meno sacerdotali del primo esorcista. La cosa non cambiò il risultato della controversia. Sol atterrò nella via. L’ultimo ostiario a girare le spalle lanciò a Sol il berretto ammaccato.

Altri dieci giorni di permanenza su Lusus servirono solo a procurare a Sol un supplemento di stanchezza da gravità. I burocrati del Tempio non risposero alle sue chiamate. Le corti non gli offrirono alcun appiglio. Gli esorcisti lo aspettavano appena al di là della porta del vestibolo.

Sol si teleportò su Nuova Terra e su Vettore Rinascimento, su Fuji e su TC2, su Deneb Drei e su Deneb Vier: ma per lui i templi Shrike erano sbarrati.

Esausto, frustrato, a corto di fondi, tornò sul Mondo di Barnard; recuperò il VEM dal parcheggio a lungo termine e arrivò a casa un’ora prima del compleanno di Rachel.

«Mi hai portato un regalo, papà?» domandò con entusiasmo la bambina di dieci anni. Sarai le aveva detto che Sol era stato via.

Sol le diede un pacchetto: la raccolta completa della serie Anne of Green Gables. Ma non era quello, il regalo che avrebbe voluto portarle.

«Posso aprirlo?»

«Più tardi, piccola. Con gli altri regali.»

«Oh, per favore, papà! Solo questo, adesso! Prima che vengano Niki e gli altri ragazzi.»

Sol guardò Sarai. Lei scosse la testa. Rachel ricordava d’avere invitato alla festa, solo qualche giorno prima, Niki e Linna e gli altri amici. Sarai non aveva ancora trovato una scusa buona.

«E va bene, Rachel» concesse Sol. «Soltanto questo pacchetto, prima della festa.»

Mentre Rachel strappava la carta del pacchetto, Sol vide in soggiorno un grosso pacco legato con un nastro rosso. La bicicletta nuova, naturalmente. Rachel l’aveva chiesta da mesi, prima di quel decimo compleanno. Stancamente Sol si domandò se l’indomani si sarebbe stupita nel trovare lì la bici nuova il giorno prima del suo decimo compleanno. Forse avrebbero dovuto liberarsi di quella bicicletta durante la notte, mentre Rachel dormiva.

Si lasciò cadere sul divano. Il nastro rosso gli ricordava la tonaca del vescovo.

Sarai non aveva mai trovato facile rinunciare al passato. Ogni volta che puliva, ripiegava e riponeva una serie di abiti troppo piccoli di Rachel, versava in segreto qualche lacrima di cui chissà come Sol si accorgeva. Sarai aveva conservato religiosamente ogni stadio dell’infanzia di Rachel, godendo della quotidiana normalità delle cose, una normalità che aveva quietamente accettato come la parte migliore della vita. Aveva sempre intuito che l’essenza dell’esperienza umana consisteva soprattutto non nelle esperienze principali, come il giorno del matrimonio e i trionfi che spiccavano nella memoria come date segnate in rosso sui vecchi calendari, ma nel normale fluire delle piccole cose… nei pomeriggi dei fine settimana in cui ogni membro della famiglia era impegnato nel proprio svago, con i loro incroci e collegamenti casuali, i dialoghi da dimenticare presto… era la somma di simili ore, che creava una sinergia importante ed eterna.

Sol trovò Sarai in soffitta: piangeva in silenzio mentre esaminava il contenuto di alcuni scatoloni. Non erano le lacrime gentili che una volta versava per la fine delle piccole cose. Sarai Weintraub era infuriata.

«Cosa fai, Madre?»

«A Rachel servono dei vestiti. Tutto le va troppo grande. Quel che va bene a una bambina di otto anni non va bene a una di sette. Da qualche parte ho ancora delle cose sue.»

«Lascia stare» disse Sol. «Compreremo degli abiti nuovi.»

Sarai scosse la testa. «In modo che ogni giorno si domandi che fine hanno fatto i suoi vestiti preferiti? No. Ho conservato dei capi di vestiario. Sono qui, da qualche parte.»

«Cerca più tardi.»

«Maledizione, non esiste un più tardi!» gridò Sarai, poi girò la schiena e nascose fra le mani il viso. «Scusami.»

Sol le circondò le spalle. Nonostante il limitato trattamento Poulsen, le braccia nude di Sarai erano più magre di quanto lui ricordasse. Sotto la pelle ruvida spiccavano nodi e tendini. Sol la strinse forte.

«Scusami» ripeté lei, piangendo ora senza ritegno. «Non è giusto, ecco!»

«No» riconobbe Sol. «Non è giusto.» Il sole che entrava dai vetri polverosi aveva una nota triste, da cattedrale. Sol aveva sempre amato l’odore delle soffitte… la calda e stantia promessa di un luogo così poco usato e pieno di futuri tesori. Oggi quella gioia era rovinata.

Si accoccolò accanto a uno scatolone. «Vieni qui, amore mio» disse. «Cercheremo insieme.»

Rachel continuò a essere felice, interessata alla vita: era solo un poco confusa per le incongruità che si trovava ad affrontare ogni mattina al risveglio. Mentre diventava più giovane, era più facile spiegare i cambiamenti che sembravano verificarsi di colpo: la sparizione del vecchio olmo davanti alla casa, il nuovo condominio sull’angolo in cui il signor Nesbitt una volta abitava in una casa dell’era coloniale, l’assenza dei suoi amici… e Sol cominciò a rendersi conto davvero di quanto fosse elastica la mente dei bambini. Ora immaginava che Rachel vivesse sulla cima delle onde del tempo, senza vedere gli abissi tenebrosi del mare più in là, mantenendo l’equilibrio grazie alla piccola riserva di ricordi e alla completa dedizione alle quindici ore di presente concessele ogni giorno.

Né Sol né Sarai volevano che la loro figlia fosse isolata dagli altri bambini, ma era difficile trovare il modo di mantenere i contatti. Rachel era deliziata di giocare con “la nuova bambina” o con “il nuovo bambino” del vicinato… i figli di altri istruttori, i nipoti degli amici e, per un periodo, la figlia di Niki. Ma gli altri bambini dovevano abituarsi al fatto che ogni giorno Rachel rinnovava la loro conoscenza senza ricordare nulla del passato comune; e solo alcuni avevano la sensibilità di continuare in quella sciarada per amore di una compagna di giochi.

A Crawford, naturalmente, la storia della singolare malattia di Rachel non era un segreto. Nel primo anno dal ritorno di Rachel, la notizia si diffuse nel college e presto tutta la cittadina ne fu al corrente. Crawford reagì nel modo tipico, da tempo immemorabile, di tutte le piccole città… gente che sparla in continuazione; gente che non riesce a non mostrare, con la voce e con lo sguardo, la pietà e il piacere per le sfortune altrui… Ma in linea di massima la comunità ripiegò le sue ali protettive intorno alla famiglia Weintraub come una goffa mamma uccello che ripari i suoi piccoli.

Comunque i Weintraub continuarono la loro vita; e quando Sol fu costretto a ridurre la frequenza delle lezioni e poi ad anticipare il suo ritiro in pensione, a causa dei viaggi in cerca di cure mediche per Rachel, nessuno spettegolò sui veri motivi.

Ma non poteva durare, naturalmente. Il giorno di primavera in cui Sol uscì sulla veranda e vide la figlia di sette anni tornare in lacrime dal parco, circondata e seguita da una turba di robocronisti, fra un luccichio di impianti telecamera e di comlog estesi, capì che una fase della sua vita era terminata per sempre. Sol balzò dalla veranda e corse a fianco di Rachel.