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A Sol piaceva portare in braccio Rachel. C’erano volte in cui la curva del suo visetto contro la sua guancia, il calore del suo corpo contro il suo petto, l’odore della sua pelle, contribuivano a fargli dimenticare la feroce ingiustizia del tutto. E in quei momenti, se Sarai fosse stata al suo fianco, Sol per un poco si sarebbe sentito in pace con l’universo. Infatti c’erano degli armistizi temporanei, nel suo dialogo rabbioso con un Dio in Cui non credeva.

Quale ragione può mai esserci per tutto questo?

Quale ragione si è mai vista per tutte le forme di sofferenza sopportate dall’umanità?

Proprio così, pensò Sol; e si domandò se, per la prima volta, non avesse segnato un punto a suo favore. Ne dubitava.

Il fatto che una cosa non sia visibile non significa che non esista.

Che goffaggine, servirsi di tre negazioni per un’asserzione. Soprattutto per un’asserzione così banale.

Proprio così, Sol. Cominci a capire il senso della situazione.

Eh?

Non ci fu risposta ai suoi pensieri. Sol rimase disteso dentro casa ad ascoltare il soffio del vento del deserto.

L’ultima parola di Rachel fu: Mamma. La disse quando aveva appena compiuto cinque mesi.

Si svegliò nella culla e non domandò, non poté domandare, dov’era. Il suo mondo ormai comprendeva solo pasti, pisolini e giocattoli. A volte, quando la sentiva piangere, Sol si domandava se piangesse per la mancanza della mamma.

Sol andava a far spesa nei piccoli negozi di Dan, portando con sé la piccina mentre sceglieva pannolini, poppatoi e a volte un giocattolino nuovo.

La settimana prima che Sol lasciasse Tau Ceti Centro, Ephraim e gli altri due anziani vennero a parlargli. Era sera e la luce morente brillava sul cranio calvo di Ephraim. «Sol, siamo preoccupati per te. Le prossime settimane saranno durissime. Le donne vorrebbero aiutarti. Tutti noi vorremmo aiutarti.»

Sol posò la mano sul braccio dell’anziano. «Ti ringrazio, Ephraim. Per tutto quello che avete fatto in questi ultimi anni. Questa, ora, è anche casa nostra. Sarai, se ci fosse, vorrebbe che… che vi dicessi grazie. Ma domenica ce ne andiamo. Rachel si troverà meglio.»

Sulla lunga panca, i tre si scambiarono occhiate. Avner disse: «Hanno trovato una cura?».

«No. Ma ho trovato un motivo di speranza.»

«La speranza è bene» disse Robert, in tono prudente.

Sol sorrise, i denti bianchi contro il grigio della barba. «Meglio che lo sia» disse. «A volte è tutto ciò che abbiamo.»

L’olocamera dello studio si spostò per riprendere un primo piano di Rachel rannicchiata fra le braccia di Sol, sul set di “Quattro chiacchiere”. «Perciò lei sostiene» disse Devon Whiteshire, il conduttore dello spettacolo e il terzo viso più noto della sfera dati della Rete «che la Chiesa Shrike, nel rifiutarle il permesso di tornare alle Tombe del Tempo… e l’Egemonia, con la sua lentezza nel concedere il visto… condanneranno sua figlia a… all’estinzione?»

«Proprio così» rispose Sol. «Il viaggio su Hyperion richiede non meno di sei settimane. Rachel ora ne ha dodici. Un ulteriore ritardo, o da parte della Chiesa Shrike, o da parte della burocrazia della Rete, ucciderà questa bambina.»

Nello studio il pubblico si agitò. Devon Whiteshire si rivolse all’olocamera più vicina. Il suo viso, rugoso e benevolo, riempì il monitor. «Quest’uomo non sa se potrà salvare sua figlia» disse Whiteshire, con voce intensa e appassionata «ma chiede solo una possibilità. Credete che lui… e la piccina… la meritino? Se ne siete convinti, rivolgetevi al vostro rappresentante planetario e al più vicino tempio della Chiesa Shrike. Il numero del vostro tempio più vicino dovrebbe comparire in sovrimpressione in questo istante.» Si rivolse a Sol. «Le auguriamo buona fortuna, signor Weintraub. E…» la grossa mano di Whiteshire sfiorò la guancia di Rachel «ti auguriamo buon viaggio, piccola amica.»

L’inquadratura si soffermò su Rachel e si dissolse lentamente.

L’effetto Hawking provocava nausea, vertigini, emicrania e allucinazioni. Il primo tratto del viaggio fu il percorso di dieci giorni fino a Parvati, sulla nave-torcia dell’Egemonia EA Intrepido.

Sol tenne stretta Rachel e sopportò. Erano le uniche due persone coscienti a bordo della nave da guerra. Dapprima Rachel pianse, ma dopo qualche ora rimase quieta fra le braccia di Sol a fissarlo con gli occhi grandi e scuri. Sol ricordò il giorno in cui era nata: i medici avevano sollevato la neonata dal caldo ventre di Sarai e l’avevano data a Sol. A quel tempo, i capelli scuri di Rachel non erano molto più corti di adesso, e lo sguardo non era meno intenso.

Alla fine s’addormentarono, per pura e semplice stanchezza.

Sol sognò di vagare in un edificio con colonne grandi come sequoie e il soffitto che si perdeva molto in alto. Una luce rossa bagnava un gelido vuoto. Sol fu sorpreso di scoprire che portava ancora in braccio Rachel. In precedenza, Rachel bambina non era mai comparsa nei suoi sogni. Ora la neonata lo guardò e Sol sentì con certezza il contatto della sua coscienza, come se la piccina avesse parlato a voce alta.

All’improvviso, una voce diversa, immensa e gelida, echeggiò nel vuoto:

Sol! Prendi tua figlia, la tua unica figlia Rachel da te amata; vai sul mondo chiamato Hyperion e offrila come olocausto in uno dei luoghi che ti dirò.

Sol esitò, guardò Rachel. Gli occhi della piccina, intensi e luminosi, fissavano il padre. Sol sentì il inespresso. Tenendola stretta, avanzò nelle tenebre e alzò la voce a rompere il silenzio:

Ascolta! Non ci saranno più offerte, né di figli né di genitori. Non ci saranno più sacrifici a nessun altro che ai nostri fratelli umani. Il tempo dell’ubbidienza e della redenzione è finito.

Sol tese l’orecchio. Sentiva il battito del suo cuore e il calore di Rachel contro il braccio. Da qualche parte, in alto, arrivò un rumore di vento gelido fra invisibili fessure. Sol si portò alle labbra la mano a coppa e gridò:

È tutto! Adesso, o ci lasci in pace, o ti unisci a noi come padre, non come destinatario di sacrifici. Hai la scelta di Abramo!

Rachel si agitò fra le sue braccia, quando un rombo salì dal pavimento di pietra. Le colonne vibrarono. Il bagliore rossastro s’incupì, poi di colpo si spense, lasciando solo il buio. Da lontano giunse il rimbombo di passi giganteschi. Sol strinse a sé Rachel mentre un vento violento li colpiva.

Ci fu un bagliore di luce, mentre lui e Rachel si svegliavano a bordo della AE Intrepido, diretta a Parvati, per il trasbordo sulla nave-albero Yggdrasill e il viaggio a Hyperion. Sol sorrise alla figlioletta di sette settimane. Lei gli restituì il sorriso.

Fu il suo ultimo, o il suo primo, sorriso.

Nella cabina principale del carro a vela cadde il silenzio, quando l’anziano studioso terminò il racconto. Sol si schiarì la gola e bevve un sorso d’acqua dal bicchiere di cristallo. Rachel dormiva nella sua culla di fortuna, il cassetto aperto. Il carro a vela dondolava lievemente nel procedere; il brontolio della grande ruota e il ronzio del giroscopio principale erano un rumore di fondo che quietava l’animo.