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«In cosa posso esserle d’aiuto, Johnny?» Gli allungai la bottiglia di scotch che stavo per mettere via quando era entrato.

Johnny-boy scosse la testa. Forse pensò di dover bere direttamente dalla bottiglia. Diavolo, non sono così priva di tatto. Tengo dei bicchieri di carta sopra il refrigeratore dell’acqua. «Signora Lamia» disse con un’intonazione colta che ancora non riuscivo a inquadrare «mi occorre un investigatore.»

«È il mio lavoro.»

Esitò. Timido. Un mucchio di clienti esita a parlare dell’incarico. Non c’è da stupirsi: il novantacinque per cento dei miei casi riguarda divorzi e faccende di famiglia. Aspettai che continuasse.

«Si tratta di una questione alquanto delicata» disse alla fine.

«Già, signor… ah, Johnny: gran parte del mio lavoro rientra in questa categoria. Sono vincolata all’Inter-Rete; qualsiasi cosa riguardi i clienti ricade sotto la Legge per la Protezione della Riservatezza. Tutto è riservato, compresa questa chiacchierata. Anche se deciderà di non affidarmi l’incarico.» Era la solita sparata che si fa in questi casi, perché le autorità potevano accedere ai miei archivi in un secondo, se volevano; ma avevo l’impressione di doverlo tranquillizzare in qualche modo. Dio, era un tipo davvero bello!

«Ah, ah» disse lui, guardandosi di nuovo intorno. Si sporse verso di me. «Signora Lamia, vorrei che indagasse su un omicidio.»

La parola risvegliò la mia attenzione. Me ne stavo seduta con la schiena contro la parete e i piedi sul piano della scrivania, ma mi tirai subito su e mi sporsi verso di lui. «Un omicidio? Ne è sicuro? E gli sbirri?»

«Non sono coinvolti.»

«Impossibile» dissi, con la sconsolante impressione di parlare a uno svitato, anziché a un cliente. «Nascondere alle autorità un omicidio è di per sé un crimine.» Il mio pensiero era: “Sei tu l’assassino, Johnny?”

Lui sorrise e scosse la testa. «Non in questo caso.»

«Si spieghi.»

«Voglio dire, signora Lamia, che è stato commesso davvero un omicidio, ma che la polizia, sia quella locale sia quella dell’Egemonia, non è a conoscenza del delitto e non ha nessuna giurisdizione su di esso.»

«Impossibile» ripetei. Fuori, la cascata di scintille di un saldatore industriale si unì alla pioggerella rugginosa. «Mi faccia capire.»

«Un omicidio è stato commesso all’esterno della Rete. All’esterno del Protettorato. Non esistono autorità locali, lì.»

Aveva senso. Fino a un certo punto. Però non riuscivo a immaginare di cosa parlasse. Anche gli insediamenti periferici e i mondi coloniali hanno i loro sbirri. A bordo d’una nave spaziale? Ah, ah. L’Ente Transiti Interstellari ha giurisdizione sulle navi.

«Capisco» dissi. Da qualche settimana non avevo casi in corso. «D’accordo, mi racconti i particolari.»

«E la conversazione rimarrà riservata, anche se non accetterà l’incarico?»

«Certamente.»

«E se accetterà l’incarico, farà rapporto solo a me?»

«Naturalmente.»

Il mio potenziale cliente esitò sfregandosi il mento. Aveva mani bellissime. «Va bene» disse infine.

«Proceda dal principio» dissi. «Chi è stato assassinato?»

Johnny drizzò la schiena, come uno scolaro attento. Impossibile dubitare della sua sincertià. «Io» rispose.

Ci vollero dieci minuti per tirargli fuori la storia. Al termine, non pensavo più che fosse pazzo. La pazza ero io. O lo sarei stata se avessi accettato l’incarico.

Johnny (il nome completo era un codice di numeri, lettere e bande cifrate più lungo del mio braccio) era un cìbrido.

Avevo sentito parlare dei cìbridi. Come tutti, del resto. Una volta avevo accusato il mio primo marito d’essere un cyborg ibrido. Ma non mi sarei mai aspettata di sedere nella stessa stanza con uno di loro. Né di trovarlo così attraente, maledizione.

Johnny era un’Intelligenza Artificiale. La sua consapevolezza, o ego, o come diavolo volete chiamarla, galleggiava chissà dove in una megasfera dati dell’ennesimo piano dati del TecnoNucleo. Come chiunque altro, esclusi forse i PFE del Senato o gli spazzini delle IA, non avevo la minima idea di dove si trovasse il TecnoNucleo. Le IA si erano pacificamente staccate dal controllo umano già da tre secoli; e, pur continuando a servire l’Egemonia come alleato — consigliando la Totalità e sorvegliando le sfere dati, oltre a sfruttare di tanto in tanto le sue doti precognitive per aiutarci a evitare errori gravi o disastri naturali — in genere il TecnoNucleo si occupava privatamente dei suoi affari indecifrabili e chiaramente non umani.

Abbastanza giusto, secondo me.

Di solito le IA trattano con gli esseri umani e le macchine umane tramite sfera dati. Possono fabbricare un ologramma interattivo, se occorre… ricordo benissimo che durante l’annessione di Patto-Maui, gli ambasciatori del TecnoNucleo presenti alla firma del trattato erano sospettosamente somiglianti alla vecchia stella di olofilm Tyrone Bathwaite.

I cìbridi sono una faccenda tutta diversa. Confezionati dal ceppo genetico umano, sono molto più umani nell’aspetto e nel comportamento esteriore di quanto non sia consentito agli androidi. Accordi fra il TecnoNucleo e l’Egemonia permettono l’esistenza di un numero limitato di cìbridi.

Guardai Johnny. Dal punto di vista IA, il bel corpo e l’interessante personalità sulla sedia di fronte a me potevano anche essere solo un altro strumento, un meccanismo telecomandato, molto più complicato ma per il resto non più importante di uno qualsiasi dei diecimila tipi di sensori, manipolatori, unità automatiche, e altri comandi a distanza che le IA usano nel lavoro quotidiano. Buttare via “Johnny” non avrebbe turbato le IA più di quanto a me turbi tagliarmi un’unghia.

“Che spreco” pensai.

«Un cìbrido» dissi.

«Sì. Autorizzato. Ho il visto per servirmene nella Rete dei Mondi.»

«Magnifico» dissi, come se a parlare fosse un’altra. «E qualcuno… ha ucciso il suo cìbrido e lei vuole che io scopra chi è stato?»

«No» replicò il giovanotto. Aveva riccioli castani. Anche il taglio di capelli, come l’intonazione della voce, mi riusciva nuovo. Sembrava piuttosto antiquato, ma l’avevo già visto da qualche parte. «L’assassino non ha ucciso semplicemente questo corpo. Ha ucciso me.»

«Lei?»

«Sì.»

«Lei inteso come… ah… IA?»

«Precisamente.»

Non riuscivo a capire. Le Intelligenze Artificiali non muoiono. Per quanto nella Rete si sappia. «Non capisco» dissi.

«A differenza di una personalità umana che… mi pare sia accettato da tutti… può essere distrutta con la morte, la mia coscienza non può essere uccisa. Tuttavia, in seguito all’attacco, si è verificata una… interruzione. Per quanto possedessi… ah… chiamiamole registrazioni duplicate di ricordi, personalità, eccetera, c’è stata una perdita. Alcuni dati sono andati distrutti. È in questo senso che l’assalitore ha commesso un omicidio.»

«Capisco» dissi. Ma non era vero. Inspirai a fondo. «E le autorità IA… se esistono? I cybersbirri dell’Egemonia? Non dovrebbe rivolgersi a loro?»

«Per motivi personali» rispose l’attraente giovanotto che cercavo di vedere nei panni di cìbrido «è importante, addirittura indispensabile, che non consulti queste fonti.»

Inarcai un sopracciglio. Questa frase si adattava di più alla mia solita clientela.

«Le garantisco» continuò lui «che non c’è niente d’illegale. Né di contrario all’etica. Solo… la cosa mi imbarazza a un livello che non so spiegare.»

Incrociai le braccia. «Senta, Johnny. Questa storia mi sembra una mezza fregatura. Voglio dire, ho solo la sua parola che lei è un cìbrido. Per quanto ne so, potrebbe essere un artista della truffa.»