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Sembrò sorpreso. «Non ci avevo pensato. Come vuole che le dimostri che sono quello che dico di essere?»

Non esitai un secondo. «Trasferisca sul mio conto corrente nella TransRete un milione di marchi.»

Johnny sorrise. Nello stesso istante, squillò il telefono e l’immagine d’un uomo affannato, con il blocco codice della TransRete che galleggiava alle sue spalle, disse: «Mi scusi, signora Lamia, ma ci chiedevamo se… ehm… con un deposito di questa entità, non sarebbe interessata a esaminare le nostre opzioni di risparmio a lungo termine o le possibilità del mercato mutuamente assicurato».

«Ne parliamo un altro giorno» risposi.

Il dirigente di banca annuì e scomparve.

«Poteva essere una simulazione» obiettai.

Il sorriso di Johnny era piacevole. «Certo, ma anche in questo caso sarebbe una dimostrazione convincente, no?»

«Non è detto.»

Lui scrollò le spalle. «Se io fossi quello che sostengo di essere, accetterebbe il caso?»

«Sì» sospirai. «Una cosa, però. La mia tariffa non è un milione di marchi. Becco cinquecento al giorno più le spese.»

Il cìbrido annuì. «Con questo vuol dire che accetta il caso?»

Mi alzai, calzai il cappello e staccai dal piolo vicino alla finestra un vecchio soprabito. Mi chinai sull’ultimo cassetto della scrivania e con un gesto disinvolto misi nella tasca del cappotto la pistola di mio padre. «Andiamo» dissi.

«Sì» rispose Johnny. «Dove?»

«Voglio vedere dove è stato assassinato.»

Secondo gli stereotipi, chi è nato su Lusus odia lasciare l’Alveare e soffre di agorafobia istantanea se visita qualcosa di più aperto agli elementi d’un viale di negozi. La realtà è diversa: gran parte dei miei affari riguarda altri mondi e richiede la mia presenza. Rintracciare scrocconi che si servono del teleporter e d’un cambio d’identità per cercare di rifarsi una vita. Trovare mogli infedeli che per non essere scoperte devono solo prendere su un pianeta diverso gli appuntamenti amorosi. Riportare a casa bambini Smarriti e genitori scomparsi.

Eppure, rimasi sorpresa al punto da esitare per un secondo, quando dal teleporter del parco di Ghisa Grezza uscimmo in un pianoro roccioso e deserto che sembrava estendersi all’infinito. A parte il rettangolo di bronzo del teleporter alle nostre spalle, non c’era segno di civiltà. L’aria puzza va di uova marce. Il cielo era un calderone giallo scuro di nuvole dall’aria malata. Intorno a noi, il terreno grigio e incrostato non presentava segni di vita, neppure licheni. Non avevo idea di quanto lontano fosse in realtà l’orizzonte, ma ci sentivamo in alto e l’orizzonte sembrava lontano, e nemmeno più avanti c’era traccia di alberi, cespugli o di vita animale.

«Dove diavolo siamo?» domandai. Fino a quel momento ero sicura di conoscere tutti i mondi della Rete.

«Su Madhya» rispose Johnny.

«Mai sentito» replicai. Misi in tasca la mano e sfiorai il calcio di madrcperla dell’automatica di papà.

«Ufficialmente non fa ancora parte della Rete» disse il cìbrido. «È una colonia di Parvati. Ma si trova a qualche minuto-luce dalla base della FORCE e hanno effettutato le connessioni teleporter in attesa che Madhya faccia parte del Protettorato.»

Guardai la desolazione circostante. Il puzzo d’acido solfidrico mi dava la nausea e cominciavo a temere di rovinarmi il vestito. «Colonie? Nelle vicinanze?»

«No. Ci sono alcune piccole città, sull’altro lato del pianeta.»

«La zona abitata più vicina?»

«Nanda Devi. Un paese di circa trecento persone. Più di duemila chilometri a sud.»

«Allora perché hanno installato proprio qui un teleporter?»

«Potenziale zona mineraria» rispose Johnny. Indicò l’altopiano grigio. «Metalli pesanti. Il consorzio ha autorizzato più di cento teleporter in questo emisfero, per facilitare i collegamenti appena avrà inizio lo sviluppo.»

«D’accordo. Un buon posto per un omicidio. Perché lei è venuto qui?»

«Non lo so. Fa parte dei ricordi perduti.»

«Con chi è venuto?»

«Non so neppure questo.»

«Che cosa sa, allora?»

Il giovanotto mise le belle mani nelle tasche. «Chi… o che cosa… mi ha assalito, ha usato un’arma che nel Nucleo è nota col nome di virus AIDS II.»

«E sarebbe?»

«L’AIDS era una malattia infettiva della razza umana, molto tempo prima dell’Egira» rispose Johnny. «Annullava il sistema immunitario. Questo… virus… funziona allo stesso modo, nei confronti delle IA. In meno d’un secondo penetra nel sistema di sicurezza e scatena contro l’ospite programmi fagociti letali… contro l’IA stessa. Contro di me.»

«Non potrebbe aver contratto il virus in modo naturale?»

Johnny sorrise. «Impossibile. Sarebbe come chiedere alla vittima di una sparatoria se per caso non è caduta sui proiettili.»

Scrollai le spalle. «Senta, se vuole un esperto in rete dati o in IA, si è rivolto alla persona sbagliata. A parte accedere alla sfera, come venti miliardi di altri zucconi, non so un tubo del mondo degli spiriti.» Usai quel termine antico per vedere se ottenevo da lui una reazione.

«Capisco» rispose Johnny, imperturbabile. «Non è questo che voglio da lei.»

«E cosa vorrebbe che facessi, in realtà?»

«Scoprire chi mi ha fatto venire qui e mi ha ucciso. E perché.»

«Benissimo. Cosa le fa credere che sia questo, il luogo del delitto?»

«Perché è questo il posto in cui ho ripreso il controllo del cìbrido quando sono stato… ricostituito.»

«Vuol dire che il cibrido era disattivato, mentre il virus la distruggeva?»

«Sì.»

«E per quanto tempo è durato?»

«La mia morte? Almeno un minuto, prima che la mia personalità di riserva fosse attivata.»

Mi misi a ridere. Non riuscii a evitarlo.

«Cosa la diverte, signora Lamia?»

«La sua concezione dell’idea di morte» risposi.

Gli occhi nocciola sembrarono intristirsi. «Forse per lei è divertente, ma non immagina che cosa significhi, per un elemento del TecnoNucleo, un minuto di… di sconnessione. Sono eoni di tempo e di dati. Millenni di non-comunicazione.»

«Già» dissi. Riuscii a non mettermi a piangere senza sforzarmi troppo. «Allora, cos’ha fatto il suo corpo, il suo cìbrido, durante il cambio dei nastri di personalità o di quel che diavolo sono?»

«Presumo che sia rimasto in stato comatoso.»

«Non riesce a gestirsi autonomamente?»

«Sì, certo, se non c’è un crollo totale del sistema.»

«Allora dov’è andato?»

«Prego?»

«Quando il cìbrido è stato riattivato, dove si trovava?»

Johnny capì. Indicò un masso a meno di cinque metri dal teleporter. «Laggiù.»

«Da questo o dall’altro lato?»

«Dall’altro.»

Andai a esaminare il punto esatto. Niente sangue. Niente tracce. Niente arma del delitto abbandonata nelle vicinanze. Nemmeno un’orma, né un indizio che il corpo di Johnny fosse rimasto disteso lì per l’eternità d’un minuto. Una squadra di medici legali della polizia avrebbe ricavato libri interi dagli indizi microscopici e biotici lasciati lì, ma io vedevo solo dei sassi.

«Se i suoi ricordi sono davvero svaniti» dissi «come fa a sapere che qui con lei è venuto un altro?»

«Ho esaminato le registrazioni del teleporter.»

«Si è preso la briga di controllare la persona misteriosa, o il suo nome, nell’addebito sulla carta universale?»

«Ci siamo serviti tutt’e due della mia carta» rispose Johnny.

«C’era solo un’altra persona?»