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«Voglio solo informazioni sulle IA, BB.»

«Solo uno degli argomenti più complessi dell’universo conosciuto» sospirò lui lanciando un’occhiata piena di desiderio allo shunt neurale staccato e ai cavi metacorticali. I cyberpuke non smontano mai, ma i funzionari civili sono obbligati a farlo per il pranzo. BB era come la maggior parte dei cyberpuke: non si sentiva mai a proprio agio se doveva scambiare informazioni senza cavalcare un’onda dati. «Allora, cosa vuoi sapere?» disse.

«Perché le IA sono se ne sono andate?» Da qualche parte dovevo pur iniziare.

BB mosse le mani in un gesto complicato. «Corre voce che i loro progetti non fossero compatibili con il coinvolgimento totale nelle sue faccende… leggi la razza umana… che l’Egemonia richiede. La verità è che nessuno lo sa.»

«Però sono ancora in circolazione. Continuano a trafficare?»

«Certo. Il sistema non funzionerebbe, senza le IA. Lo sai benissimo, Brawne. Perfino la Totalità non funzionerebbe, se le IA non dirigessero il modellamento Swarzchild in tempo reale…»

«D’accordo» dissi, interrompendolo prima che scivolasse nel suo incomprensibile linguaggio cyberpuke. «Ma quali sono i loro “progetti alternativi”?»

«Nessuno lo sa. Branner e Swayze, su alla Intel-Art Corp, ritengono che le IA perseguano l’evoluzione della consapevolezza su scala galattica. Sappiamo che hanno le proprie sonde, molto al di là della Periferia…»

«E i cìbridi?»

«Cìbridi?» BB si alzò a sedere, interessato per la prima volta. «Perché parli di cìbridi?»

«Come mai sei così sorpreso che ne parli, BB?»

Con aria distratta si fregò la presa dello shunt. «Be’, prima di tutto molti dimenticano che esistono. Due secoli fa c’era un grande allarmismo: gente in provetta che prendeva il potere e fesserie del genere; ma ora nessuno pensa più a loro. Inoltre, ieri mi è capitato di leggere su un promemoria di anomalie la notizia che i cìbridi vanno scomparendo.»

«Scomparendo?» Toccò a me, mostrarmi sorpresa.

«Sì, eliminazione graduale. Le IA solevano mantenere nella Rete un migliaio di cìbridi autorizzati. Metà dei quali con base proprio qui su TC2. Il censimento della scorsa settimana mostra che nel giro di un paio di mesi circa i due terzi sono stati richiamati.»

«Cosa succede, quando una IA richiama il suo cìbrido?»

«Non so. Lo distrugge, immagino. Alle IA non piacciono gli sprechi, quindi il materiale genetico sarà in qualche modo riciclato.»

«E perché lo riciclano?»

«Nessuno lo sa, Brawne. Ma la maggior parte di noi non sa perché le IA fanno la maggior parte delle cose che fanno.»

«Gli esperti ritengono che le IA siano… una minaccia?»

«Scherzi? Seicento anni fa, forse. Due secoli fa, la Secessione ci rese diffidenti. Ma se volevano danneggiare l’umanità l’avrebbero fatto già da un pezzo. Temere che le IA si rivoltino contro di noi sarebbe come temere una ribellione degli animali domestici.»

«A parte il fatto che le IA sono più intelligenti di noi.»

«Già, be’, quest’è vero.»

«BB, hai sentito parlare di progetti per il recupero di personalità?»

«Come l’affare Glennon-Height? Certo. Tutti ne sono al corrente. Ho anche lavorato a un progetto del genere, alla Reichs University, qualche anno fa. Ma ormai sono passés. Nessuno se ne interessa più.»

«Come mai?»

«Cristo, non sai proprio una merda di niente, Brawne! I progetti di recupero di personalità sono stati tutti dei fallimenti. Anche con il miglior controllo sim… coinvolsero la rete FORCE SCO-RTS… è impossibile scomporre in fattori tutte le variabili e ottenere risultati soddisfacenti. Lo stampo della personalità diventa autocosciente… non mi riferisco alla semplice coscienza del proprio essere» come nel caso tuo e mio, ma alla consapevolezza d’essere una personalità artificiale cosciente di sé… e questo porta al ciclo iterativo terminale di stranezza e ai labirinti non armonici che vanno direttamente nello spazio Escher.»

«Traduci.»

BB sospirò e diede un’occhiata alla banda segnatempo, azzurra e oro, sulla parete. Mancavano cinque minuti al termine dell’ora obbligatoria per il pranzo. Poi finalmente sarebbe tornato nel mondo reale. «In altre parole» disse «la personalità recuperata si disgrega. Impazzisce. Va a farsi fottere.»

«Tutte?»

«Tutte.»

«Ma le IA sono ancora interessate al procedimento?»

«Oh, già, chissà? Non ne hanno mai fatto uno! Tutti i tentativi di recupero di cui sono a conoscenza erano gestiti da esseri umani… progetti universitari pasticciati, per lo più. Accademici senza cervello che spendevano fortune per riportare alla vita cervelli accademici morti.»

Feci un sorriso forzato. Mancavano tre minuti prima che tornasse a inserirsi. «Tutte le personalità recuperate sono state dotate di estensioni cìbride?»

«Ah, ah. Come t’è venuta, quest’idea? No, non funzionava.»

«Come mai?»

«Incasinava lo stim-sim. Inoltre occorrevano ceppi clonali perfetti e un ambiente interattivo esatto fino al minimo particolare. Vedi, bambina, a una personalità recuperata permetti di vivere nel suo mondo tramite un simulatore in grande scala, poi gli fai arrivare subdolamente qualche domanda, per mezzo di sogni o di scenari interattivi. Estrarre una personalità dalla realtà simulata per immetterla nel tempo lento…»

Quest’ultimo era il termine, vecchio di secoli, usato dai cyberpuke per definire — scusate l’espressione — il mondo reale.

«…riuscirebbe solo a fotterla più in fretta» terminò lui.

Scossi la testa. «Già. Be’, grazie, BB.» Andai alla porta. Rimanevano trenta secondi, prima che il mio vecchio amico di college sfuggisse al “tempo lento”.

«BB» dissi, come per un ripensamento. «Hai mai sentito parlare del recupero della personalità di un poeta della Vecchia Terra, un certo John Keats?»

«Keats? Oh, certo, c’era un’ampia recensione nei testi universitari. Autore del recupero fu Marti Carollus, una cinquantina d’anni fa, a Nuova Cambridge.»

«Cosa accadde?»

«Il solito. La personalità s’impigliò nel ciclo iterativo. Ma prima di disgregarsi morì di morte simulata. Per non so quale antica malattia.» Lanciò un’occhiata all’orologio, sorrise, alzò lo shunt. Prima d’inserirselo nella presa cranica, mi guardò con un’espressione quasi beata. «Ora ricordo» disse, con un sorriso sognante. «Tubercolosi.»

Se l’umanità avesse scelto il sistema sociale orwelliano del Grande Fratello, lo strumento dell’oppressione sarebbe stato di sicuro la carta di credito. In un’economia totalmente priva di denaro liquido, con semplici residui di un mercato nero basato sul baratto, le attività di un individuo possono essere rintracciate in tempo reale tenendo d’occhio la traccia della sua carta di credito universale. Esistono leggi severe per la protezione della segretezza della carta, ma le leggi hanno la brutta abitudine d’essere ignorate o abrogate, quando una società cade nel totalitarismo.

La traccia della carta di credito di Johnny, nei cinque giorni che avevano preceduto il suo omicidio, mostrava un individuo abitudinario e parco nelle spese. Prima di seguire questa traccia, passai due noiosissimi giorni a seguire Johnny.

Dati: abitava da solo nell’Alveare Bergson Est. Un normale controllo mostrò che stava lì da sette mesi locali, meno di cinque mesi standard. La mattina faceva colazione in un caffè della zona, poi si teleportava su Vettore Rinascimento — dove lavorava per circa cinque ore negli archivi stampa a raccogliere informazioni di chissà che genere — consumava un pasto leggero nel chiosco del venditore nel cortile, passava poi altre due ore in biblioteca, e tornava a casa su Lusus o andava a cena in uno dei suoi ristoranti preferiti su un altro pianeta. Per le dieci era nel suo appartamento. Usava il teleporter più di un comune perditempo lusiano di classe media, ma per il resto seguiva un programma ben poco interessante. I rendiconti confermavano che aveva seguito il solito tran-tran nella settimana in cui era stato assassinato, con l’aggiunta di qualche spesa extra (un giorno un paio di scarpe, quello dopo generi alimentari) e di una sosta in un bar di Vettore Rinascimento, il giorno stesso del suo “assassinio”.