— Il tuo giudizio ci sarà utile, anche se lo ritengo inesatto.
— Be’, potrebbe andare peggio! — riconobbe Louis. Ogni specie sensibile aveva le sue peculiarità. Senza dubbio sarebbe stato più facile trattare col burattinaio che con quella razza di paranoici dei Trinocs, o con gli kzinti dall’istinto omicida facile, o anche con i sessili Grogs con i loro… sgradevoli surrogati di mani.
La presenza del burattinaio spalancava in Louis una soffitta di polverose memorie. Le cognizioni sui burattinai e il loro impero commerciale, i contatti che avevano avuto con l’umanità e la loro improvvisa sconcertante sparizione si confondevano con il gusto del tabacco della prima sigaretta, la sensazione provocata dai tasti della macchina per scrivere sotto dita impacciate dall’inesperienza, le liste del vocabolario universale da imparare a memoria, il suono ed il gusto dell’inglese, le incertezze e l’imbarazzo dell’estrema gioventù. Aveva fatto degli studi sui burattinai durante un corso di storia all’università, dimenticandosi poi di loro per centottanta anni.
— Rimarrò qui — disse al burattinaio, — se può farti comodo.
— No. Dobbiamo fare conoscenza.
Il burattinaio si mosse e i suoi muscoli si contrassero, guizzando sotto la pelle morbida. La porta della cabina transfert si aprì con uno scatto, e Louis Wu entrò nella stanza.
Il burattinaio indietreggiò di alcuni passi.
Louis si abbandonò sopra una sedia, più per mettere a suo agio il burattinaio che per se stesso. Un uomo seduto ha sempre un’aria inoffensiva. La sedia era una massaggiatrice automatica concepita esclusivamente ad uso degli umani. Louis percepì un odore pungente, piuttosto gradevole, che gli richiamava alla mente gli scaffali delle spezie e i gabinetti chimici.
L’alien si riposava appoggiato sulla gamba posteriore, che teneva piegata. — Sarai curioso di sapere perché ti ho portato qui. Ci vuole una spiegazione. Che cosa sai della mia specie?
— È passato molto tempo da quando frequentavo l’università. Avevate un impero commerciale, non è vero? E si estendeva in tutto lo spazio conosciuto, o perlomeno in quello che noi amiamo chiamare spazio conosciuto. Ci risulta che i Trinocs l’hanno acquistato da voi, e i Trinocs li abbiamo conosciuti soltanto venti anni fa.
— Precisamente, abbiamo trattato affari con i Trinocs. Più che altro per mezzo dei robot, se ben ricordo.
— Il vostro impero commerciale è durato almeno un migliaio di anni su un’estensione di moltissimi anni-luce. E ve ne siete andati lasciandovelo alle spalle. Perché?
— Come si può dimenticare? Siamo sfuggiti all’esplosione del Nucleo della Galassia!
— Ne ho sentito parlare. — Louis ricordava anche, sia pure vagamente, che erano stati proprio gli alien a scoprire la reazione a catena della Novae. — Ma perché fuggire adesso? I Soli del Nucleo si sono trasformati in Novae diecimila anni fa. La luce non arriverà sin qui che tra ventimila anni.
— Non si deve permettere che gli umani si disperdano — disse il burattinaio. — Ne sareste gravemente danneggiati. Non vedete il pericolo? La radiazione dell’urto d’onda renderà inabitabile questa zona della Galassia!
— Ventimila anni sono tanti.
— Uno sterminio tra ventimila anni è sempre uno sterminio. La mia specie è fuggita in direzione della Nebulosa di Magellano. Alcuni di noi, tuttavia, sono rimasti, nel caso che la migrazione dei burattinai dovesse incontrare dei pericoli. Ora ci siamo.
— Ah sì? Che pericolo?
— Non sono ancora autorizzato a rispondere a questa domanda. Però puoi guardare questo. — Il burattinaio si mise a cercare qualcosa sul tavolo.
Louis si stava chiedendo dove fossero le mani del burattinaio. Si accorse che erano proprio le sue bocche ad esplicare quella funzione. E funzionavano benissimo, pensò Louis, mentre il burattinaio gli allungava una riproduzione oleografica. Le labbra del burattinaio erano molli ed elastiche e sporgevano di qualche centimetro al di sotto dei denti. Erano asciutti come dita umane e terminavano in minuscole protuberanze del tutto simili a dita. Dietro ai denti quadrati, tipici dei vegetariani, Louis intravide una lingua guizzante e biforcuta.
Prese l’olografia e la guardò.
In un primo momento non riuscì a capirci niente, ma continuò ad osservarla cercando di risolvere l’enigma. C’era un dischetto di un bianco intenso, che poteva essere un sole di tipo GO oppure K9, con una corda profonda e corta tagliata da una linea nera. Ma quell’oggetto incandescente non poteva essere un Sole. Dietro al disco, sullo sfondo nero dello spazio, si vedeva una striscia blu cielo, perfettamente diritta e con i contorni perfettamente delineati.
— Sembra una stella con un anello intorno — disse Louis.
— Puoi continuare a studiarlo, se vuoi. Ora ti posso spiegare la ragione per cui ti ho portato qui. Ho intenzione di formare una squadra esplorativa composta di quattro membri, me e te compresi.
— Una squadra per esplorare che cosa?
— Per ora non te lo posso dire.
— Oh, andiamo! Dovrei essere un bel pazzo per fare un salto nel buio di questo genere!
— Buon compleanno — fece il burattinaio.
— Grazie — rispose Louis stizzito.
— Perché hai piantato a metà il tuo party?
— Non ti riguarda.
— Invece sì. Scusami, Louis Wu. Perché hai piantato il party?
— Avevo semplicemente deciso che ventiquattro ore non erano sufficienti per uno che compie duecento anni. Così sono stato il primo ad andarmene e ho allungato quella giornata spostandomi oltre la linea di mezzanotte. Un alien non può capire…
— Allora eri entusiasta per il modo in cui stavano andando le cose?
— No. Non proprio. No… — Entusiasta no, casomai il contrario. Anche se la festa si era svolta piuttosto bene.
Tutto era cominciato un minuto dopo la mezzanotte. Perché no? Aveva amici in ogni fuso orario. Non c’era ragione di sprecare un solo minuto di quella giornata. In tutta la sua casa c’erano letti per sonnellini brevi ma profondi. Chi invece non voleva perdere neanche un minuto aveva a sua disposizione droghe eccitanti, che aiutavano a rimanere svegli, alcune anche con interessanti effetti collaterali.
C’erano invitati che Louis non vedeva da cento anni, altri che incontrava tutti i giorni. Qualcuno era stato una volta un suo nemico mortale. C’erano donne da lui completamente dimenticate, al punto che più volte si era sorpreso per il suo cambiamento di gusti.
Era facilmente immaginabile che ci sarebbero volute delle ore per fare tutte le presentazioni. Quante liste di nomi da imparare a memoria in anticipo! Troppi amici erano diventati degli estranei.
Così, poco prima della mezzanotte, Louis Wu era penetrato in una cabina-transfert e, dopo aver composto una cifra, era sparito.
— Ero annoiato a morte — disse Louis Wu. — "Raccontaci del tuo ultimo ritiro, Louis. Ma come fai a stare così solo?". "Sei stato un dritto ad invitare l’ambasciatore dei Trinocs, Louis!". "È un po’ che non ci vediamo".
— Sei un uomo senza pace, Louis Wu. I tuoi ritiri… sei stato tu a lanciare questa moda, no?
— Non ricordo come è incominciata. Ha preso piede piuttosto bene. Adesso quasi tutti i miei amici lo fanno.
— Ma mai tanto spesso come te. Ti isoli dall’umanità ogni quarant’anni, più o meno. Abbandoni il mondo degli uomini per raggiungere i confini dello spazio conosciuto. Te ne stai tutto solo in una navicella monoposto, finché non si fa sentire di nuovo il bisogno della compagnia. Sei tornato dal tuo ultimo ritiro, il quarto, venti anni fa. Sei un irrequieto, Louis. In ogni mondo dello spazio conosciuto, hai trascorso tanti anni da essere considerato uno del luogo. Questa sera hai abbandonato il party del tuo compleanno. Sei di nuovo in agitazione?
— Sono affari miei, non ti pare?