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Non era il caso di meravigliarsi se uno solo degli uomini attaccati agli zaini aveva avuto paura di staccarsene. Tutti gli altri, intrappolati nelle loro macchine, avevano preferito una caduta veloce piuttosto che aspettare di morire di sete.

— Non riesco a capire su che cosa si possa usare il disintegratore — disse Speaker.

— Invece io ci ho riflettuto.

— Scavare un buco nella parete non serve a niente. Idem per il soffitto, che non riuscirebbe a raggiungere comunque. Se colpisco il generatore del campo che ci trattiene, piomberemo da un’altezza di trenta metri. E se non lo fa, rimarremo qui appesi aspettando di morire di fame o finché non decideremo di darci l’addio e buttarci dai volocicli.

— Sì.

— Tutto qui? Solo sì?

— Uno di voi mi deve descrivere che cosa vede attorno a sé. Io vedo soltanto una parete ricurva.

Fecero a turno per descrivergli il gruppo conico di celle che intravedevano nel debole fascio di luci; anche Speaker accese i suoi fari, migliorando la situazione.

Ma quando finirono di elencare ogni cosa, erano ancora intrappolati, penzolanti su un trabocchetto mortale.

Louis sentiva l’urlo che ribolliva nel più profondo del suo essere, ancora controllato ma sempre più impellente. Presto sarebbe esploso… Gli venne il dubbio che Nessus volesse abbandonarli. Esistevano un sacco di ragioni perché il burattinaio se ne lavasse le mani, e nessuna perché li salvasse.

A meno che non s’illudesse ancora di trovare dei nativi civilizzati.

— I veicoli sospesi in aria e lo scheletro indicano che non c’è nessuno incaricato al funzionamento dei meccanismi — disse Speaker pensoso. — I campi che ci hanno incastrato devono avere raccolto alcuni veicoli dopo lo spopolamento della città. Ma a quel tempo, sull’Anello, non esistevano più veicoli. Quindi questi macchinari funzionano ancora perché l’energia non si è esaurita.

— Può darsi — disse Nessus. — Però ti avviso che qualcuno sta controllando la nostra conversazione.

Louis drizzò gli orecchi. Quelli di Speaker si aprirono a ventaglio. — Ci vuole una tecnica eccellente per intercettare un circuito chiuso.

— Riesci a capirci qualcosa?

— Conosco solo la sua provenienza. L’interferenza parte proprio da un punto vicino a voi. Magari la spia è sopra la vostra testa.

Louis tentò di guardare in alto. Niente da fare. Era sempre capovolto, con due palloni che lo premevano da ogni lato. — Allora, abbiamo trovato la civiltà — disse a voce alta.

— Forse. Lasciami pensare…

Il burattinaio se ne uscì a fischiettare musica di Beethoven, o dei Beatles. Secondo Louis, stava componendo per conto suo. Lo zufolamento non finiva più. Louis cominciava a sentire la testa battergli furiosamente.

Dopo un alternarsi di speranza e disperazione, il burattinaio si fece vivo di nuovo: — Niente disintegratore. Louis Wu, tocca a te. Discendi dalle scimmie, quindi ti arrampichi meglio dello kzin.

— Arrampicarmi?

— Le domande me le farai dopo. Aggancia il laser alla cintura: colpisci il pallone di fronte a te. Vedrai che si bucherà. Quando starai per cadere, afferra la tela del pallone. Poi ti arrampichi lungo la tela, sul volociclo.

— Tu stai dando i numeri.

— Numeri? Quali numeri… Non interrompermi, terrestre! Sto tentando di salvare la tua pelle. Dovrai distruggere l’arma che ha fatto saltare i motori. Probabilmente ce ne sono due. Una è sopra la fessura d’ingresso. L’altra, non so. Ma sono identiche.

— Se lo dici tu, scommetto che sono diverse. Ma il guaio è che io non ce la faccio ad arrampicarmi lungo la tela…

— Speri che ci si arrampichi Speaker?

— Ma i gatti sono capaci di arrampicarsi!

— Non vi abbandonerò — disse Nessus. — Aspetterò, per ora. Può darsi che vi venga in mente un piano migliore del mio.

Louis non riusciva a rendersi conto del passare del tempo. Tutto era immutabile. Si sentiva, in lontananza, soltanto lo zufolio di Nessus.

Alla fine, cominciò a contare i battiti del suo cuore. Settantadue al minuto, calcolò. Pochi minuti dopo disse: — Settantadue. Uno. Cosa sto facendo?

— Parli con me?

— Maledizione, Speaker, non lo sopporto. Preferisco morire subito senza aspettare di impazzire.

Cominciò a spingere le braccia con forza.

— Louis, comando io. Ti ordino di rimanere calmo.

— Scusa. — Louis cominciò a spingere le braccia ritmicamente, riposandosi ogni tanto.

— Il suggerimento del burattinaio è un suicidio, Louis.

— Può darsi. — Eccolo, il laser a flash. Con altri due strattoni lo liberò dalla cintura e lo puntò. Avrebbe bruciato la sua immagine nel cruscotto, ma non se stesso.

Fece fuoco.

Il pallone si sgonfiò pian piano. L’altro pallone, alle spalle di Louis, lo spinse in avanti verso il cruscotto. Con l’aiuto di quella leggera pressione era facile spingere il laser nella cintura e agguantare due lembi della tela che si raggrinziva svuotandosi.

Stava scivolando giù dal sedile. Svelto, più svelto… si afferrò con la forza di un pazzo, e quando cadde, rigirandosi su se stesso, non si lasciò sfuggire la presa sulla tela. Rimase appeso sotto il volociclo, su un trabocchetto alto trenta metri, e…

— Speaker!

— Eccomi. Ho l’arma pronta. Vuoi che ti sgonfi l’altro pallone?

— Sì! — Gli attraversava la strada bloccandolo.

Il pallone soffiò la polvere per qualche secondo, poi si disintegrò in un forte sbuffo d’aria. Speaker lo aveva colpito con un raggio del disintegratore.

— Solo Finaglo sa come prendi la mira, tu — disse Louis ansimando. Cominciò ad arrampicarsi. Gli era facile salire, finché la stoffa resisteva. Faceva di tutto per non mollare la presa. Ma la stoffa arrivava solo vicino al pedale del volociclo che, sotto il peso, si era semirovesciato.

Si spinse il più possibile contro il volociclo, sollevando le ginocchia strette al corpo. Cominciò a dondolarsi. Speaker emetteva strani bramiti. Il volociclo oscillò, allargando il movimento oscillatorio. Louis capì che la parte più pesante stava nella pancia del veicolo. In qualunque punto si fosse messo, non sarebbe mai riuscito a salirvi sopra. Infatti Nessus non glielo aveva suggerito.

L’oscillazione aumentò e Louis sentì l’urgente bisogno di vomitare. Se gli si intasavano le vie respiratorie proprio adesso, era finita. Scattò in avanti e afferrò l’altra estremità del pallone sgonfio. Ce l’aveva fatta.

Ora stava appiattito sulla pancia del veicolo; aspettò, strettamente avvinghiato. La carcassa inerte del volociclo esitò, poi si mosse ancora lentamente. Gli si rivoltò lo stomaco e vomitò sul metallo. Poi si fece coraggio e sollevò gli occhi.

Una donna lo stava guardando.

Sembrava completamente calva. Il suo viso gli ricordava la scultura in ferro metallico che aveva visto al castello. Le assomigliava nei tratti e nell’espressione. Era calma come una dea, o come una donna morta. Avrebbe voluto arrossire, nascondersi o sparire.

Invece disse: — Speaker, ci stanno osservando. Collegati con Nessus.

— Un attimo, Louis, sono in una brutta posizione. Ho fatto lo sbaglio di guardarti mentre ti arrampicavi.

— D’accordo. Credevo che fosse calva, no… ha una frangetta che le scende sulle orecchie. Porta i capelli lunghi sciolti per le spalle. — Non disse che erano folti e scuri e che le scendevano in avanti ogni volta che chinava il capo per osservarlo, e nemmeno che la linea della sua testa era fine e delicata, e che gli occhi lo trafiggevano. — Credo che sia un Ingegnere; o appartiene alla stessa razza. Hai capito bene?

— Sì. Come fai ad arrampicarti così? Per te la gravità non esiste. Che cosa sei?