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Louis si mise a ridere e continuò a tenersi stretto al volociclo. — Hai chiamato Nessus?

— Sì, con la sirena.

— Riferiscigli questo: la donna è lontana da me sei metri. Mi sta studiando come un serpente. Sta seduta dentro una specie di cabina; le pareti dovevano essere di vetro o qualcosa di simile, ma sono distrutte. Ci sono rimasti alcuni scalini e una piattaforma.

S’interruppe. La ragazza aveva detto qualcosa.

Aspettò un momento e la ragazza ripeté una frase molto breve. Poi si alzò con grazia e salì le scale.

— Se n’è andata — fece Louis.

— Forse è ritornata al suo apparecchio di ascolto.

— Sì, hai ragione.

— Nessus propone di farle vedere il tuo laser… No, aspetta. Ci ha ripensato. Vuole tentare qualcosa di più decisivo. Sta arrivando qui.

Louis si rilassò. Doveva fidarsi del burattinaio, della sua vigliaccheria e della sua folle saggezza. Provò a dormire, e a tratti ci riuscì. Non perse mai la coscienza della situazione in cui si trovava. Negli attimi di sonno, sognava di trovarsi sopra il volociclo dondolante, in pericoloso equilibrio. Attimi di veglia, frammenti di incoscienza, un incubo persistente.

La luce del sole, attraverso l’apertura orizzontale, lo svegliò definitivamente. Si profilava la sagoma nera del volociclo di Nessus, capovolto. Il burattinaio non era trattenuto da palloni, ma da cinghie.

— Benvenuto — disse Louis.

— Nessus, puoi rimettermi con la testa nella posizione giusta? — domandò lo kzin.

— Per il momento, no. La ragazza è ricomparsa?

— No.

— Tornerà. Gli umani sono curiosi. Non deve aver visto tipi della nostra specie prima di oggi.

— Che me ne frega? Voglio tornare a testa in su — gemette Speaker.

Il burattinaio armeggiò sul suo cruscotto e accadde il miracolo. Il suo volociclo si rivoltò.

— Come hai fatto? — riuscì a dire Louis.

— Mi sono accorto che il segnale clandestino aveva captato i miei controlli. Ho staccato gli interruttori. Se il campo di sospensione non mi afferrava, potevo riaccendere i motori prima di andare a sbattere per terra. Ora — disse vivacemente il burattinaio, — il resto dovrebbe essere semplice. Quando la ragazza si farà viva comportatevi amichevolmente. Louis, se credi puoi anche avere rapporti sessuali con lei. Louis sarà il nostro padrone e noi i suoi servi. Può darsi che la donna sia xenofoba e il fatto che un umano comandi gli alien può tranquillizzarla.

Louis si mise a ridere, ancora nell’incubo del dormiveglia. — Dubito che lei si lasci sedurre. Non l’hai vista, tu. È gelida come le caverne di Plutone.

— Oh, sarà felice ogni volta che ci guarderà, e infelicissima se si allontanerà. Se poi ti stringerà, proverà una gioia tale…

— Che mi venga un colpo! Sì! — gridò Louis.

— Hai capito? Bravo. Per di più ho imparato la lingua dell’Anello e credo che la mia pronuncia sia corretta.

Speaker aveva smesso di lamentarsi. Appeso a testa in giù sulla fossa della morte, coperto di bruciature e con una mano carbonizzata sino all’osso, si era infuriato contro Nessus e Louis per la loro incapacità di aiutarlo. Ma ormai erano ore che taceva.

Louis sonnecchiava. Sentì uno scampanellio negli orecchi, e si svegliò.

Era la ragazza che scendeva le scale. Aveva i campanelli sui mocassini, e si era cambiata d’abito; portava una veste accollatissima e lunga, con enormi tasche rigonfie. I lunghi capelli neri le ricadevano su una spalla.

La serena dignità del suo volto non era mutata. Si sedette appoggiando i piedi sul bordo della piattaforma e si mise a osservare Louis Wu. Rimase immobile, e Louis fece altrettanto. Si fissarono negli occhi.

Poi lei si mise a frugare nei tasconi e ne tirò fuori un oggetto della dimensione di un pugno, di un vivo color arancio. Lo lanciò verso di lui, mirando in modo che l’oggetto gli passasse a pochi centimetri di distanza e lui arrivasse ad afferrarlo.

Louis capì che cos’era. Il frutto andò a spiacciarsi sul tetto di una cella, mettendo a nudo una polpa rossa. Louis fu assalito da una sete furibonda.

La ragazza gliene gettò un altro. Avrebbe potuto afferrarlo, ma avrebbe anche rovesciato il volociclo. E lei lo sapeva bene.

Il terzo lancio gli sfiorò una spalla e lui strinse ancora di più i lembi del pallone. S’immerse in pensieri neri.

Poi arrivò in vista il volociclo di Nessus e lei sorrise.

Il burattinaio fluttuava dietro al relitto dell’autocarro volante. Di nuovo capovolto si lasciò trasportare di sghembo verso la piattaforma di osservazione, come se fosse sospinto da una dispersione di corrente indotta. Passando vicino a Louis gli domandò: — Sei capace di sedurla?

Louis sogghignò. Poi, quando si rese conto che il burattinaio non lo stava canzonando per niente, rispose: — Credo che mi consideri un animale. Lascia perdere.

— Allora ci vuole una tattica diversa.

Louis fregò la fronte contro il metallo freddo. Non si era mai sentito tanto miserabile. — Sei tu il capo — rispose. — Non comprerebbe me perché sono simile a lei. Ma te, può darsi di sì. Tu non sei un suo concorrente, sei troppo alien.

Il burattinaio lo aveva già superato, e pronunciò una frase nello stesso tono della lingua del prete rasato che guidava il coro: il linguaggio sacro degli Ingegneri.

La ragazza non rispose. Però… non fece un sorriso vero e proprio, ma incurvò leggermente gli angoli della bocca e dai suoi occhi sparì l’animosità.

Nessus usava il tasp, a bassa corrente.

Le rivolse di nuovo la parola e la ragazza rispose. Aveva una voce fredda e musicale, dal tono imperioso.

La voce del burattinaio imitò quella della ragazza. Ne saltò fuori una lezione di lingua.

Per Louis Wu la faccenda si prospettava noiosa da morire. Capiva qualche parola qua e là. A un certo punto lei lanciò a Nessus uno dei suoi frutti arancione, e stabilirono che si trattava di un thrumb. Nessus lo acchiappò.

Di colpo lei si alzò in piedi e se ne andò.

— Be’? — fece Louis.

— Cominciava ad annoiarsi — disse Nessus.

— Sto morendo di sete. Potrei avere il thrumb?

— Thrumb è il colore della buccia, Louis. — Gli si accostò col volociclo e gli porse il frutto.

Ormai Louis era a un punto tale di disperazione che alzò una mano. Addentò la spessa buccia del frutto e la strappò via con i denti. Era la cosa più squisita che avesse mai assaggiato in duecento anni.

— Ritorna? — chiese dopo aver terminato di mangiare il frutto.

— Speriamo. Ho usato il tasp a bassa energia per agire sull’inconscio. L’effetto aumenterà ogni volta che mi vedrà. La facciamo innamorare di te, Louis?

— Lascia perdere. Lei crede che sia un nativo, magari un selvaggio. Ora che ci penso, lei che cos’è?

— Non posso ancora dirlo. Non abbiamo toccato l’argomento. Non conosco ancora abbastanza la lingua.

La ragazza si inginocchiò sull’orlo della piattaforma di osservazione, scrutandoli con freddezza. Lentamente, la sua espressione si addolcì. Gli occhi assunsero un’aria sognante.

Nessus si mise a parlare. La ragazza sembrò riflettere, poi pronunciò una frase: forse la risposta.

All’improvviso, il volociclo del burattinaio si sollevò, oscillando sul vuoto, e andò a battere contro lo spigolo della piattaforma. Nessus mise piede a riva, con grazia.

La ragazza si girò, imboccò le scale senza neppure voltarsi: sembrava sicura che Nessus la seguisse come un cagnolino. Il burattinaio, infatti, la seguì.

— Bravo — disse Louis sottovoce, — conquista la sua fiducia. — Ma non appena l’eco dei passi si fu dileguata, l’antro, la spirale con le celle, la volta invisibile e il buio lo angosciarono. Ebbe la sensazione di essere sepolto vivo.