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— Non mi hai nemmeno detto dove vuoi andare — fece Teela.

— Non posso rivelare la nostra destinazione, Teela. Però puoi…

— Per gli zoccoli rossi di Finaglo! Non ce lo dirai mai?

— Puoi esaminare l’olografia che Louis ha con sé. Per ora è l’unica informazione che posso darti.

Louis le porse l’olografia del bianco disco ardente col nastro celeste che risaltava sullo sfondo nero. Teela cercò di guadagnare tempo facendovi scorrere lo sguardo; Louis fu l’unico a notare che il sangue le affluiva alle gote per la rabbia.

Quando Teela parlò, sputò fuori le parole scandalose con violenza, come semi di mandarino. — È la cosa più ridicola che abbia mai sentito. Vi aspettate che Louis e io ci prendiamo la briga di oltrepassare lo spazio conosciuto in compagnia di uno kzin e di un burattinaio, e tutto quello che sappiamo del luogo dove stiamo andando è un nastro celeste e una macchia di luce!

— Devo considerarlo un rifiuto a unirti a noi? La ragazza inarcò le sopracciglia.

— Voglio una risposta precisa. I miei agenti possono individuare un altro candidato.

— Sì — rispose Teela Brown. — Rifiuto.

— Ricordati, però, che secondo la legge umana devi mantenere il segreto. Sarai pagata per la consulenza.

— E a chi lo dovrei raccontare? — Teela scoppiò in una risata teatrale. — Chi mi crederebbe? Louis, vai sul serio in questa ridicola…

— Sì. — Louis stava già pensando ad altro, ad esempio a una maniera diplomatica per spedirla fuori. — Ma non in questo preciso momento. Siamo ancora in pieno ricevimento. Senti, fammi un favore. Inserisci il nastro numero cinque al posto del quattro nel registratore musicale.

Dopo che la porta si fu richiusa dietro di lei, Louis escimò: — Sentite, fatemi un favore. Lasciate a me il compito di giudicare se un essere umano è adatto per una passeggiata nell’ignoto.

— Mi vuoi dire per quale ragione la ragazza non possiede le prerogative adatte?

— È troppo giovane.

— Il quarto componente dell’equipaggio deve appartenere alla generazione di Teela Brown.

— Nati per un capriccio della fortuna! No, non importa, non ho nessuna intenzione di discutere con te. Conosco qualche essere umano molto più pazzo di lei. Ce n’è un paio, qui al party…

— Hai visto tu stesso che non è xenofoba. Non teme nessuno di noi.

— Non ha spirito. Non è… non è…

— Non è un’insoddisfatta — disse Nessus. — È felice di essere a questo mondo. Non esiste niente che lei desideri. Ma come facciamo a saperlo con certezza se non glielo chiediamo?

— E va bene, scegliti i tuoi candidati — concluse Louis. E uscì, impettito, dall’ufficio.

Alle sue spalle risuonò la voce flautata del burattinaio: — Louis! Speaker! Il segnale! Uno dei miei agenti ha pescato un altro candidato!

— Certo che l’ha trovato — rispose Louis disgustato. Nel salone Teela stava guardando in cagnesco un altro burattinaio di Pierson.

Louis si svegliò a gradi. Si ricordava di avere applicato alla testa il dispositivo soporifero e di averlo regolato per un’ora di corrente. Presumibilmente un’ora prima. Una volta che il dispositivo si fosse spento, il fastidio di averlo in testa lo avrebbe svegliato… Sulla testa non c’era più.

Si drizzò a sedere di scatto.

— Te l’ho tolto io — gli disse Teela Brown. — Avevi bisogno di dormire.

— Caspita! Che ore sono?

— Sono passate da poco le diciassette.

— Sono stato un pessimo anfitrione. Come va la festa?

— Si è ridotta a una ventina di persone. Non preoccuparti, ho spiegato loro che cosa stavo facendo. Sono stati tutti d’accordo nel dire che era una buona idea.

— Bene. — Louis si lasciò scivolare giù dal letto. — Grazie. Vogliamo unirci a quel che è rimasto del party?

— Prima vorrei parlarti.

Louis si rimise a sedere. L’intontimento del sonno stava scomparendo gradatamente. — A che proposito? — le domandò.

— Hai veramente l’intenzione di fare questo viaggio pazzesco?

— Sono dieci volte più vecchio di te — fece Louis Wu. — Non ho bisogno di lavorare per vivere. Non posseggo abbastanza pazienza per fare lo scienziato. Una volta ho scritto qualcosa ma stava diventando un lavoro pesante, il che era proprio l’ultima cosa che volevo. Che cosa ci rimetto? Mi divertito un mondo.

Lei scosse il capo e un tremulo brillio si rifletté sulle pareti. — Non mi sembra un gran divertimento.

Louis diede una scrollata di spalle. — La noia è il mio peggiore nemico. Ha distrutto un sacco di amici miei ma non riuscirà ad ammazzare me. Quando sono stufo vado a rischiare la vita da qualche parte.

Le mani di lei erano grandi, e le dita lunghe e sottili. Mentre se le passava nervosamente tra i capelli fiammeggianti, le dita risplendettero di luce riflessa. — Louis, sei innamorato?

La domanda lo colse di sorpresa. — Non credo — le rispose.

— Assomiglio veramente a Paula Cherenkov?

Nella penombra della camera sembrava la giraffa in fiamme del dipinto di Dalì. I capelli le risplendevano di luce propria, in una fiammata arancione, che si dissolveva in un fumo scuro. Il corpo era un’ombra animata dalla luce guizzante dei capelli. Ma nella mente di Louis si impressero i particolari: le lunghe gambe perfette, i seni appuntiti, la bellezza delicata del piccolo viso. L’aveva vista quattro giorni prima in braccio a Tedron Doheny, un giovane snello, specialista negli atterraggi di fortuna, tornato sulla Terra per partecipare al ricevimento.

— Credevo che tu fossi Paula in persona — le disse. — Paula vive su We Made It, dove ho conosciuto Ted Doheny. Quando vi ho visto insieme ho creduto che Ted e Paula fossero arrivati con la medesima nave.

«A vederti da vicino, però, sei un po’ diversa. Hai le gambe più belle, e l’andatura di Paula era più aggraziata. Il viso di Paula era… più freddo, credo. Forse è solo un ricordo. Dall’esterno pervenne uno scroscio di musica disordinata e pura, stranamente aritmica, senza i modelli-luce che la completavano. Teela si agitò facendo tremolare barbagli di luci e ombre.

— Cosa ti frulla in testa? Ricordati — disse Louis, — che i burattinai hanno da scegliere tra migliaia di candidati. Hanno ancora la possibilità di trovare il quarto membro dell’equipaggio ogni giorno, ogni minuto. Su, andiamocene.

— D’accordo — disse Teela.

— Rimarrai con me sino alla mia partenza?

Teela disse di sì scuotendo il capo fiammeggiante.

Louis e Teela si ubriacavano di sole, nel prato, mentre si cimentavano in una favolosa partita a scacchi. Louis le aveva bloccato un cavallo. Teela alternava l’intelligenza all’intuizione; Louis non riusciva a prevedere come avrebbe mangiato le pedine. E lei giocava all’ultimo sangue.

Si mordicchiava piano il labbro inferiore, riflettendo sulla prossima mossa, quando il servo-robot scivolò vicino a loro segnalando la sua presenza. Louis alzò gli occhi verso lo schermo del monitor dove le due teste di Nessus facevano capolino dalla cassa toracica del servo-robot. — Mandalo qui — disse prendendosela comoda.

Teela si eresse con un movimento privo di grazia. — Forse avete dei segreti da dirvi.

— Può darsi. Cosa ti salta in mente?

— Voglio documentarmi un po’ sull’argomento. — Puntò l’indice contro di lui. — Non toccare quegli scacchi!

Sulla soglia s’incontrò col burattinaio e gli fece un distratto cenno di saluto con la mano. Nessus ebbe uno scarto a due metri di distanza. — Scusami — disse con voce musicale. — Mi hai spaventato.

Teela aggrottò le sopracciglia e rientrò in casa.

Il burattinaio si fermò vicino a Louis piegando le gambe sotto di sé. Una delle due teste era puntata su Louis, l’altra si agitava cercando di sfruttare tutti gli angoli visivi. — La donna può spiarci?