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— Come sapete — continuò Kobryn, con la faccia estremamente grave, — il governo ha lavorato per più di trent’anni per rendere il pianeta pacifico e abitabile. I nostri sforzi sono stati resi estremamente ardui da due fattori: il nazionalismo e l’aumento della popolazione. Riteniamo di avere raggiunto risultati positivi su entrambi i fronti. Attualmente non esistono più eserciti nazionali e, di conseguenza, non sono più possibili guerre tra nazioni. Negli ultimi dieci anni l’aumento della popolazione mondiale è stato contenuto. Dobbiamo ammettere che venti miliardi di abitanti rappresenta una cifra molto alta e ben lontana dall’optimum, comunque stiamo cercando di fornire un ambiente decente all’intera popolazione mondiale.

— E le metropoli? — disse forte qualcuno.

— Silenzio!

— Lasciatelo venire al punto.

Kobryn sembrava quasi contento dell’interruzione. Rispose: — Sì, le metropoli. Riconosco che le maggiori città del mondo sono in uno stato completamente selvaggio… del tutto inabitabili, almeno in termini civili. Per dirla in breve, per quanto riguarda le megalopoli siamo stati battuti, e in realtà abbiamo cominciato troppo tardi. Comunque, non abbiamo ceduto le armi. Una parte notevole del nostro lavoro è dedicata a programmi a lunga scadenza per riportare le città a un livello civile.

— Perché ci troviamo qui? — chiese una voce vibrante. Annuendo, Kobryn disse: — Ci sto arrivando. Viviamo, come sapete, in un mondo pericolosamente sovrappopolato. Secondo molti, ormai abbiamo superato il limite critico, e la popolazione mondiale è decisamente troppo numerosa. C’è chi è convinto che i barbari delle metropoli, prima o poi, prenderanno il sopravvento su noi tutti. Anche gli ottimisti sono d’accordo nel pensare che la popolazione mondiale è troppo alta, che ci troviamo costantemente sull’orlo del disastro. Nell’eventualità di una carestia su scala mondiale o di un terremoto o di un ciclone che sfuggano al nostro controllo, le ripercussioni sarebbero tragiche per il mondo intero. Siamo riusciti a eliminare le guerre e a prevenire la fame. Ma di stretta misura. Siamo in grado di amministrare una popolazione di venti miliardi di individui, a patto però che la società mondiale sia assolutamente stabile.

La voce di Kobryn nel pronunciare quelle parole ebbe una vibrazione metallica. — Abbiamo assoluto bisogno della stabilità. A qualunque costo. Le previsioni degli elaboratori e dei nostri migliori pianificatori sociali giungono tutte alla stessa conclusione: se non abbiamo la stabilità questo nostro mondo sovraffollato precipiterà nel caos, con tutte le conseguenze: fame, malattie, guerre, barbarie. Senza stabilità, ci autodistruggeremo e inoltre avveleneremo totalmente questo pianeta.

Seguì un lungo silenzio, mentre Kobryn fissava l’auditorio dal teleschermo, aspettando che i presenti assimilassero le sue parole. Il silenzio era rotto solo da qualche colpo di tosse o dallo strisciare nervoso di piedi.

— Il prezzo che dobbiamo pagare per avere la stabilità è il progresso. Voi e il vostro lavoro siete parte di quel prezzo.

Adesso tutti si agitavano. La sala fu attraversata da una specie di sospiro collettivo, quasi un ansito. I presenti, più che irritati o sconvolti, erano soprattutto preoccupati e spaventati.

Kobryn proseguì: — Siete, per la maggior parte, genetisti e biochimici. In esperimenti recenti, avete dimostrato di essere in grado di alterare il materiale genetico di un uovo fecondato, per cui vi è possibile controllare le caratteristiche fisiche e mentali del nascituro. Professor DeVreis, mi avete detto voi stesso che nel giro di pochi anni sarete in grado di produrre un superuomo.

— Sì — disse DeVreis, con la sua voce da vecchio. — Un superuomo… o un idiota, uno schiavo con grossi muscoli enormi e quel tanto d’intelligenza sufficiente per obbedire agli ordini.

— Proprio così — disse Kobryn, impassibile. — In entrambi i casi, l’equilibrio sociale ne rimarrebbe sconvolto. Noi non permetteremo che questo avvenga. Non possiamo.

— Ma che cosa vuol dire?

— Non si può fermare la scienza!

— Signori, prego! — Kobryn alzò la voce. — Riflettete un momento! Per quanto l’idea di produrre un superuomo sia affascinante, rendetevi conto che non vi permetteremo mai di realizzarla. Chi sarà il primo superuomo? Come lo selezionerete? Ma non vi rendete conto che venti miliardi di persone si precipiterannno su di voi, vi calpesteranno a morte perché voi trasformiate i loro bambini in altrettanti dèi? O, peggio ancora, spinti dalla paura e dalla gelosia, trucideranno i primi superuomini che usciranno dalle vostre mani!

— No, non sarà così.

— Noi non permetteremmo…

— Comunque voi consideriate il problema, è indubbio che qualsiasi manomissione su vasta scala del patrimonio genetico dell’umanità distruggerà la società così come noi la conosciamo. Credetemi! Abbiamo dedicato più di un anno a studiare il problema. I migliori elaboratori, i maggiori esperti sociali si sono dedicati alla questione. Il nostro mondo ha bisogno di stabilità. L’ingegneria genetica è un elemento destabilizzante, un fattore pericoloso, che finirà col distruggere la società. Il governo non può permetterlo.

— Ma sorgerà una società migliore! Un mondo di superuomini!

Kobryn scosse la testa. — No! Si creerà il caos. Riflettete su quanto è accaduto nel secolo scorso, quando vasti gruppi di popolazioni si sono resi improvvisamente conto che erano in grado di scrollarsi di dosso i sistemi sociali che li avevano ridotti in schiavitù. Quando gli ultimi resti degli imperi europei furono eliminati dall’Asia e dall’Africa, quando i neri d’America e la gioventù mondiale capirono di disporre di un potere politico, che cosa accadde? Ci fu forse una marcia pacifica verso una società felice? No, niente del genere. Si ebbero guerre e rivoluzioni, rivolte e massacri, e ci volle quasi tutto il secolo ventunesimo per ritrovare l’equilibrio. E in tutto quel periodo, la popolazione mondiale era inferiore ai cinque miliardi! Adesso abbiamo in mano la possibilità di attuare un’ingegneria genetica, la possibilità di fare dei nostri figli altrettanti dèi, o altrettanti schiavi. E voi credete che la popolazione mondiale se ne starà pazientemente nei ranghi ad aspettare che voi realizziate il miracolo? Ma non vi rendete conto che tiranni in potenza si servirebbero della vostra scienza per produrre gli idioti di cui ci parlava il professor DeVreis? In un mondo di venti miliardi di individui, non ci riprenderemmo mai più da uno sconvolgimento così violento dell’ordine sociale. Non troveremmo più un nuovo equilibrio, ma unicamente il caos. Il nostro mondo piomberebbe nell’anarchia e nella dissolutezza. I vostri laboratori verrebbero distrutti e voi stessi sareste fatti a pezzi dalla folla.

Ci furono poche proteste, non del tutto convinte, da parte del pubblico.

Alla fine, Kobryn disse, severo: — Il governo ha deciso che ogni ricerca nel campo dell’ingegneria genetica debba essere sospesa. Di conseguenza, i maggiori scienziati sono stati fatti partecipare a questa riunione. Voi e i vostri colleghi, duemila scienziati in tutto, sarete mandati in esilio.

— In esilio!

— Ma come!

— Non potete!

— In esilio permanente, insieme con i vostri familiari più stretti, a bordo di un satellite orbitale che è stato messo a punto appositamente per voi.

Kaufman scattò in piedi. — Non potete farlo! Siamo cittadini del mondo e abbiamo dei diritti riconosciuti dalla costituzione!

— La costituzione mondiale dà all’assemblea legislativa il potere di sospendere le garanzie costituzionali in caso di estrema necessità — ribatté Kobryn. — La settimana scorsa, l’Assemblea ha votato e approvato il vostro esilio. La Corte costituzionale mondiale ha preso in esame il vostro caso, decretando che abbiamo agito nel rispetto della piena legalità.