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Mentre l’ascensore scivolava silenziosamente verso l’alto, l’uomo si voltò verso Lou. — Ho sentito dire che vi spediscono su un satellite.

— Siamo stati condannati all’esilio — disse Lou, sentendosi ribollire di rabbia.

— Sì, l’ho sentito dire.

— A vita.

Lo scandinavo annuì.

— Famiglie intere. Diverse migliaia di persone.

— Lo so… mi dispiace.

— Ne eravate al corrente, quando mi avete prelevato in Messico?

L’altro scosse la testa.

— Sarebbe stato diverso per voi, se aveste saputo che cosa intendevano fare di noi?

Lo scandinavo diede un’occhiata a Lou. — Facevo il mio lavoro…

— Sarebbe stato diverso? — insistette Lou.

— Ecco… no, non credo.

— E allora non venite a dirmi che vi dispiace.

— Ma…

— Piantatela.

L’ascensore si fermò e le porte scorrevoli si aprirono. Lou si aspettava di uscire in un atrio o in un corridoio. Invece si trovò direttamente in una stanza, lussuosamente arredata. Tappeto rosso, folto, una lunga tavola da conferenze circondata da poltrone, tutto in legno autentico, scuro. Due delle pareti erano di un color sabbia chiaro, la terza era occupata da un affresco astratto. L’estremità della sala era in plastiglass, ma dalla vetrata non si vedeva che caligine e scrosci d’acqua. Vicino alla finestra c’era una scrivania massiccia e alcune sedie girevoli di cuoio nero, che, per il momento, non erano occupate. L’aria era fresca e profumata, e tutto l’ambiente dava la sensazione dell’autorità e del potere.

— Aspettate qui — disse lo scandinavo.

Lou si voltò e vide che il suo accompagnatore non era uscito dall’ascensore. Con un soffio leggero, le porte si riaccostarono.

Lou, molto sorpreso, attraversò la grande stanza e andò alle finestre. Il tappeto magnifico attutva il rumore dei passi. In quel momento pioveva così forte che la città s’intravvedeva appena, in un profilo grigio, incerto. Lou sentì una porta che si apriva. Si voltò e vide entrare un signore di mezz’età, sorridente. Era più piccolo di Lou, alquanto tarchiato, ma ancora in forma. I capelli erano folti e scuri, sebbene la fronte avesse già cominciato a stempiarsi. Indossava un abito leggero.

— Signor Christopher, lieto di conoscervi — disse, indicando una delle poltroncine, accanto alla scrivania.

Parlava con accento europeo, che Lou però non riuscì a identificare. Gli pareva anche di averlo già visto, forse al telegiornale.

— Sono Rolf Bernard — disse l’uomo, sedendosi dietro la scrivania. — Il mio nome, con ogni probabilità, non vi dirà niente, perché il Ministro delle Finanze sta spesso dietro le notizie importanti, ma raramente vi compare direttamente.

— Sì — disse Lou. — Il Ministro delle Finanze.

Bernard sorrise. — Sapevate il mio nome? Ne sono lusingato.

— Ecco…

— Sì. In questo momento vi state chiedendo perché siete qui. È molto semplice. Nel Consiglio dei Ministri, signor Christopher, non siamo tutti mostri. La decisione di mandare in esilio voi e i vostri colleghi, non è stata presa all’unanimità, ve l’assicuro.

Lou capiva sempre meno.

— Signor Christopher, vengo immediatamente al punto. Io non posso fare niente per salvare i vostri amici dall’esilio. Sebbene sia Ministro delle Finanze, non ho la possibilità di impedire questa azione crudele e vergognosa. — Esitò un secondo, poi aggiunse: — In questo momento, almeno.

Lou provò una stretta al cuore: — Che cosa intendete dire?

— Personalmente, sono assolutamente contrario alla decisione di mandare in esilio i genetisti — disse Bernard, con voce decisa. — Altri membri del Consiglio dei Ministri sono del mio stesso parere. Non abbiamo potere sufficiente per rovesciare la decisione del Consiglio, ma non abbiamo l’intenzione di stare a guardare con le mani in mano che questo avvenga, senza far qualcosa per cambiare la situazione.

— Non capisco.

— E come potete capire? In questo momento, non si può essere sicuri di niente. Tranne che di una cosa: so con certezza che alcuni Ministri miei colleghi uniranno i loro sforzi per liberare i vostri amici e rendere loro giustizia.

Lou annuì.

— Dunque, per passare a un’azione più concreta, sono disposto a offrirvi una possibilità di sottrarvi all’esilio.

— Di sottrarmi?

— Sì, con una dilazione, un rinvio sulla parola, come volete voi.

— Che cosa intendete dire?

Bernard fece un largo sorriso. — Non ho la possibilità di salvare i genetisti, e neppure i biochimici. Per lo meno, non in questo momento. Voi, però, non siete né un genetista né un biochimico. Ho la possibilità di… sì, di fare certi passi, in modo che il vostro nome sia cancellato dalla lista di coloro che sono destinati all’esilio.

— Cosa? Ma come?

Bernard lo fermò, alzando la mano. — Non pensate al come. Dovete credermi, quando vi dico che ho la possibilità di farlo. Non è necessario che siate esiliato sul satellite. E anche altri possono essere depennati dalla lista e salvati.

— E i genetisti?

Scosse la testa. — In questo momento, non possiamo fare niente per salvarli. State tranquillo, sul satellite si troveranno bene. Per lo meno fisicamente. E state anche certo che personaggi influenti, me compreso, si daranno da fare giorno e notte per liberarli e riportarli ai posti cui hanno diritto sulla Terra.

Lou si abbandonò sullo schienale della sedia. Aveva la testa che gli girava. Era successo tutto così in fretta.

— Ormai — proseguì Bernard, — sapete che il vostro Istituto è stato chiuso definitivamente, seguendo la sorte di tutti i principali laboratori di genetica del mondo. Ci sono ancora molti genetisti e biochimici e un sacco di laboratori in attività, ma gli studiosi migliori, i capi, sono stati tutti mandati in esilio. In questo modo, il governo spera di bloccare il progresso scientifico.

— In nome della stabilità — mormorò Lou.

— Sì. Vi rendete conto, immagino, che il governo non vi consentirà di riprendere il lavoro in uno dei laboratori di genetica rimasti in attività. Appena si venisse a sapere che state lavorando in questo campo, sareste ripreso e mandato in esilio. A meno che non vi facciano fuori.

— Ma…

Il largo sorriso ricomparve e Lou ebbe l’impressione che ci fosse in Bernard qualcosa di infido. — Ascoltatemi bene. Mi sono preso la libertà di impiantare, per conto mio, un piccolo laboratorio di genetica in un posto sicuro, lontano da occhi troppo curiosi. Voi e i pochi altri che riuscirò a sottrarre all’esilio, potrete lavorarci. Farò in modo che alcuni dei genetisti e dei biochimici migliori lavorino con voi. Ovviamente non saranno i capi, ma saranno tra i migliori di quanti sono sfuggiti all’esilio. Così il vostro lavoro continuerà mentre noi cercheremo di far tornare i vostri amici.

Lou stentava a credere alle proprie orecchie. — Dopo tutto quello che è successo nei giorni scorsi… ecco, trovare finalmente nel governo una persona che ragiona è davvero un colpo.

Bernard scoppiò a ridere. — Non è che io ragioni in maniera particolarmente diversa, ma almeno non ho paura. Gli altri membri del Consiglio sono spaventati dalla vostra scienza. Cercano la sicurezza, la stabilità, l’ordine. Io benedico i mutamenti. Benedico la vostra scienza. Senza il progresso, il mondo ricadrebbe nella barbarie.

Per la prima volta da quando era stato arrestato, Lou si rilassò. Sorrise al Ministro delle Finanze. — Non sapete quanto siano importanti le vostre parole, per me.

Bernard annuì, aggiungendo: — Mi sono anche preso la libertà di prelevare una parte degli apparecchi e degli animali da esperimento dai laboratori che sono stati chiusi e di portarli nella nuova sede. Ho scoperto che uno dei vostri animali, un gorilla, sa parlare! È assolutamente straordinario.