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Marcus masticò un boccone e deglutì, poi disse: — Lo so che non sarà facile. Abbiamo qui alcuni ottimi scienziati ma, e in questo avete perfettamente ragione, non sono i migliori. E non possiamo neppure farne venire troppi, col rischio che il governo voglia ficcare il naso in quello che stiamo facendo.

— E che cosa state facendo, precisamente?

— Quello che vi ho detto prima — disse Marcus, concentrando l’attenzione su una foglia d’insalata che non riusciva a infilzare con la forchetta. — Continueremo le ricerche che stavate conducendo all’Istituto. Intendiamo portare a termine e mostrare al mondo intero che siamo in grado di modificare, deliberatamente e senza rischi, un embrione umano. Una volta diffusa la notizia e annunciato a tutti che il governo aveva tentato di impedire che si portasse a buon fine questa impresa, il governo sarà costretto a lasciare liberi i vostri amici, e a permettere loro di fare ritorno alle loro case e al loro lavoro.

Lou ritrovò l’entusiasmo di un tempo. — Un altro passo nell’evoluzione — disse quasi in un sussurro. — Il miglioramento consapevole, da parte dell’uomo, del proprio corpo e della propria intelligenza.

Marcus si appoggiò allo schienale.

— È un vero crimine — sbottò Lou — che il governo cerchi di bloccare questa ricerca! Nel giro di una generazione o due, saremmo in grado di produrre individui fisicamente e mentalmente perfetti!

Marcus disse, sorridendo: — Sì, siamo in grado di farlo. E ci riusciremo, se voi farete la vostra parte in questo lavoro. Vi rendete conto, immagino, di essere la persona più importante che esiste sulla Terra?

XII

Lou provò come una scossa fisica. Guardò Donald Marcus, che gli sorrideva affabilmente.

— Io? Ma di che cosa state parlando?

— È molto semplice — spiegò Marcus. — I maggiori genetisti e biochimici del mondo sono stati mandati in esilio. Proprio in questo momento stanno viaggiando verso il satellite che sarà la loro prigione. Di tutto il gruppo di punta che lavorava all’ingegneria genetica siamo riusciti a salvare soltanto voi.

— Ma…

— Sì, certo, abbiamo portato qui anche alcuni personaggi di secondo piano e un paio di giovani brillanti, ma la loro laurea è ancora fresca d’inchiostro. Voi siete l’unico scienziato esperto che abbiamo qui.

— Ma io sono soltanto un tecnico dell’elaboratore. Marcus annuì. — Può darsi, ma il vostro lavoro è la chiave dell’intero progetto. Voi avete in mano il codice dell’elaboratore. Soltanto se affideremo al calcolatore le migliaia di varianti implicate nelle combinazioni dei geni, saremo in grado di fare qualcosa di utile. In caso contrario, sarebbe troppo pericoloso.

Lou era pienamente d’accordo. — Sì, è assolutamente necessario che l’elaboratore calcoli tutti i possibili effetti collaterali di ogni variazione effettuata. Altrimenti non ci è possibile sapere se il nuovo zigote sarà migliore o peggiore del primo.

— Esatto — disse Marcus. — E voi siete l’unico studioso che abbia lavorato a stretto contatto con i genetisti, al punto da sapere realmente quale deve essere il codice dell’elaboratore. Credetemi, abbiamo fatto un controllo in tutto il mondo. Nessuno era così vicino al successo come il vostro Istituto. E nessuno possedeva un elaboratore della complessità del vostro. Per questo, siete voi l’uomo chiave. Il destino dei vostri amici e il destino del mondo intero sono nelle vostre mani.

Sorridendo, senza pensarci, Lou disse: — A dire il vero, è nelle mani di Ramo. È Ramo che tiene tutto archiviato nella sua memoria.

Marcus s’irrigidì sulla sedia: — Tutto?

Lou annuì. — Sì, è sufficiente far passare tutti i singoli programmi e spulciarli uno per uno. Una volta fatto questo lavoro, saremo pronti per il primo esperimento. Ci vorranno poche settimane, al massimo.

— Questo fatto è estremamente importante per noi — disse Marcus. — Non voglio che facciate un lavoro affrettato. Desidero che sia svolto bene.

Leggermente irritato, Lou disse: — Ormai è quasi finito. Entro poche settimane saremo pronti.

— Sarete in grado di leggere la struttura genetica dello zigote, di scoprirne i difetti, di mettere a punto le correzioni e di predire i risultati?

— Con un’esattezza approssimata a venti decimali — disse Lou. — E lo sapremo in meno di un minuto del tempo dell’elaboratore.

— Se siete in grado di farlo…

— Quando saremo in grado di farlo — corresse Lou, — avremo la possibilità di eliminare i difetti genetici dallo zigote e di rendere ogni embrione geneticamente perfetto. Alla fine saremo in grado di produrre una razza priva di difetti fisici e con un quoziente di intelligenza superiore al genio.

— Sì — disse Marcus. — Alla fine.

Lou si sedette più comodamente, e Marcus sorrise amabilmente, sorseggiando la bibita. In quel momento, Lou avvertì oltre il cinguettio degli uccelli il rombo di un jet che volava altissimo. Anche Marcus lo sentì. Alzò gli occhi verso il punto argenteo che si lasciava dietro una sottile linea bianca.

Guardando l’orologio, Marcus disse: — L’apparecchio che porta i rifornimenti. A bordo ci dovrebbe essere la vostra amica programmatrice.

— Bonnie?

Marcus annuì. — Una ragazza simpatica. — Sorrise a Lou.

Lou si alzò di scatto. — Le vado incontro, all’aeroporto.

— Ma certo, andate pure. Il suo alloggio è nel vostro stesso edificio. Al secondo piano.

— Benissimo. — Lou si diresse verso il davanti della casa. Non aveva più voglia di parlare, né con Marcus né con altri. Desiderava soltanto rivedere Bonnie.

— Temo che la macchina sia già al porto — disse Marcus, seguendo Lou. — Sarete costretto ad andare a piedi.

— Non importa. Ci vediamo più tardi.

Lou lasciò Marcus davanti alla casa e si avviò lungo la strada polverosa, in direzione del porto. Adesso il rombo del reattore era più vicino e Lou lo vide compiere un largo giro sul mare, ancora altissimo.

Dietro di lui arrivava il sibilo di un turbocar. Voltandosi, vide Kori che sobbalzava sul sedile posteriore del veicolo che stava avanzando lentamente lungo la strada sconnessa, scendendo verso il porto. Lou fece segno con la mano, e Kori gridò all’autista di fermarsi. Si diressero assieme verso l’area di atterraggio.

— Vai ad aspettare l’aereo? — chiese Lou.

— Sì. Dovrebbe portarmi alcuni pezzi, oltre i nastri e i film dello Starfarer, arrivati poco prima che mi arrestassero.

— La sonda interstellare?

La strada adesso era in condizioni migliori, e la macchina accelerò. Luci e ombre si alternarono sulla faccia di Kori, mentre superavano un boschetto di palmizi.

— Sì. Se tutto è andato liscio, su quei nastri ci dovrebbero essere le riprese a distanza ravvicinata di Alpha Centauri.

— Dici sul serio? Non ne ho sentito parlare al telegiornale. Adesso la strada si snodava lungo il porto, e l’autista spinse la turbina al massimo. Non c’era altro traffico. Il vento schiaffeggiava Kori e Lou, seduti sul sedile posteriore.

— Il governo ha passato tutto sotto silenzio — gli gridò Kori, in risposta. — Ricordi cosa ha detto Kobryn laggiù, in Sicilia? Alpha Centauri è una minaccia all’equilibrio mondiale! — Kori rise amaramente.

L’auto, con una frenata rumorosa, bloccò davanti alla spianata d’atterraggio. Una nuvola di polvere avvolse per un momento i passeggeri. Tossendo e chiudendo gli occhi, Lou saltò a terra e uscì dal polverone che si dissipava lentamente. Kori lo seguì, camminando con quel suo passo, leggermente dinoccolato.

— Ti occuperai dei dati della sonda? Te lo ha chiesto Marcus?