— Ma come facciamo ad abbandonare l’isola? — chiese Bonnie.
Kori scrollò le spalle. — Se costruissimo una zattera…
— O un tappeto volante — disse Lou, acido.
In questo modo, la discussione finì.
Il giorno dopo, quando due guardie armate entrarono nella sala dell’elaboratore, Lou non fu del tutto sorpreso. Era passata precisamente una settimana da quando aveva cominciato a mettere le mani nella memoria di Ramo.
— Che c’è? — chiese Lou, teso.
La guardia parlando con cantilena malese disse: — Il signor Marcus desidera vedervi.
— In questo momento sono occupato. Ditegli…
— Immediatamente — disse la guardia, spostando il pollice sulla fondina che gli penzolava sull’anca.
Lou annuì. — Va bene, ma aspettate che…
— Non toccate i comandi dell’elaboratore — disse la guardia, piano, addirittura cortesemente. Però le dita si chiusero sul calcio dell’arma.
Lou si accorse che gli tremavano le mani, e le tenne ben lontane dai comandi dell’elaboratore: — Va bene, però l’elaboratore è in funzione.
— Se ne occuperanno altri tecnici. Voi seguitemi, prego.
Fuori c’era ad aspettarli la macchina di Marcus, con un’altra guardia al volante. Lou salì, e la prima guardia gli si sedette vicino. Pochi minuti dopo, Lou fu introdotto nello studio in casa di Marcus. Era un ambiente piccolo, pieno di libri, con un’unica finestra ampia che si affacciava sulla baia.
Marcus era seduto a un tavolo, davanti alla finestra. Nella stanza c’erano alcune sedie dallo schienale rigido e un sofà dall’aria comoda. Marcus, quando Lou entrò, stava parlando al videofono sul tavolo. Senza alzare gli occhi dall’apparecchio, fece segno a Lou di sedersi su una sedia, vicino al tavolo.
Se era in collera, non lo lasciava vedere. La faccia aveva la solita espressione calma, mentre diceva tranquillamente all’apparecchio: — Abbiamo scoperto la causa degli inconvenienti riscontrati e riteniamo di riportare in breve la situazione sotto controllo, entro i tempi stabiliti.
Lou non vedeva lo schermo, ma sentì la voce che rispondeva.
— Molto bene. Fate in modo che non ci siano ritardi. Il fattore tempo è estremamente importante.
— Capisco. Buongiorno.
— Buongiorno.
Marcus spense l’apparecchio e rimase a guardare per alcuni secondi lo schermo, poi si voltò verso Lou. — Mi sorprendete — disse.
— Io?
Marcus quasi sorrise. — Smettiamola di giocare, Christopher. Avete sabotato i programmi dell’elaboratore, rallentando il nostro progetto biochimico. Perché?
— Ma come potete affermare che sono stato io? — disse Lou, cercando di guadagnare tempo.
— È del tutto ovvio — disse Marcus, protendendosi leggermente in avanti. — Ascoltatemi bene, Christopher. Ormai non siete più negli Stati Mondiali. Vi trovate in un altro contesto, con leggi diverse. Non sono tenuto a darvi le prove che siete stato voi a danneggiare l’elaboratore. Sono convinto della cosa e resterò della mia idea. Vi ho fatto venire qui per scoprire perché state conducendo quest’azione di sabotaggio e per dirvi che cosa vi succederà se non smettete subito.
Lou sentiva crescere la rabbia. — Ah, è così? Qualcuno rovina il calcolatore e danno la colpa a me. E ora, che cosa mi succederà? Mi fucilerete, per caso?
— No, niente di così drammatico — rispose Marcus. Con voce che sembrava sinceramente commossa disse: — Vedete, ho l’impressione che vi preoccupiate più del vostro gorilla, che della vostra pelle.
— Già, mi sono innamorato del gorilla, adesso.
Scuotendo la testa come un padre paziente, Marcus disse: — E va bene, scherzate pure, se proprio volete. Ma ascoltate bene quello che vi dico, e cercate di non dimenticarlo. Noi abbatteremo il governo mondiale. Non ha importanza chi siamo noi. Ci sono, tra noi, molti personaggi importanti. La posta in gioco è altissima e non permetteremo che né voi né altri ci intralcino il cammino.
— Per questo fate fabbricare bombe a Kori?
— Naturalmente. Avete mai sentito che un governo si lasci rovesciare senza combattere? Su quest’isola, stiamo realizzando tre armi diverse: bombe nucleari, soppressori corticali e ingegneria genetica.
— Cioè, voi intendete annientare i vostri nemici, trasformare i superstiti in altrettanti idioti e, finalmente, quando sarete al potere, controllare i figli di tutti.
— Non è esatto al cento per cento, ma è molto vicino alla verità.
— Non mi sembra molto felice il mondo che state progettando.
— No? E che genere di mondo abbiamo adesso? Un governo che lascia che le metropoli cadano sempre più in basso, che permette che venga al mondo un numero sempre crescente di barbari che tra breve dilagheranno in tutte le zone civili del mondo. Tra quanto tempo, ditemi voi, vedremo dilagare per tutto il mondo l’orda dei topi? Topi a due gambe, che irromperanno da New York, da Rio, da Tokio, da Calcutta, da Roma… da tutte le metropoli del mondo!
— E la vostra soluzione è di bombardarli o di trasformarli in larve.
— Se vi saremo costretti, sì — disse Marcus, con lo stesso tono con cui avrebbe offerto da bere. — Per il momento le bombe devono servire contro le truppe del governo. Quando avremo vinto, disporremo di altri mezzi per trattare i barbari, compreso l’uso dei soppressori.
Lou scosse la testa.
— Vorrei riuscire a convincervi — esclamò Marcus. — Che cosa ha fatto, per voi, il governo? Vi ha mandato in esilio, voi e tutti i vostri amici. Quando saremo noi al potere, potrete ritornare a vivere una vita normale, utile.
— Utile a chi?
Marcus, con grande convinzione, disse: — Ascoltate la ragione, ve ne prego. Voi e gli altri scienziati sarete i personaggi più in vista, nella nuova società. I vostri figli riceveranno le migliori cure genetiche e gliele procurerete voi stessi.
— Fino a che qualcuno deciderà che non gli va quello che facciamo o quello che pensiamo — disse Lou. — Questo governo ci ha cacciati in esilio, ma i vostri amici potrebbero non essere altrettanto miti.
Marcus si abbandonò nella poltrona, come se si desse per vinto.
— Non ho tempo per discutere con voi. Andremo avanti e voi non potrete certo fermarci. Se non la smettete di intralciare il nostro progetto biochimico, avrete dei guai.
— No, non lo farò — scattò Lou. — Avevate bisogno di me per portare a buon fine l’ingegneria genetica, vi ricordate? Il punto è proprio qui. Cogliete pure di sorpresa il governo, abbattetelo, impadronitevi del mondo intero, ma senza l’ingegneria genetica voi non riuscirete mai a dominare il mondo. Adesso comincio a capire come funzionano le vostre teste, e adesso so perché l’ingegneria genetica è tanto importante per voi. Volete comandare a tutti, vero? Fare dei vostri figli dei superuomini, e trasformare gli altri in schiavi. È così?
Marcus scosse la testa. — Non è precisamente così. Voi ne fate…
— Una cosa losca. Infame e losca. Esattamente quello che è. Voi però ne avete bisogno e dunque avete bisogno di me. Io sono l’uomo chiave, me l’avete detto voi stesso.
— Ci sono altri…
— E allora perché mi avete sottratto all’esilio? Perché ci vuole almeno un anno per arrivare al punto a cui sono giunto io. Sono in grado di abbracciare l’intero problema dell’ingegneria genetica, e molte di queste nozioni le ho in testa, e non nella memoria del calcolatore o nei miei appunti. Perciò non cercate di minacciarmi, se non volete aspettare un anno o forse più, prima di poter dominare la futura generazione.
Marcus si appoggiò allo schienale con un’espressione più addolorata che irritata. Scuotendo stancamente la testa, disse: — Non vi rendete ancora conto, a quanto vedo, di chi avete di fronte. Ma perché credete che ci siamo dati tanto da fare per trovare quella vostra ragazza bionda e portarcela qui? Non è necessario che minacciamo voi. Ma se vi preoccupate tanto di quello che faremo al vostro prezioso gorilla, provate a immaginare che cosa potrebbe succedere alla ragazza. Cose indubbiamente molto spiacevoli per lei. Davvero molto spiacevoli.