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Lou bloccò il veicolo, scivolò a terra, e si rannicchiò dietro la fiancata. Una luce si accese davanti alla casa. Due guardie osservarono la macchina. Lou estrasse la pistola e alzò la sicura.

Le guardie, a quanto pareva, non si erano accorte della sua presenza. Stavano avvicinandosi lentamente all’auto. Lou si alzò di scatto e fece fuoco sparando al di sopra del veicolo. Si sentì una serie di crepitii secchi quando centinaia di joules di energia elettrica si trasformarono in impulsi invisibili di luce laser infrarossa. La prima guardia fu rovesciata all’indietro, come se fosse stata colpita in pieno petto dal pugno di un gigante. La seconda girò su se stessa e crollò a faccia in giù. Una volta a terra, non si mossero più.

Lou rimise la sicura con mani tremanti e si infilò la pistola nella cintura. Poi si impose di avvicinarsi ai due uomini e di prendere le loro armi. Respirano ancora. Quando tornò alla macchina si sentiva meglio. Buttò le pistole delle due guardie sul sedile anteriore.

Mezzanotte e cinque. Si sta facendo tardi. Si rimise al volante. Accese i fari e vide la strada che scendeva al porto.

È il momento giusto per l’azione diversiva. Respirò a fondo, poi girò la chiavetta dell’accensione. La turbina si accese. Lou premette l’acceleratore fino in fondo. Il motore tossì, poi rombò fortissimo. Nella casa si accesero le luci.

Premette ancora l’acceleratore, innestò la marcia e l’auto si precipitò rombando giù per la strada. Gli alberi e i cespugli che la fiancheggiavano si agitavano violentemente, al passaggio del veicolo, e il vento schiaffeggiava con forza Lou, mentre lui scendeva a rotta di collo la strada tortuosa verso il porto. Intanto le luci si accendevano anche laggiù, e negli alloggiamenti delle guardie.

La macchina piombò con grande fracasso sul piazzale, entrò a razzo nella zona del porto e si fermò con una violenta frenata ai piedi dell’unico molo. All’estremità del pontile era legata una piccola imbarcazione. Il compito di Lou consisteva nel far credere che voleva abbandonare l’isola a bordo di quella barca.

Gli uomini sbucavano nel buio da diversi edifici, gridando in lingue incomprensibili. Lou passò dietro la macchina, alzò il cofano e cercò il condotto del carburante. Lo strappò e sentì il liquido scorrere tra le dita. Allora tornò al sedile anteriore, afferrò le due pistole e sparò diversi colpi nel motore, arretrando rapidamente lungo il molo, mentre faceva fuoco.

Al terzo colpo fece centro, e fiamme violente scaturirono dalla macchina.

Lou si gettò di corsa lungo il pontile, mettendo tra lui e gli inseguitori la macchina in fiamme. Sull’imbarcadero di legno c’era, da un lato, una catasta di cassette da imballaggio. Lou ci si nascose dietro. Aveva di fronte il turbocar in fiamme e, attraverso le ondate di calore che si levavano dal rogo, vedeva gli uomini correre all’impazzata sul piazzale, alcuni con le armi in pugno, avvolti dalla luce rossa dell’incendio. Alle sue spalle c’era il porto, con la barca legata all’estremità del pontile.

Qualcuno però aveva già pensato alla barca. Lou sentì uno strano rumore e, subito dopo, un rovinio di vetri rotti. Si voltò e vide che una grossa sezione del parapetto dell’imbarcazione volava a pezzi, tra nuvole di vapore. Il fucile laser! Fanno a pezzi la barca perché non possa servirmene. Forse credono che sia già a bordo.

Poi un altro pensiero: Appena mi scoprono, mi spareranno addosso con quei fucili!

Lou si sforzò di rimanere perfettamente immobile, minuscolo mucchietto di umanità spaurita, rannicchiato dietro le cassette, cercando di essere completamente invisibile o per lo meno di passare inosservato il più possibile. Lunghi minuti trascorsero. Il rogo della macchina si spense, la barca si inclinò su un fianco e si inabissò gorgogliando.

Sul molo era tornata la quiete. Era difficile, adesso, riuscire a vedere qualcosa; comunque, nel momento della massima confusione, decine di guardie erano state sguinzagliate in giro. Lou sapeva di essere in trappola e di non avere scampo. Ma non era ancora il momento. Era stato colpito da una scheggia al piede sinistro, che adesso gli faceva male. Anche le mascelle erano indolenzite, a forza di tenerle strette. Si chiese che cosa facesse Kori in quel momento.

Sarà opportuno che faccia altro baccano, pensò. Forse le guardie sono convinte che mi trovassi a bordo della barca e che a quest’ora sia già annegato. Però se esco allo scoperto è come se li invitassi a spararmi addosso.

Scosse la testa. Prima o poi, caro il mio eroe, ti scopriranno. Il tuo compito, adesso, è di fare più chiasso possibile, di distrarre la loro attenzione da Kori.

Aguzzando gli occhi nel buio riuscì a distinguere una fila di bidoni, probabilmente di carburante, allineati lungo la banchina a pochi passi dal pontile. Erano una decina e si trovavano a circa cinquanta metri di distanza. Un bersaglio facile.

Al quinto colpo, finalmente, uno dei bidoni esplose, incendiandosi. In un istante, tutti gli altri saltarono.

Le grida e l’andirivieni ripresero immediatamente. Però nessuno pensava a sparare addosso a Lou. Correvano tutti chi verso il rogo, chi per allontanarsi dalle fiamme. Lou non perdeva di vista le guardie. Tipi in gamba, niente da dire. Dopo il primo momento di sorpresa, avevano affrontato le fiamme con estintori a mano, con coperte, con tutto quello che capitava loro a tiro. Finalmente qualcuno arrivò con un estintore schiumogeno e gli uomini si misero a domare l’incendio con ondate di schiuma candida. Ma tutto questo richiedeva tempo, molto tempo.

Il rogo era ormai ridotto a un mucchio fumante, quando Lou sentì: — Christopher! Lo so che siete sul molo. Arrendetevi, non avete scampo. — Era la voce di Marcus.

Lou per poco non scoppiò a ridere. Marcus non sembrava né irritato né spaventato, e nemmeno molto sorpreso. Parlava con la stessa calma del primo giorno in cui si erano conosciuti. Era chiaro che non sapeva ancora che cosa gli stava preparando Kori e neanche che Bonnie era nascosta. A meno che non abbia catturato Kori e Bonnie, e che la partita per noi non sia perduta.

— Christopher, non voglio che finiate ammazzato. Venite fuori e piantiamola con queste sciocchezze.

Come un maestro che sgrida lo scolaro, pensò Lou.

— Non potete sfuggirci, Christopher. Sappiamo che vi nascondete dietro le cassette. Vi… — La voce s’interruppe.

Lou sbirciò da dietro le casse. Marcus stava ascoltando una guardia, che gesticolando gli indicava qualcosa lungo la strada, dall’altra parte dell’isola.

— Allora siete d’accordo tutt’e tre! — La voce di Marcus adesso era stridula. — E va bene, scopriremo gli altri due e li porteremo qui. Allora vedrete che cosa ne sarà di loro.

— Marcus! — chiamò Lou.

Tutti, sul molo, s’irrigidirono. Lou si accorse che era quasi l’alba. C’era abbastanza luce, ormai, per vedere l’intero piazzale del porto.

— Marcus, non hai ancora pensato che magnifico bersaglio rappresenti?

Marcus fece un salto indietro.

— No, non muoverti! — gridò Lou. — Nessuno si muova! Un solo gesto e ti faccio fuori, Marcus. E lo farò!

Marcus rimase immobile sulla banchina. Era in piena vista: la guardia più vicina si trovava a un metro di distanza e il riparo meno lontano era la carcassa carbonizzata dell’auto a una decina di metri. Lou si augurò che nessuno dei presenti pensasse a quanti colpi ci sarebbero voluti per fare centro, da quella distanza.

— Christopher, non riuscirai ugualmente a scappare.

Lou sorrise: — Non ci riuscirò?

Quasi in risposta, la cassa che aveva di fronte andò in briciole, con un fragore assordante e una pioggia di schegge. Lou ebbe l’impressione di volare per aria, al rallentatore, di ricadere al di là del pontile, mentre la terra verde oscillava violentemente e l’acqua ancora più verde gli veniva incontro. Quando finì in acqua perdendo i sensi, l’ultimo pensiero cosciente fu che lo sparatore non aveva centrato la sua testa soltanto per un centimetro.