— Non c’è dubbio che il governo sarebbe altamente soddisfatto se passassimo tutti a miglior vita, tranquillamente, senza far baccano. È esattamente quello che vogliono laggiù, sulla Terra.
— Già.
In quel momento si trovavano nella zona oscurata del corridoio. Greg si fermò davanti all’oblò. Laggiù la Terra dondolava lentamente, maestosamente, in ritmo con la rotazione del satellite.
— È questo che rende tutto così difficile — disse Greg, guardando il pianeta. — Vederla laggiù. Sapere che si trova soltanto a poche centinaia di chilometri…
Lou lo afferrò per un braccio. — Vieni via, lascia perdere. Andiamo a prendere un caffè. Torni dentro per parlare con Kori? Sarà in Consiglio alle nove e mezzo.
Staccandosi a fatica dall’oblò, Greg disse: — Lo so, ma non tornerò là dentro. Quei tipi mi fanno venire in mente ogni giorno più una conventicola di becchini. Ho la netta sensazione che diventerò matto, e anche molto presto.
Lou tento di ridere, ma la risata suonava falsa.
Fu una giornata completamente vuota. Lou la impiegò gironzolando lungo i vari piani del satellite, ruota dopo ruota. Scovo una biblioteca, un piccolo auditorium, alcuni telescopi e altri apparecchi astronomici, sparsi qua e là. C’era anche, in uno degli anelli più piccoli e più interni, un giardino idroponico, che occupava l’intero spazio della ruota. Il grande evento della giornata fu assistere all’attracco, a uno dei portelli principali del satellite, di un razzo-spola che portava viveri freschi e medicinali.
Lou chiamo Bonnie per andare a pranzo e si recarono assieme alla tavola calda.
— Sai dov’è Kori? — chiese Bonnie, quando ebbero posato i vassoi sulla tavola.
Lou scosse la testa. — E non andrò a cercarlo. Per una volta tanto desidero averti con me, da sola.
Lei gli sorrise.
Mangiarono, senza avere molte cose da dirsi. Alla fine, mentre giocherellava con il budino, Lou sbottò: — Ma è tremendo! Deprimente! Veramente orrendo… Come è possibile che in nome del buon senso siamo costretti a sopportare questo? A passare il resto della nostra vita in questo modo!
Lei gli prese le mano. — Lou… ti stanno guardando.
— Bonnie, va’ via di qui. Di’ che te ne vuoi andare, con il primo razzo. Non rimanere quassù. Vattene finché puoi.
— Adesso è brutto, Lou — disse lei, tranquillamente, cercando di calmarlo. — Ma poi andrà meglio. Sono sicura che sarà così. Adesso sono ancora tutti scossi, non sono ancora abituati a questa vita. Poi andrà meglio.
— No, andrà peggio. Lo sento. Sono tutti così disperati… Non hanno più uno scopo, non hanno niente per cui vivere!
— Si adatteranno — disse Bonnie. — Anche noi ci abitueremo.
— Noi?
In quel preciso momento, Kori, dinoccolato, allampanato, entrò nel locale e li vide. Si diresse lentamente al loro tavolo, con un largo sorriso. — Vi ho cercato dappertutto.
Alzando gli occhi a guardarlo, Lou sbottò: — Ma come fai a essere così allegro?
Kori si strinse nelle spalle. — Ecco… ho buone notizie per te. Secondo Greg Belsen, sarai contento di sentirle. Però, se non vuoi che te le dica…
— Sì… sì, va bene. Accomodati e dammi le buone notizie. — Lou suo malgrado, sorrideva a Kori. — Chissà che non ne faccia buon uso.
— Dunque… a bordo del razzo di oggi, c’erano i miei ologrammi. Quelli dello Starfarer. Il dottor Kaufman ha detto che potrei proiettarli stasera, così tu non avrai da parlare delle tue gloriose avventure.
— Magnifico! — disse Lou. — La notizia migliore della giornata.
— Greg mi ha detto che ti avrebbe fatto piacere.
Lou accompagnò Bonnie alla sua cabina, mentre Kori andava a cercare il compartimento speciale trasformato in studio Tri-Vi.
— Non puoi restare qui, in prigione — disse Lou, mentre percorrevano il corridoio. — Non te lo permetterò.
— Ma non posso tornare sulla Terra sapendo che tu e gli altri siete intrappolati quassù. Non posso, Lou.
— E credi che io stia meglio, sapendo che tu rimani quassù perché ti dispiace per me?
Erano arrivati alla porta di lei. — Non lo so — disse Bonnie. — È una brutta faccenda, da qualunque parte la si prenda.
Lou annuì.
— Hai voglia di venire a vedere le riprese di Kori? — chiese la ragazza.
— Sì, oggi pomeriggio ho cercato di guardare lo spettacolo Tri-Vi trasmesso dalla Terra. Tutte cose che facevano star male: commedie, storie d’amore, attualità, e tutto si svolgeva tra città, alberi, montagne, venti e…
— Basta! — gridò Bonnie.
Lui la guardò. — Fa male — disse.
Lei gli passò un braccio attorno e gli posò la testa sulla spalla.
— Lo so che fa male, Lou. Lo so.
Un altoparlante dal soffitto annunciò: — La trasmissione speciale delle fotografie scattate dalla missione Starfarer avrà inizio tra cinque minuti.
Bonnie si raddrizzò, diede rapidamente un’occhiata a Lou, poi si voltò per aprire la porta.
Si sedettero uno vicino all’altro sul divano letto, l’unico posto in cui fosse possibile sedersi in quell’ambiente troppo piccolo, e rivolsero l’attenzione allo schermo sulla parete opposta alla porta. Sentirono la voce di Kori che spiegava le varie immagini, e ammirava le stelle, le miriadi di stelle. Rividero Alpha Centauri, ammirarono il grosso pianeta verde e giallo con le sue nuvole candide.
Improvvisamente, Lou scattò in piedi, gridando: — Le stelle! Ecco la via di scampo! Le stelle!
Gli pareva che una maschera pesante gli fosse caduta dagli occhi.
Bonnie era in piedi, accanto a lui, con gli occhi sgranati per la sorpresa. — Che cosa c’è, Lou? Cosa c’è che non va?
Lui l’afferrò, la sollevò da terra e la baciò.
— Le stelle, Bonnie! È questa la nostra via di scampo, il nostro scopo. Invece di rimanere qui, in esilio, potremo andarcene! Dritto verso le stelle! Questa prigione sarà la prima nave spaziale dell’umanità!
XXI
— Assolutamente impossibile — disse il dottor Kaufman.
Lou era in piedi, in fondo al tavolo delle riunioni, nello studio di Kaufman. Kori gli era seduto accanto. I membri del Consiglio mostravano tutti i vari tipi di emozione: dallo scetticismo pensoso al disprezzo più scoperto.
— È assolutamente impossibile! È la proposta più assurda che abbia mai sentito — continuò il dottor Kaufman.
Lou si controllò. — Perché dici così? Il progetto è tecnicamente possibile.
— Trasformare l’intero satellite in una nave spaziale. Dargli un’accelerazione pari a quella dello Starfarer, se non di più? Sciocchezze!
— Con i motori a fusione che siamo in grado di costruire — disse Kori, — è possibile accelerare questa sequenza di ruote e farle raggiungere Alpha Centauri in meno tempo dello Starfarer. Dopo tutto, lo Starfarer è stato lanciato due generazioni fa, e si trattava di una nave primitiva rispetto a quello che siamo in grado di produrre adesso.
— Le vostre riprese, però — disse Mettler, uno degli europei membri del Consiglio di Kaufman, — hanno dimostrato che i pianeti di Alpha Centauri non sono sufficientemente simili alla Terra per servirci da nuova patria.
— Siete fuori strada — ribatté Lou. — L’importante è che Alpha Centauri abbia dei pianeti. La stella di Barnard ha anche lei dei pianeti, e sono stati visti dalla Terra. Tra le stelle più vicine, sette hanno pianeti, e uno di essi, con tutta probabilità, è abbastanza simile alla Terra, per essere adatto a noi.
— Sì, lo so. Comunque, ci vorrà un secolo se non due, per scoprire un pianeta identico alla Terra.