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Il Polo Femminile ebbe un gesto sorpreso, quasi sdegnato, e fece un passo indietro. Disse qualcosa in fretta al Polo Maschile, che le rispose in tono garbatamente contrariato, e fra i due ci fu quello che sembrava un languido battibecco.

Jal si fissava le punte delle scarpe, e Kirtn ne approfittò per avvicinarsi a Rheba fino a sfiorarle una spalle. Poi si rivolse al mercante:

«Che cosa stanno dicendo?»

Jal apparve preoccupato. «Lei è gelosa della Pelosa di Lui. E Lui è geloso …,», diede un’occhiata a Rheba, «… del tuo Bre’n, ma doppiamente, perché non vuole fargli toccare la sua Pelosa, e neppure che vada a letto col Polo Femminile. Inoltre Lei è gelosa anche di te, a quanto pare, perché ha capito che fra te e Kirtn c’è un legame stretto».

A quella spiegazione Rhebà non seppe se mettersi a ridere oppure irritarsi ancor di più. Appoggiò una tempia contro una guancia di Kirtn,. in una carezza che le costò un’occhiataccia da parte del Polo Femminile.

«E in conclusione?» chiese, seccata dalle spiacevoli bramosie della pericolosa coppia.

«Aspettiamo che alla conclusione ci arrivi il Loo-chim», borbottò Jal.

Dopo un poco il Polo Femminile ebbe un gesto imperativo e schioccò le dita sotto il naso del compagno, che fece uno svogliato cenno di negazione. Ma Lei continuò a far schioccare le dita, rabbiosamente, finché l’altro ebbe l’aria di cedere. A questo punto il Polo Femminile indicò ancora a Jal di portare via la ragazza.

«Ti va male, Liscia», disse il mercante. «Vuole che tu sia portata nella Fossa. Andiamo».

«No!», disse Kirtn.

Il suo tono piatto e intenso al tempo stesso fu riecheggiato stranamente dalle felci del ruscello. Jal tirò il suo, guinzaglio, e il sàngue colò sulla pelle vellutata, ma i Bre’n non si mosse.

«Ascolta me, Peloso: se punti i piedi non può venirtene niente di buono», sospirò l’uomo, più scoraggiato che seccato. «Ringrazia il cielo di non essere tu quello che va nella Fossa».

Kirtn lo ignorò, e modulò una frase a Rheba in linguaggio fischiato: «Qualunque cosa io faccia, non mi contrastare».

Perplessa la ragazza sbatté le palpebre, e fischiò un assenso.

Il Bre’n si piantò allora davanti a Jal. «Fareste meglio a ucciderci tutti e due, qui e subito. Se veniamo separati, moriremo comunque».

L’altro mandò un mugolio. «Non farmi tanto il sentimentale, Peloso. Magari verserete qualche tremula lacrimuccia, ma poi vi farete dei nuovi amici. Così è la vita. Mamma non te l’ha insegnato, povero cuoricino?»

«Tu non capisci», ringhiò il Bre’n. «Le nostre due razze sono simbiotiche: senza il mutuo trasferimento di sostanze enzimatiche particolari, finiremo col morire».

Rheba fissò il compagno con uno scintillio di ammirazione negli occhi, e annuì con forza verso Jal. Ma questi ribatté:

«Non raccontarmi balle, amico. L’altra Pelosa non ha detto proprio nulla su questa storia della simbiosi. Né lei, né il ragazzino».

La ragazza scambiò un’occhiata delusa col Bre’n. Entrambi s’erano dimenticati di quel particolare. Subito però Rheba si mostrò sconvolta. «Vuoi dire … santo cielo! Avete separato il ragazzo della mia razza dalla donna Bre’n? Rispondi».

«Mi sembra di no, se ricordo bene», borbottò Jal. «Già … qualcuno ci ha provato, è vero, ma quella ha cominciato a dare in smanie».

«Forse che tu reagiresti diversamente, se vedessi che qualcuno ti sta condannando a una tortura infernale?», esclamò Rheba vivacemente. «È una cosa orrenda. È la morte più spaventosa della galassia!»

«Rheba», fischiò Kirtn. «Adagio con le bugie. Meno si sente, e meno si rischia d’essere colti in fallo».

Lei annuì d’appena, poi scosse le spalle. Osservando la reazione di Jal fu soddisfatta nel vederlo almeno pensoso.

«La galassia è un posto strano», mormorò il mercante. «E cose strane vi accadono. Chi sono io per negarlo? Ma … trasferimento di enzimi! Come può avvenire?»

Kirtn accostò il viso a quello di Rheba e fischiò piano: «Mi spiace, ma è tutto quello che ho saputo inventare». Poi aggiunse: «Ora non contrastare quello che faccio, piccola Danzatrice del Fuoco».

E prima che la ragazza capisse quali erano le sue intenzioni la baciò sulla bocca come un amante. Stupefatta lei non oppose resistenza. Nella prima gioventù trascorsa su Deva aveva conosciuto un poco il contatto fisico con ragazzi Senyasi, suoi compagni di gioco. Ma non aveva mai, neppure una volta, pensato al suo Mentore Bre’n come un maschio. E questo non per ingenuità, bensì per una sorta di blocco mentale: da quando Deva era stato incenerito, inconsciamente ella aveva fatto di tutto per non pensare a sé stessa come una femmina, quasi che volesse considerare morta anche una parte della sua anima.

Gentilmente Kirtn ritrasse le labbra, e nascose il suo struggimento nel vedere che la ragazza aveva reagito al bacio con l’immobilità di una statua. Si volse ancora a Jaclass="underline" «Questo è il modo in cui avviene il trasferimento di enzimi», disse in tono piatto.

L’altro inarcò un sopracciglio. «Trasferimento di enzimi, eh? Dalle mie parti lo chiamano in un altro modo. Ma ogni giorno se ne impara una nuova».

Gli occhi di Kirtn divennero braci spente in cui si leggeva una promessa di vendetta. Non disse altro. Un po’ a disagio Jal gli volse le spalle e osservò il Loo-chim, come soppesando il rischio d’incorrere nella sua ira e la possibilità di vendergli due schiavi invece di uno soltanto. Sospirò e parlò ancora in tono suadente, ragionevole.

Né il Polo Maschile né il Polo Femminile parvero apprezzare quel che aveva detto. Il Lui-Lei fissò i due schiavi, poi Jal, e quindi sé stesso. Poi Lui parlò con un sorrisetto acido, e subito dopo Lei aggiunse qualcosa con identico tono ed espressione del viso. Infine ambedue mossero una mano in gesto di congedo. Jal s’inchinò rispettosamente.

La sfera di vetro si riempì di nebbia turbinosa, e quando questa si dissolse la coppia era scomparsa. Le felci emisero una nota cristallina simile a un sospiro di sollievo, e perfino il ruscello sembrò scorrere con maggiore vivacità. Lo sguardo di Mercante Jal rivelava una certa soddisfazione, e palleggiò fra le mani i due guinzagli sorridendo.

«Il Loo-chim è generoso», disse. «Talvolta è indeciso fino all’esasperazione, ma generoso. Se voi due sopravviverete al Recinto, l’Imperiale riprenderà in considerazione questa storia degli enzimi e della vostra separazione. Potete ringraziare me, per questa possibilità».

«Sei così carogna che non riesco neppure a odiarti», mormorò lei.

Rheba era però meno spaventata di prima. Si accostò a Kirtn e gli poggiò la fronte su una spalla, come a fargli capire che era molto contenta di poter stare con lui e che il resto non contava.

«Sei ancora lontana dall’essertela cavata», disse Jal. «Prima dovrai sopravvivere all’Addomesticamento, poi dovrai trovare un’Azione. Il Loo-chim non ha alcun tipo d’impiego per te, ma se mostrerai qualche abilità particolare forse ti troverà un posto nella Concatenazione».

Vedendola quasi indifferente il mercante ebbe un gesto seccato e continuò: «Se t’illudi di farcela ripetendo lo scherzetto che hai usato al Caos, toglitelo dalla testa. Qui ci sono allievi illusionisti che sanno fare assai di meglio». La sua voce s’indurì. «Ma se sopravviverai all’Addomesticamento, manderò io qualcuno ad aiutarti per l’Azione».

Rheba gli rivolse una smorfia sprezzante, tuttavia l’altro era un esperto nel leg’gere i pensieri sulla faccia degli schiavi.

«Non sei fortunata, cagnetta Liscia. Il Polo Maschile ha comprato il ragazzino della Pelosa, e quello che il Loo-chim ha, nessuno può levarglielo. Eri venuta per liberarlo, e tutto ciò che hai trovato qui è stato una catena da schiava intorno al collo».