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«So tutto quel che sapeva il mio maestro, e i maestri di lui e dei miei antenati. Conoscenze trasmesse per via orale, insomma. Però sono rimasto qui nel Recinto un bel po’ di tempo, e puoi credermi se ti dico che in un posto come questo non s’impara molto. È freddo, e per lo più ho trascorso il tempo dormendo. Quando qualcuno s’avvicinava lo spaventavo con la mia imitazione del Darkzoi».

Il piumaggio del rettile tornò dorato, mentre strisciava più vicino a Kirtn. Gettò un’ultima occhiata ai ragazzini Gelleani che parevano dotati di un’anormale capacità di far baccano, e parlò a voce più alta:

«La mia gente non ha imparato molto dai Mercanti Espansionisti. Ci usavano come macchine, e nessuno perde tempo a educare una macchina o a chiacchierare con lei. Così nei periodi d’inattività i miei antenati dormivano, sognavano, e ogni tanto qualcuno diventava pazzo». Le sue piume si agitarono mestamente. «È triste parlare soltanto per tradurre quel che dicono gli altri, e quando trovo qualche amico forse esagero».

«Non esageri affatto. E sei bello», lo consolò il Bre’n.

Fssa sibilò un ringraziamento. Nel frattempo i ragazzini Gelleani s’erano avvicinati, e Kirtn dovette allontanarli a gesti da Rheba perché non la svegliassero. Uno di essi corse ad afferrare un pezzo di roccia che sporgeva dalla melma, e vedendo che poteva smuoverlo prese a svellerlo con movimenti energici ed intenzioni note a lui solo. Qoando il sasso si rovesciò, la parte che era stata a contatto del suolo rivelò una struttura cristallina scintillante di colori, e il bambino la esaminò eccitato. Subito accorsero i suoi compagni di gioco, che cominciarono a litigare per il possesso dell’oggetto. Trenta metri più in là un adulto sorvegliava con sguardo indulgente che non si picchiassero più del lecito.

D’un tratto un fischio di Fssa richiamò l’attenzione di Kirtn dalla parte opposta, su un altro gruppetto in avvicinamento alla zona di tregua. Anche Rheba lo udì, già mezza desta a causa del chiasso dei Gelleani, e si tirò a sedere con un mugolio. La ragazza controllò la situazione con occhi gonfi di sonno, poi si grattò le nuove Linee di Potenza apparsele il giorno prima lungo le braccia.

I nuovi schiavi erano in sette, quattro uomini di pelle liscia e tre donne coperte di peluria. Erano umanoidi di media statura, eccezionalmente robusti, ed a Rheba parvero quasi tutti feriti. Si muovevano però con tranquilla sicurezza, avanzando con passi che rivelavano una forte struttura scheletrica e muscolare.

«Conosci la loro razza?», chiese Kirtn a Fssa.

Il serpente non rispose. Si stava concentrando sulle voci dei sette, appena udibili, ed il suo corpo aveva ancora mutato forma. Il Bre’n giudicò che il gruppetto sarebbe giunto al pozzo di lì a cinque minuti, vista la lentezza con cui procedeva. Poco dopo una delle tre umanoidi, una donna dalla cortissima pelliccia scura, barcollò e cadde a terra.

Il Bre’n s’era già mosso per andar loro in aiuto, quando un fischio di Fssa lo fermò: «No. Guarda!»

Da una macchia d’arbusti appena fuori dei due circoli erano emersi alla spicciolata nove individui di razze diverse, barbuti e sporchi, che sbarrarono la strada ai sette con l’atteggiamento di chi non ha fretta. La loro sicurezza spavalda risultò chiara quanto le loro intenzioni allorché si. schierarono sul sentiero. Quelli che sopraggiungevano si limitarono a rialzare la loro compagna e continuarono ad avanzare.

Dietro le spalle di Kirtn i ragazzini Gelleani strepitavano, frustrando i tentativi di Fssa che cercava di distinguere i linguaggi dei due gruppi di schiavi. Il Bre’n sentì su una spalla una mano di Rheba e la strinse, poi si accigliò, accorgendosi che la ragazza doveva avere qualche linea di febbre.

«Come ti senti?»

«Sto benissimo», mentì lei.

Kirtn la prese per le spalle, e al suo gesto, lungo le braccia di lei scivolarono lievissimi bagliori d’energia. Lui scostò subito le mani. «Controllati, santo cielo!» La esortò. «Non hai ancora recuperato. Ti occorre altro riposo».

«Va bene, ma più tardi».

Carica di energia elettrostatica, la chioma le ondeggiava, e le cellule del suo corpo non trattenevano neppure quel poco che assorbiva dalla cupola del campo di forza senza quasi farci caso. Osservò i sette che sopraggiungevano in cerca di salvezza, e si chiese cos’avrebbe potuto fare per aiutarli. In quelle condizioni fisiche per lei poteva essere pericoloso maneggiare energia.

Il gruppetto s’era accorto della vicinanza del pozzo, nonché dello sbarramento di avversari, ma nessuno di loro parve eccessivamente emozionato.

«Sembrano storditi, o sono degli sciocchi», borbottò Kirtn. «Questi bastardi li stanno aspettando sul sentiero. È un passaggio obbligato, chiuso fra cespugli molto fitti, e dovranno battersi».

Fssa esibì un altro mutamento, tornando un disco scintillante. Poi ebbe un fischio d’irritazione, quando i nove individui strinsero le file impedendogli di vedere gli altri. C’erano trenta metri scarsi fra loro e il gruppo di predatori, e altrettanti fra questi e i sette che si avvicinavano. Kirtn sollevò il serpente e se lo mise su una spalla.

I Gelleani adulti gridarono qualcosa ai quattro bambini, che correvano qua e là senza pensare ad altro che ai loro giochi indiavolati. Una di essi, una femmina, s’era impadronita della roccia cristallina, e si difendeva a calci da quelli che volevano strappargliela. Il gioco si trasformò in una battaglia vera e propria, finché uno degli adulti cominciò a urlare imbestialito. I ragazzini tacquero.

Nella pausa di silenzio, fu possibile udire le voci di due schiavi che confabulavano e si preparavano alla lotta. Rheba si volse, sorpresa nel sentire che Fssa forniva a Kirtn una traduzione in universale pressoché istantanea.

«… e io ti dico che sono J/taals», stava sbraitando un umanoide alto e nerboruto. «Gli uomini sono Lisci e le donne Pelose. Non lo vedi?»

«E secondo te possiamo farcela», chiese nervosamente un compare, barbuto e tarchiato. «Se sono J/taals, dove hanno lasciato i loro dannati clepts?»

«Cosa?»

«I loro cani da guerra».

«Bah! Morti, probabilmente». L’individuo rise con cattiveria. «Loo è un posto fatto per duri, amico».

«Appunto», ringhiò l’altro. «I clepts sono schifosamente duri».

«E tu ne vedi?»

«No».

«Allora vuol dire che non ce n’è. Non fare il guastafeste».

«Sei certo che questi J/taals non siano sotto contratto?»

«Idiota! Se fossero sotto contratto non avrebbero potuto metterli nel Recinto, sicuro come il sole. Nessuno può catturarli vivi, quando hanno un contratto. Ma adesso non lavorano». L’uomo sghignazzò. «E questo vuol dire che non combatteranno neppure. Hai? capito?»

Gli J/taals avanzavano come se nessuno si fosse interposto fra loro e i due circoli azzurri. Sembravano non fare assolutamente caso alla presenza degli avversari schierati.

«Non combatteranno?», sussurrò Rheba, stupita. «Che significa?»

Kirtn si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea. È una cosa priva di senso».

A dieci metri dalla banda degli aggressori, gli J/taals si riunirono in un gruppo compatto, con la donna ferita al centro, poi si lanciarono avanti di corsa.

«Attenti, voi!», urlò il capo degli schiavi. «Cercano di passare fra noi. Afferrateli. Basta che agguantiate per un braccio uno di loro, e si darà prigioniero! …»

Le grida eccitate dei bambini Gelleani impedirono a Fssa di ascoltare e tradurre il resto di quegli ordini concitati.

Gli J/taals si scontrarono con la banda dei predoni, e non furono capaci di sfondare il loro sbarramento. Appena venivano afferrati, anche solo per una mano, invece di divincolarsi e combattere si arrestavano senza resistere, rendendo così ridicolmente facile agli aggressori avere il sopravvento. Questi non si limitavano a trascinarli via appena presi, ma con fredda e metodica ferocia li percossero finché gli sventurati caddero storditi sotto i colpi. Non un solo J/taal riuscì a raggiungere la zona franca. Quando due schiavi sbatterono a terra una delle tre donne, e la presero selvaggiamente a calci, la sola reazione dei compagni di lei furono gemiti e lamenti disperati.