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Kirtn e Rheba si scambiarono un’occhiata. Poi il Bre’n disse: «Conosciamo già questo nome. Ne sei sicuro?»

«Questa è la sola traduzione possibile, vista la frequenza a modulazione KFXZT con cui Arcobaleno comunica. È una modulazione non riproducibile a voce. E io sono il primo che sia mai riuscito a parlare con lui da moltissime migliaia di anni», aggiunse con orgoglio.

Rheba sbatté le palpebre, non del tutto certa d’essersi svegliata. «Zaarain … Se il Loo-chim lo sapesse, non l’avrebbe lasciato in quel fango».

«Ma …», Fssa smise di fischiare e passò alla lingua Senyas per esprimersi con maggior precisione. «Vedi, il fatto è che nessuno ha mai parlato con Arcobaleno. E lui ha bisogno di comunicare. Lui è stato creato per essere una banca dei dati … o meglio, potrei dire una biblioteca. Dunque ha necessità d’essere consultato. Questa è la sua natura: rispondere fornendo informazioni».

«C’è però un inconveniente», disse Rheba. «Quando comunica ci dà uno spaventoso mal di testa. E questo chiude l’argomento».

Fssa si contorse, a disagio. «Anch’io soffrivo come lui, quando ero solo. So cosa significa».

Kirtn stava guardando la piccola forma di Arcobaleno, poggiato sul suolo poco distante. «Una biblioteca Zaarain! Chissà quali meraviglie potrebbe insegnarci».

«La biblioteca di cui faceva parte era molto più vasta», precisò il serpente. «In realtà è solo un frammento di un antico impianto che in un’epoca dimenticata fu saccheggiato da mani barbare».

«E di che dimensioni era l’installazione completa?»

Il serpente assunse il colore ramato che indicava una certa perplessità. «Forse quanto il pozzo, forse più grande ancora. Arcobaleno stesso non lo sa. In lui restano frammenti sparsi e basta. Ha appena l’energia di tenersi in vita, ed è fin troppo, se si considera da quanto tempo è stato staccato dal complesso di cui faceva parte».

«Notevole. Una biblioteca degli Zaarain», ripeté Kirtn, colpito.

«Un mal di capo Zaarain», brontolò Rheba. «Io sono felice solo quando quel dannato coso dorme».

«No, non dorme mai», la corresse Fssa. «Però emette solo se gli vengono poste delle domande, o quando viene maltrattato molto».

«Bene. Ora siamo certi che i nostri dolori sono soltanto colpa tua serpente. Quindi non stuzzicarlo più».

Fssa tornò a una tinta corporea molto scura. «Voi potreste …», cominciò. La sua voce s’interruppe, tremula. «Ecco, potreste includerlo nella vostra Azione? In caso contrario saremmo costretti a lasciarlo qui, e un giorno o l’altro qualche Loo lo porterà in una gioielleria per tagliarlo come una gemma, e lui morrà. Rheba, per favore … certo una persona bella e buona come te può trovare un angoletto nel suo cuore da dedicare a un cristallo».

La ragazza ridacchiò. «Non adularmi, serpente. Ho già abbastanza guai, senza bisogno di dovermi anche occupare di un relitto Zaarain».

Fssa tacque, si mosse lentamente sul terreno verso di lei e le sfiorò con timidezza un polpaccio. Rheba finì per sbuffare a quella carezza. «Diavolo! … Se ci tieni tanto, vedrò un po’ cosa si può fare».

«E cosa dirai a Dapsl?», chiese Kirtn.

«Nulla. Proprio nulla. E se obietta qualcosa gli brucio tutti i capelli che ha in testa».

Il serpente brillò di colori metallici e sgargianti. Poi per la felicità emise sbuffi di piume iridescenti e si rotolò sull’erba. «Grazie!», trillò soddisfatto.

Kirtn rise. «Peccato che Arcobaleno non sia un re delle metamorfosi come te. Sarà difficile dargli una parte nello spettacolo».

Il serpente tornò liscio e argenteo. «Io credo … aspettate». Riprese di botto la forma di fungo, e parve comunicare con lo strano cristallo, quindi parlo in Senyas: «Credo proprio che Arcobaleno possa mutare aspetto, entro certi limiti. In realtà è un insieme di pezzi, e se vuole può variarne la disposizione a piacere».

«Ah!» Rheba si volse al compagno. «E tu che forma preferiresti dargli, per l’Azione?»

«Be’, una collana oppure oppure una corona, direi. Qualcosa di barbarico e vistoso, che si adatti alla mia parte di demonio chiuso in gabbia».

«Può funzionare», annuì Rheba. «A Dapsl diremo che è una creatura del Primo Popolo, cosicché ha diritto di partecipare all’Azione. Se tutto andrà bene resterà insieme a noi. Ma … per le Fiamme della Stella Maledetta! Guai a lui se mi farà a pezzi il cranio come ha fatto fin’ora!»

Fssa attendeva. La ragazza lo guardò e proseguì: «Va bene, dai pure la notizia al tuo amico. Però non lasciarlo parlare».

Intanto che lo Fssireeme e la creatura cristallina comunicavano, Rheba chiuse gli occhi e si prese la testa fra le mani cercando di ignorare le fitte di dolore. Come aveva sperato il colloquio durò poco, e infine Fssa riferì:

«Arcobaleno non è entusiasta di cambiare forma, ma lo farà. Ciò che lo spaventa, però, è d’esser lasciato cadere e finire a pezzi».

«Bah! Se tu non mi avessi giurato che era vivo, lo avrei spaccato io stessa già da tempo», brontolò lei.

Fssa le si attorcigliò dolcemente a una caviglia. «A lui spiace molto di avervi fatto soffrire. Abbiamo cercato una frequenza innocua per voi, ma invano»

«Questo non mi consola affatto».

A una cinquantina di metri da loro gli J/taals si stavano svegliando, e se anche avevano avuto mal di testa nel sonno ora ne erano dimentichi. Dapsl era in piedi accanto al pozzo, e aveva terminato di lavarsi la faccia e di ritirare un abito nuovo. Era occupato a ringhiare insulti verso i clepts. La foschia che chiudeva tutto il panorama intorno alla zona franca si schiariva, e il cielo assumeva toni arancione sempre più vividi.

«Un altro giorno nel Recinto», mugolò Kirtn. «Non sono nato per fare lo schiavo, mia cara».

«Neppure io mi sento Addomesticata, puoi credermi. E quando penso che quel piccolo bastardo con la pelle purpurea viene considerato umano, mentre tu no …» Lasciò la frase in sospeso, irosamente.

D’improvviso i capelli le si sollevarono crepitando come foglie secche. I suoi occhi ebbero uno sguardo stranito, poi si fecero vacui.

«Rheba!» Kirtn la afferrò per le spalle, allarmato. «Cosa ti succede?»

Lei non rispose né diede segno d’averlo udito. Intorno al suo corpo vorticava un cono di energia che si espandeva fino alla cupola del campo di forza, e che ruotava come una tromba d’aria. D’un tratto l’effetto cessò, e voltandosi Kirtn vide che accanto al pozzo era comparso un folto gruppo di persone. Portavano abiti elegantissimi e gioielli in abbondanza, avevano tutti un aspetto altezzoso e arrogante, e la loro pelle era quella azzurrina dei Loo d’alta casta.

«I compratori …», ansimò Kirtn, «Rheba, guardami. Svegliati … Danzatrice del Fuoco

Sferzata dalla sua voce, la ragazza uscì dallo stato di trance e lo fissò storditamente. Tremava ancora, scossa dal contatto con quell’energia. Alzò le braccia, come avida di sfiorare il campo di forza, e il sovraccarico di energia si disperse sotto forma di scintille elettrostatiche dalle sue chiome. Kirtn la fissava sbalordito.

«Va tutto bene», mormorò lei. «Non preoccuparti. È stato … è stato bello. Mi sento come rimessa a nuovo. Non avevo mai provato nulla di simile dal giorno in cui sedetti in mezzo al Circolo dei Danzatori del Fuoco».

L’altro annuì a denti stretti. «D’accordo, ma stai attenta. Un flusso d’energia di questo genere può rovinarti, con la stessa facilità con cui ti fa sentire rinnovata».

Lei sbatté le palpebre come se si risvegliasse allora da un lungo sonno. «Ci sono modi peggiori di morire. Mi chiedo se questa non fosse la stessa sensazione che provarono gli altri Danzatori, il giorno in cui l’energia da plasma solare si abbatté su di loro e li bruciò fino alle ossa».