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Il gruppo che era stato portato dinnanzi ai Chim era composto da quattro uomini, il cui aspetto fisico era identico a quello di Dapsl. Costoro si svolsero da intorno le trecce lunghi nastri colorati, li intrecciarono insieme con sorprendente velocità, e presentarono ai Signori il risultato: un quadrato di stoffa simile a una stuoia, largo poche spanne.

«La tessitura è considerata un’Azione?», domandò Kirtn a Dapsl.

«Qualsiasi lavoro artistico può essere considerato un’Azione. E Namerta è conosciuta per i suoi meravigliosi tessitori», rispose l’ometto con malcelato orgoglio.

Un paio di Chim palpeggiarono lo stuoino dei Namertani, e ad ispezionarlo con maggior scrupolo fu quello che li aveva imprigionati e portati lì. Dopo averne controllato la robustezza costui parlò alle guardie. Il vortice d’energia lampeggiò sui Namertani, che sparirono tutti e quattro nel solito modo.

«Accettati», commentò Dapsl con un sorrisetto. «Noi di Namerta siamo spesso inclusi nella Concatenazione. Nessun’altra razza può vantare la nostra abilità nella tessitura».

L’ometto aggiunse poi qualche altra frase nella sua lingua natale, e Rheba fischiò a Fssa una richiesta di traduzione: ma il serpente non aveva raccolto ancora abbastanza elementi di quel linguaggio per capirlo, cosicché tacque.

«Amico mio bello», fischiò ancora lei. «E la lingua dei Loos ti risulta comprensibile, adesso?»

«In buona parte sì», fu la risposta. «Però ci sono alcune cosette che non mi sono chiare. È una lingua che ha più forme».

«Vuoi dire una per gli schiavi, una per i padroni, una fra i membri della stessa casta, e così via?»

Fssa le comunicò che a suo parere era proprio così.

Nell’arena era stato fatto entrare un uomo di pelle liscia e chiara. Era un tipo comune, né bello né brutto e non particolarmente robusto, e Rheba si chiese cosa mai potesse avere di tanto interessante da presentare come Azione.

Ma subito, e con suo stupore, l’individuo mutò aspetto sotto ai suoi occhi, divenendo alto e muscoloso con l’intera epidermide coperta di peluria scura. I suoi occhi erano dorati e scintillanti, e attorno ad essi era comparsa una mascherina di setole auree. Sbigottita ebbe l’impressione che le venisse incontro, come se volesse raggiungerla e toccarla, e sentì un impulso travolgente che la spingeva verso di lui. Per qualche terribile istante fu tentata di correre ad abbracciarlo, di stringersi al suo corpo e di bruciare con lui in una fiamma di passione sensuale, e la violenza di quel desiderio la fece irrigidire.

Con un ansito si sforzò di distogliere lo sguardo, ma era incapace di resistere a quella sensazione irragionevole fatta d’erotismo puro.

«Che ti succede?», Kirtn le aveva afferrato una mano.

Rheba ebbe l’impressione di una scossa elettrica, quasi che il solo tocco di lui le risvegliasse una libidine vergognosa quanto incontenibile. Cieca e priva di mente gli si strinse addosso. Ma per sua fortuna Kirtn era un Bre’n, ed era esperto nel controllare emozioni di un genere che avrebbe rischiato di travolgerli e distruggerli entrambi. Sapeva che era troppo presto per esse, anche se da dopo la distruzione di Deva tutto stava accadendo loro più in fretta del previsto.

«Rheba!», sibilò.

La voce secca del compagno spezzò la presa che l’Azione dell’uomo aveva avuto su di lei. Rabbrividì, e le Linee di Potenza sotto la sua pelle persero pian piano lo splendore che avevano assunto.

«Io … sto meglio, ora», mormorò, col fiato mozzo. «Non so cosa mi sia successo».

Kirtn invece lo sapeva. Erano sensazioni che avevano tormentato spesso anche lui, sia nei sogni che da sveglio. Ma cento volte ormai s’era ripetuto che la ragazza era ancora giovane, dieci anni troppo giovane secondo gli standard di maturazione una volta in uso su Deva, e che non avrebbe potuto capire a fondo impulsi simili. Non aveva una madre Senyasi o una sorella Bre’n, che potessero spiegarle come risolverli e viverli.

Dapsl la fissava ironicamente. «Così tu reagisci alla bestialità di un Peloso, vero? … O di quello che ti appare un Peloso». Sogghignò alla vista della sua confusione. «È la prima volta che vedi un illusionista Yhelle, no? Il suo Talento è insolito, comunque, perfino fra gli stessi Yhelle: riesce a farti vedere e sentire non già quello che vuole lui, ma quello che per il suo subconscio è più eccitante e sensuale. Tuttavia costui non è granché bravo». Le indicò i Loos. «Solo le donne sono rimaste suggestionate, e tu hai perfino saputo vincere e annientare la sua illusione. Probabilmente è troppo immaturo per avere il pieno controllo della sua facoltà».

I Signori Loos di sesso maschile sembravano essere dalla sua stessa opinione, perché dopo aver brevemente discusso non offrirono nessun prezzo. La guardia spedì l’illusionista fuori dall’arena e si disinteressò di lui. Dopo aver esitato con aria delusa e preoccupata, lo schiavo si allontanò lentamente e scomparve fra la vegetazione.

Rheba teneva gli occhi al suolo, ancora rigida e scossa dopo aver scoperto in sé emozioni così animalesche e travolgenti. Da bambina aveva conosciuto la gioia e un ingenuo piacere coi suoi amichetti Senyasi, ma non aveva mai sospettato d’avere una capacità tanto forte di bruciare per un corpo mascolino. Si chiedeva dove un’illusione di quel tipo finiva e dove cominciava la realtà, quella realtà nascosta e latente in lei, della quale le mancava l’esperienza. Ora si domandava molte cose, e non aveva il coraggio d’interrogare su di esse l’unica persona che avrebbe potuto risponderle: Kirtn. La guardia venne a fermarsi di fronte a Dapsl e gli rivolse una frase secca e concisa. Rheba non ebbe bisogno di farsela tradurre, per sapere che era venuto il loro turno. Scacciò dalla mente l’illusionista Yhelle e i residui d’emozione che stagnavano in lei, e tornò a concentrarsi soltanto sull’Azione che avevano preparato.

Capitolo 15

IL DIAVOLO E LA PRIMA DONNA

Le trecce di Dapsl spazzarono la polvere dell’arena davanti ai suoi piedi, mentre rivolgeva un profondissimo inchino ai sofisticati aristocratici di Loo.

«Illustri Signore e nobili Signori», esordì con voce squillante. «Il mio gruppo ha l’alto onore di rappresentare una commedia di meraviglie e di sorprese. È la vera storia di ciò che accade in epoche perdute e lontane, quando i Diavoli regnavano sovrani sulla terre, al tempo in cui il Demone Divino creò la Prima Donna per punire un Re infido e ribelle».

Kirtn ascoltò l’introduzione dello schiavo con solo metà della sua attenzione. La prima volta che lo aveva sentito narrare certe leggende di Loo riguardanti la creazione del mondo se n’era stupito: a dar retta ad esse, centinaia di migliaia d’anni addietro i Loos erano stati pelosi come lui. E si sussurrava che ogni tanto ancora nascessero bambini coperti di peluria, invece che con l’epidermide liscia e azzurrina. Quelle nascite, tenute segrete, erano considerate un residuo genetico dovuto al Diavolo Re, sebbene la Prima Donna gli avesse dato schiere di figli non Pelosi. Leggende a parte, era assai probabile che su Loo si fossero stanziate razze diverse di umanoidi, dapprima Pelosi e in seguito Lisci, e che l’attuale tipo fisico fosse dovuto alla loro mescolanza.

«… per essere trascinata nel nero castello al cospetto del Diavolo Re. Egli era forte e coperto di fitta peluria, spietato e orgoglioso, e i suoi pelosi cortigiani erano astuti e predaci …»

Queste parole erano il segnale per far entrare in scena gli attori, e nell’arena corsero avanti gli J/taals seguiti dai clepts, scattando in piroette acrobatiche e facendo smorfie selvagge. I cinque mercenari si agitavano come in preda all’ira o all’eccitazione, ma i loro volteggi erano eseguiti con perfetto tempismo perché i clepts correvano fra essi a zanne scoperte. La scena era costituita anche per far pensare che gli animali avrebbero morso gli J/taals al minimo ritardo nei volteggi, e forniva così un filo di brivido. Dopo un giro completo dell’arena, i mercenari e i cani da guerra balzarono tutti da un lato e si congelarono in pose d’effetto, in attesa dei protagonisti.