«Sì. Lei si chiama Rheba, ed è Una Danzatrice del Fuoco. Abitavamo nella penisola di Tirrl».
«La verde Tirrl!», sospirò lei. «Dalla parte opposta del pianeta, rispetto agli altipiani di Semmadoh. Ma la morte scese uguale e terribile dappertutto».
«Non siamo tutti morti. Voi siete qui, e Rheba ed io vi abbiamo trovato seguendo le vostre tracce su tre pianeti diversi. Devono esserci altri. Li troveremo, ci uniremo a loro, e insieme costruiremo una nuova patria su un nuovo mondo. I Bre’n e i Seriyasi danzeranno ancora».
Il sorriso di Ilfn fu molto più triste di quel che gli sarebbe piaciuto, come se lei avesse già imparato a sue spese che gli schiavi non devono sperare troppo.
«Una Danzatrice del Fuoco? Lheket è un Danzatore della Tempesta. È molto forte …» Il suo fischiare scese alla chiave armonica inferiore. «Forse perfino troppo forte, per un ragazzino di soli undici anni».
Kirtn annuì. «Anche Rheba è forte. Ha Linee di Potenza sin dietro le spalle, e questo alla sua età è eccessivo».
Ilfn gli poggiò una mano su un braccio, quasi avida di toccarlo. «Credo che solo le Danzatrici e i Danzatori più forti ce l’abbiano fatta … o i più fortunati, forse». I suoi occhi parvero scurirsi al ricordo, poi scosse il capo scacciando quei pensieri. «Non credevo che Signore Puca avrebbe ascoltato le mie suppliche».
Kirtn la fissò interrogativamente, ed ella spiegò: «Gli ho chiesto se eri vivo, e ha risposto di sì. Allora l’ho pregato di lasciarci incontrare. Ma dapprima ha rifiutato, e mi ha percossa.» Lo vide stringere i denti e gli fece cenno di star calmo. «Non mi ha fatto niente. Nessuno di questi smidollati Loos può far davvero male a un Bre’n, a mani nude. E Signore Puca è debole come un lattante». Ebbe un sorrisetto crudele. «Già, il Polo Maschile è tenero e fragile, e quando verrà il momento lo voglio per me. Questo diritto me lo sono meritato, credimi».
«Quando verrà il momento? Che significa?»
Ilfn esitò, poi scrollò le spalle. «Suppongo di potertelo dire. Del resto, se non posso fidarmi dell’ultimo Bre’n rimasto in vita, tanto vale morire». Lo fissò intensamente. «Sto parlando di una rivolta».
«Quando, come, e quanti siete?», scattò lui, parlando in Senyas.
«L’Ultima Notte dell’Anno, la notte conclusiva della Concatenazione, durante l’Ora del Non-Tempo. È un’ora di caos. Conosciamo le chiavi verbali di tutte le porte principali nella zona chiusa. E c’è uno spazioporto a non molta distanza dall’anfiteatro della Concatenazione. Ruberemo un’astronave e lasceremo definitivamente questa fogna di pianeta».
Kirtn tacque. Non intendeva criticare quel progetto, un po’ per non offenderla e un po’ perché non ne sapeva ancora abbastanza. Ilfn sorrise, e nell’osservarla meglio Kirtn comprese che la donna doveva essere alquanto più anziana di lui.
«Non è la pazzia che potrebbe sembrarti», aggiunse lei. «Nella notte della Concatenazione c’è un’ora, dopo la mezzanotte, che per recuperare un difetto nel calendario di Loo viene considerata inesistente. È chiamata l’Ora del Non-Tempo. E durante quest’ora non esiste la Legge, non ci sono regole né autorità per farle rispettare, e gli schiavi vagano per le strade. L’anno nuovo inizierà soltanto al suo scadere. Fino a quel momento tutta la nobiltà di Loo e le loro guardie armate resteranno al sicuro nell’anfiteatro, a occuparsi delle Azioni lì rappresentate».
Kirtn rifletté qualche istante su quelle notizie. «Che genere di anfiteatro è?», chiese poi.
«È un’antica piazza, collegata alla zona chiusa da un tunnel». Ilfn passò a fischiare in Bre’n, emozionata. «Questo tunnel è pieno di stanze laterali e diramazioni, e non ci sono guardie. Potremmo stare nascosti là fino al termine dell’ultima Azione. Subito dopo comincerà l’Ora del Non-Tempo, e a questo punto agiremo. Chiuderemo tutte le porte dietro di noi, per non farci seguire da troppi schiavi, e correremo all’astroporto. Poi … via su un’astronave!»
«Se fosse davvero così facile, su Loo non ci sarebbe rimasto un solo schiavo», obiettò Kirtn.
«Facile o difficile, noi tenteremo!»
D’improvviso Kirtn avvertì una nota disperata nelle sue parole, una forte emozione che ella lasciava trapelare solo in quel momento, e si aggrondò. «Che altro c’è? Cosa mi nascondi?»
«Vedi … Lheket ha un difetto alla vista. Non ha più l’uso degli occhi, da quando lasciammo Deva. Forse si tratta di una forma di cecità isterica, causata da quello che ha visto. Comunque il punto è che lui ha bisogno di me, più che mai».
«Ah!», mormorò Kirtn. «Continua».
Ilfn aveva ripreso il controllo delle proprie emozioni, ma preferì poi tornare anch’ella al Senyas, per maggior precisione. «Lheket è ancora un ragazzino, ma è già alto quasi quanto me. E Signore Puca è geloso di lui. Non può credere che nessuno di noi Bre’n toccherebbe mai un Senyasi di quell’età, e specialmente il suo Akhenet. Lui vede il mio amore per Lheket, e lo scambia per passione sessuale. Un giorno questo sarà vero, naturalmente, quando lui raggiungerà l’età adulta, ma ciò accadrà fra vent’anni. Signore Puca è un perverso bastardo, come tutti quanti questi Loo, e non ha creduto a quel che gli ho spiegato di noi. Vede solo che Lheket è alto, che è un bel giovinetto, e che mi ama …» Chiuse gli occhi un attimo. «Così, presto mi separerà da Lheket. E allora … quello sarà il momento del rez e della morte! Dunque, vedi bene che io non ho nulla da perdere in questa rivolta. Non ha neppure troppa importanza che il piano di fuga sia buono o cattivo. Capisci?»
Lui non rispose. Non c’era modo di mutare i suoi propositi, né una buona ragione per farlo, se ciò che aveva detto era vero. Ilfn conosceva i rischi e aveva fatto la sua scelta.
«Sei certa che qualcuno degli altri schiavi non tradirà?», chiese.
Il fischio di lei, vibrante in due tonalità, indicò che la cosa era incerta. «Mi hanno proposto di unirmi a loro solo perché io conosco i codici vocali delle porte esterne. Li ho memorizzati sin dalla prima volta che le guardie mi hanno scortata da Signore Puca. Al loro piano servono solo le chiavi giuste».
«E tu sei la loro chiave per uscire da qui?»
«Così pare. Si fidano di me, naturalmente. Ma non credo che mi abbiano rivelato tutti i particolari del piano. Ho idea che vi siano coinvolti molti altri schiavi, sia dentro sia fuori la zona chiusa. Io ne conosco solo due, e neppure i più importanti. Tuttavia una di loro, una donna, è una pilota di astronavi. Ha riconosciuto anche lei la vostra, all’astroporto».
«La nostra? Come sai che è all’astroporto?», chiese lui, eccitato.
«Dalla mia finestra posso vedere un lato della pista. È stato così che mi sono accorta del vostro arrivo. Una mattina ho notato che laggiù c’era posteggiata un’astronave Senyas, e da quel giorno ho fatto in modo da trovarmi presso la rampa d’uscita del Recinto ogni volta che ne venivano portati fuori dei nuovi schiavi Addomesticati. Quando ti ho visto …» Ilfn gli poggiò le mani sulle spalle e tacque. «Quanto di ho visto mi sono afflosciata a terra. Ero convinta che tu fossi morto … ucciso dal mio fischio di benvenuto!»
Sentendola scossa lui la abbracciò con forza, e la donna scoppiò in lacrime. Doveva essere molto tempo che non si lasciava andare a quel modo, e soprattutto che non aveva nessuno a confortarla salvo il suo Akhenet. Kirtn continuò a tenerla fra le braccia anche quando si fu calmata.
Per un istante il pensiero che Signore Puca abusava di lei gli fece calare un velo rosso davanti agli occhi. Ilfn era diversa da lui, per molti versi, e probabilmente se fossero stati su Deva non si sarebbero mai scelti a vicenda come compagni. Tuttavia era una donna d’animo sincero, coraggiosa, ed era un’Akhenet. Kirtn non avrebbe tollerato a lungo che fosse il giocattolo del Loo-chim.
«Se riusciremo a rimettere i piedi sul Devalon, tu sarai al sicuro per sempre. E il tuo Lheket …» Esitò un attimo, per reprimere le sue emozioni. «Lheket avrà una compagna, quando raggiungerà l’età di dare figli alla mia Danzatrice del Fuoco. Forse non è quanto avremmo fatto su Deva, ma Rheba è una Akhenet e conosce il suo dovere. Così anche noi».