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Dolcemente Saffar si chinò ad accarezzare il suo Chim. Egli rinvenne e prese a fare saltelli allegri per dimostrare il suo ritorno alla tranquillità psichica, quindi corse a recuperare la corona scintillante. I diavoli abbattuti si torcevano al suolo, e gemettero strisciando ai margini della scena, mentre il trionfante Hmel poneva in capo alla sua Chim il prezioso monile, e Arcobaleno mandò mille bagliori. La stanza assunse un lucore dorato ed in esso i due furono rinchiusi come in un limbo, che sottolineò la santità del loro abbraccio finale. Il silenzio che seguì al termine dell’Azione durò parecchi secondi. Finalmente il Loo-chim si mosse, e i suoi due volti identici, quello maschile e quello femminile, apparvero trasfigurati dalla stessa espressione commossa. Entrambi ansimarono, guardandosi attorno come storditi. Signore Jal tossicchiò discretamente, per ricordare loro la questione in sospeso, poi Dapsl accese la luce e lo stanzone apparve improvvisamente squallido. Al centro di esso, Rheba e Kirtn si sciolsero dal loro abbraccio solo in quel momento.

Jal tentò un sorrisetto, accostandosi all’Imperiale. «Ebbene, è piaciuta l’Azione?»

Ma l’uomo sapeva già la risposta. In allestimento per la Concatenazione c’erano molte Azioni esteticamente migliori, ma neppure una che rappresentasse con tutte le sue ambiguità e le sue ossessioni il legame che univa i due gemelli.

Signore Puca osservò gli J/Taals e i clepts come se ancora vedesse in loro i suoi sogni contorti. Quando si volse a Kirtn nelle sue iridi azzurre non c’era più traccia di odio, bensì un insieme di emozioni indefinibili. Allo stesso modo Signora Kurs teneva gli occhi fissi su Rheba. L’Imperiale coppia guardava sé stessa, o una versione a sfondo soltanto sessuale. L’erotismo aveva sciolto la loro ostilità.

Il Polo Maschile fece un cenno a Jal. «Un’Azione meritevole della Concatenazione. Mi congratulo con te».

Signore Jal s’inchinò compaciuto, e si volse al Polo Femminile in attesa anche del suo parere.

«Sono d’accordo», disse lei con voce sottile. «Questa potrebbe essere la migliore Azione, nell’Ultima Notte dell’Anno. Ma … io non mi congratulo con te, o Senza-Chim, perché tu hai usato anche nella realtà i diavoli Pelosi del tuo inferno, e li hai messi fra noi due. E forse causerai a me e al mio Chim lo stesso dolore raccontato nella leggenda di Saffar e Hmel». Guardò Kirtn e continuò: «Ma prima del dolore ci sarà il piacere, e un piacere tale che solo i demoni ne conoscono l’eguale».

Signora Kurs prese per mano il suo Chim e lo condusse alla porta. Nel passare accanto a Ilfn, Signore Puca si fermò a guardarla, e parve volerle dire qualcosa, ma la sua gemella intervenne freddamente prima che egli potesse aprir bocca:

«Lei e il suo protetto resteranno qui fin dopo la Concatenazione», stabilì con fermezza. «Solo pochi giorni, caro Chim, e fino al termine dell’anno tu e io giocheremo fra noi. In seguito … avremo loro!»

Capitolo 19

SORELLA BRE’N

Distesa sul nudo pavimento accanto a Kirtn, incapace di dormire e troppo stanca per volersi alzare, Rheba tremava di freddo. Girandosi su un fianco si strinse al petto del Bre’n immerso nel sonno, e il braccio sinistro di lui la. cinse automaticamente, ma questo non le diede sollievo. Il vestito spiegazzato non la scaldava e la stoffa ruvida era fastidiosa, perché tutto il suo corpo era pervaso da un prurito forte e noiosissimo. Premette la fronte su una spalla del compagno e soffocò un mugolio di sofferenza. Avrebbe voluto grattarsi fino a strapparsi lembi di pelle con le unghie, e lo avrebbe fatto, se non avesse saputo che sarebbe stato peggio.

Poco dopo capì che avrebbe dovuto muoversi per far circolare il sangue. Si scostò da Kirtn, cautamente per non destarlo, e si tolse il vestito. Preferiva esser nuda che sopportare ancora la tortura di quel tessuto grezzo. Mormorando un’imprecazione nel silenzio del locale semibuio, andò al lavandino e bevve. L’acqua sapeva di minerali ferrosi ed era scadente, ma Ilfn le aveva assicurato che passava per un depuratore. Il cibo che uno schiavo sudicio e nudo portava loro due volte al giorno proveniva invece da una cucina dove le norme igieniche erano sconosciute. Si lavò gli occhi e osservò stancamente gli J/taals che dormivano sul pavimento polveroso. Fssa era arrotolato vicino ad Arcobaleno, e anche le due strane creature sembravano sonnecchiare, se pure i loro corpi avevano realmente bisogno di qualcosa come il sonno.

Accanto a Kirtn giacevano Ilfn e Lheket, e Rheba ebbe un sospiro nel guardare la figura sottile del ragazzo. Era magro e alto per la sua età … e cieco come una talpa. Provò compassione per lui. Ilfn le aveva detto che la sua cecità era sopravvenuta dopo la loro fuga da Deva, una reazione isterica agli orrori che i suoi occhi avevano visto. Anch’essi erano riusciti a saltare a bordo di una piccola astronave, all’ultimo momento, mentre tutti morivano.

Per l’ennesima volta si chiese quanti altri avessero potuto lasciare il pianeta con mezzi analoghi. Immediatamente dopo il decollo, lei e Kirtn erano stati costretti a balzare in overdrive, per evitare le spaventose ondate di plasma stellare in espansione, e questo aveva loro impedito di mettersi in contatto con altri possibili superstiti. Per molto tempo avevano vagato intorno alla stella che si trasformava in nova, cercando di captare segnali in quella zona di spazio, ma invano.

Come trascinata da un impulso irresistibile la ragazza girò intorno a Kirtn e s’inginocchiò presso il giovane Senyasi. Lo fissò a lungo, grattandosi distrattamente le spalle e i fianchi, e cercò di vederlo non più come un adolescente delicato e cieco bensì come il futuro padre dei suoi figli. Era appena un bambino, rifletté, chiedendosi se sarebbe stata capace di formare con lui una famiglia. In quel momento le appariva un’ipotesi tanto remota da sfiorare l’irrealtà. Scosse il capo più volte, incapace di desiderare un vincolo di quel genere, e tornò a stendersi vicino a Kirtn. Ma era sul punto di sdraiarsi quando la voce di Ilfn la fece trasalire:

«È la sua ceceità a rendertelo così spiacevole?»

Rheba si alzò a sedere di scatto, colpita dal tono amaro della donna Bre’n. Era convinta che stesse dormendo profondamente, e invece l’aveva osservata. La delusione e il velato rimprovero della sua voce, erano forse giustificati. Ilfn aveva poggiato una mano sulla testa del ragazzo, e gli accarezzava con affetto i capélli chiari.

«Non lo trovo affatto spiacevole», rispose lei accoratamente. «È dolce e amabile … ma così fragile. Non riesco a pensare a lui come al mio compagno».

Ilfn guardò le Linee di Potenza dorate e ben evidenti che s’intrecciavano sul corpo perfetto di Rheba, poi le confrontò con quelle del suo Danzatore della Tempesta: ne aveva appena un accenno sottile, azzurrino, e solo sul dorso delle mani.

«Lheket è giovane, troppo giovane. Ho dovuto impedirgli, fin’ora, di …» S’interruppe.

Rheba attese invano il termine della frase, ma s’era accigliata, intuendolo. Cercando di non avere un tono di rimprovero chiese: «Vuoi dire che gli hai impedito di … sviluppare il suo potere? Hai fatto questo?»

Ilfn strinse i denti, ma non c’era vergogna nei suoi occhi. «Ho dovuto. Se Signore Puca avesse sospettato che questo ragazzo può governare forze tanto grandi, lo avrebbe ucciso». Fece una pausa per controllare l’emozione. «Ai Loos non piace che i loro schiavi non siano indifesi. Li vogliono inermi. Ma Lheket non lo è, credimi. Io ho fatto il mio dovere con lui. Rifletti su questo, prima di giudicarmi». Dopo un minuto di silenzio disse ancora: «In questi giorni, da quando lui ha sentito l’energia che adoperi per l’Azione vibrare in questo edificio, per me è stato duro trattenere i suoi istinti. Ma presto dovrò scegliere».

«Scegliere?»

«Ucciderlo, oppure sviluppare il suo potere. Questa è la scelta che tutti gli Akhenet Bre’n devono fare». Notando il suo moto d’orrore la fissò duramente. «I tuoi genitori Senyasi non ti hanno detto cos’era il tuo Mentore Bre’n?»