M/Dere stava intanto tracciando altri segni sulla mappa, con l’ausilio del clept quando Dapsl che s’era avvicinato a guardare, mandò un grido rauco.
«Questo animale sta rovinando il mio disegno!», strillò.
L’ometto si insinuò a forza fra loro e cercò di togliere il foglio dalle mani di M/Dere, ma una spinta di Kirtn lo rimandò indietro. Rheba ebbe un attimo di panico: in quale lingua aveva parlato fin’allora? Non lo ricordava più. Era stato solo in Senyas e in J/taal, oppure avevano usato distrattamente anche l’universale? E Dapsl cos’aveva capito dei loro discorsi? Per quanto tempo l’ometto aveva potuto osservare la mappa, mentre gli altri vi tracciavano segni privi di nesso con l’Azione?
«Stai indietro», brontolò Kirtn. «Non sai che i denti dei clepts sono velenosi?»
Solo un pusillanime avrebbe preso per buona quella menzogna, e Dapsl arretrò in fretta. Velenose o meno, le zanne dei cani da guerra erano però spalancate minacciosamente. M/Dere placò gli animali.
«Cosa stava facendo quella Pelosa? Ditele di non pasticciare il mio foglio. Capito?»
«Calmati. M/Dere stava solo divertendosi a fare qualche scarabocchio. Abbiamo finito, e il disegno non ci serve più».
Dapsl fremette, strinse i pugni e cercò ancora di agguantare il foglio, ma M/Dere se lo nascose dietro la schiena. L’ometto bestemmiò, con una voce dura e fredda che non gli avevano mai sentito. Poi si contorse per scacciare le mani di Kirtn che lo tenevano.
«E va bene. Lasciami stare tu!», latrò. «Ho fatto tutto quel che potevo per quest’Azione, e mi sono sacrificato in modo indegno per un caposchiavo. Ma voi non volete saperne di mettere la testa a posto, maledetti bastardi». Li incenerì con lo sguardo. «Nessuno di voi è abbastanza intelligente da capire quali sono i suoi interessi. Siete solo barbari e selvaggi!» Detto ciò aggirò Kirtn urtandolo con una spallata e corse fuori dal locale.
Rheba e gli altri seguirono la sua uscita senza far commenti, poi si strinsero nelle spalle e tornarono a dedicarsi alla mappa. La ragazza chiese: «Dove sono disposte le guardie? Quale uscita sceglieremo? E soprattutto, ci sarà qualcuno a darci man forte se dovremo batterci, nel tragitto fra l’anfiteatro e l’astroporto?»
Ilfn esitò, e sul suo volto gli altri poterono vedere solo una certa perplessità. Ma Rheba e Kirtn, che conoscevano l’animo Bre’n, sapevano che a trattenerla dal parlare non era l’indecisione. Kirtn le fischiò una frase d’incoraggiamento, così melodiosa che Lheket si volse a sorridere nella sua direzione. Il giovanetto la ripeté, unendovi una nota interrogativa polifonica che divertì i compagni, e poi fischiò ancora la stessa, richiesta sull’aria di una vecchia canzone Bre’n, mutandone il significato comicamente.
Ilfn fu costretta a sorridere, ma tornò subito seria. «Il termine della vostra Azione sarà il segnale d’inizio per la rivolta, nello stesso istante in cui comincerà l’Ora del Non-Tempo e gli schiavi sciameranno per le vie della città. Non faranno altro che celebrare una sorta di festività tradizionale, ma fra loro dovremo aprirci la strada fino all’astroporto e forse verremo assaliti da qualche energumeno. Quasi tutti in città si droganp … Imperiapolis è una città viziosa e le droghe più diverse vi circolano a fiumi. Il crimine dilaga anche nelle notti tranquille. Ci saranno balli all’aperto e fuochi artificiali, e tanto i cittadini quanto gli schiavi più favoriti indosseranno costumi ispirati alla mitologia di Loo. Da quanto mi è stato detto, nelle strade ci sarà molta confusione e verrà consentito solo il traffico a piedi, dunque avremo una possibilità di passare inosservati. Ma dovremo aspettarci ogni eccesso, perché nell’Ora del Non-Tempo non c’è legge. Delitti, vendette, orge, violenza … e si dice che tutto questo sia voluto dal Loo-chim, per togliere di mezzo gli schiavi poco Addomesticati».
«Ci occorrono armi», fece notare M/Dere.
«Non ne avremo». Ilfn fece una smorfia. «Sirgi, il mio contatto, non può darmene, o probabilmente non vuole. Non si fidano troppo di una che divide il letto del Loochim».
Kirtn sbuffò così irosamente che i clepts si guardarono intorno scoprendo le zanne. «Chi è questo schiavo che crede d’essere tanto migliore di te?»
«È un umanoide coperto di peluria rossa, che dice di venire da una stella lontanissima, e così lontana che neppure lui riesce a distinguerla nel firmamento. Basso e robusto, piuttosto in gamba. L’unico suo scopo nella vita è di tornare in patria. Sul suo pianeta era un sacerdote o qualcosa di simile. E ha un’opinione fortemente negativa di tutte le donne, schiave o no».
«Conosce gli J/taals, e sa che ce ne sono cinque con noi?»
Il sorriso di Ilfn s’indurì. Fissò M/Dere, e fra le due donne .ci fu uno sguardo di intesa. «Non sono stata a dirgli che fra noi non ci sono dei mercenari. Ma questo non ha troppa importanza».
«Non voglio che ci credano degli inetti».
Ilfn sollevò un sopracciglio. «E lo siamo? La tua Danzatrice del Fuoco è l’arma più pericolosa che ci sia su Loo».
Kirtn fece per obiettare qualcosa, poi preferì tacere. Quel che aveva detto Ilfn era vero. Fra tutti gli Akhenet Senyasi, i Danzatori del Fuoco erano quelli che avevano la maggior capacità potenziale di distruzione. Ma silenziosamente promise a sé stesso che non avrebbe dato a Rheba l’opportunità di scatenarsi: la ragazza aveva già dovuto vedere troppa morte, e trasformandosi in un’assassina si sarebbe autodistrutta.
«Fino a che punto possiamo fidarci degli altri schiavi?», chiese Rheba.
Ilfn lasciò che fosse il suo silenzio a risponderle. Poi alzò le spalle. «Dobbiamo stare con loro, ma non siamo costretti a fidarcene a fondo. Sirgi è molto interessato al Devalon, forse troppo. Gli ho ripetuto dieci volte che, se anche riusciremo a metter piede nell’astronave, questa risponderebbe solo ai comandi della coppia di Akhenet conosciuta dal suo computer. Ma non so se mi abbia creduto. In ogni caso, ho dovuto promettergli che imbarcheremo tutti gli schiavi che l’astronave potrà portare».
«Questo l’avrei fatto anche se lui non l’avesse chiesto», borbottò Rheba. «Come siete rimasti d’accordo?»
«Ci aspetterà con altri al primo cancello. Appena arrivati, io lo aprirò con la chiave vocale, e poi passeremo nel parco. Da lì in avanti, raggiungere l’astroporto sarà questione di fortuna».
«Oh, noi sappiamo tutto sulla fortuna», sospirò Rheba. «Abbiamo cominciato su Deva a imparare cos’è».
Gli occhi di Ilfn si dissero d’accordo con lei. Rheba continuò: «Mi sentirei più sicura se ci fosse qualche fonte di energia da cui attingere. Anche un forte chiar di luna mi andrebbe bene».
«Niente lune», la informò Kirtn. «Si alzano solo dopo la mezzanotte».
«E il cielo si prevede sereno?»
«Limpido come il cristallo», rispose Ilfn.
«Allora non potrò contare che attivino la cupola d’energia sopra l’anfiteatro», rifletté Rheba. Si volse a osservare Lheket, e le sue tenui linee di Danzatore della Tempesta. «Il ragazzo sarebbe capace di chiamare qualche nuvola temporalesca?»
«No!», si oppose subito Ilfn.
«Perché no?» La voce della ragazza s’indurì. «È un Akhenet o cos’altro?»
«Non è stato addestrato».
«E la colpa di chi è?», sbottò lei.
L’espressione di Ilfn restò imperturbabile, quando rispose con calma glaciale: «È solo un bambino».
«Storie. È già abbastanza cresciuto per chiamare la pioggia. Su Deva avrebbe cominciato a fare la sua parte di lavoro da più di un anno».
«Qui non siamo su Deva. Non ci sono altri Danzatori della Tempesta ad aiutarlo».
Kirtn zittì con un cenno Rheba, che stava per replicare ancora, e il suo fischio suonò basso e penetrante: «Di cosa hai paura, Ilfn?»