Le facce di quegli individui di cento razze diverse misero a disagio Rheba. Come tutti i nuovi schiavi erano depressi e amareggiati, ancora incapaci di adattarsi a una vita servile. Fra di loro il vento della rivolta avrebbe serpeggiato in fretta, se fossero stati a conoscenza di quel che si andava preparando. Ma a programmare la ribellione erano stati altri, che non volevano novellini fra i piedi.
Da lì a poco, mentre percorrevano il centro di una vasta sala illuminata da torce fumose, udirono attraverso il brusio il fischio di Ifln. Veniva da una delle tante stanzette laterali, così piccola che quando anche Rheba e Kirtn vi entrarono dovettero schiacciarsi l’uno contro l’altro. Sentendosi sfiorare il volto da Rheba; Lheket le afferrò le mani con forza. La donna Bre’n gli teneva le dita affondate nelle spalle, standogli dietro, ed era così pallido e teso che lei lo fissò stupefatta.
«Siete arrivati appena in tempo», disse Ilfn. «La vostra Azione sta per cominciare. Gli J/taals e gli altri sono già alla base della rampa, in attesa del gong».
Kirtn la mise rapidamente al corrente di quanto era accaduto, e poi le spiegò le sue intenzioni. «Lheket dovrà danzare», concluse. «Rheba ha bisogno di energia per agire, e l’unica sorgente possibile è la cupola dell’anfiteatro. Chiamare la pioggia sarà duro, se questa è la sua prima volta, forse impossibile. Ma l’oceano è vicino, e nell’aria sovrastante dev’esserci molta umidità. Tutto quel che dovrà fare sarà di sfruttarla e …»
Ilfn rise crudamente, interrompendo il flusso di parole. «Sei più cieco di lui? Guardalo!»
In quel momento un rombo lontano echeggiò, udibile anche nell’intreccio di locali sotterranei, e con un’esclamazione soffocata Kirtn si volse di scatto a fissare Lheket. Sulle mani del giovinetto le Linee di Potenza erano scarse e brevi, ma rilucevano di lievi bagliori argentei. E intorno al suo collo se n’erano accese altre in un arabesco sottile. Ma Rheba aveva già capito cosa stava accadendo, perché le sue mani si erano illuminate per la reazione sin da quando l’aveva toccato. Fra i due Akhenet era in atto uno scambio di energia libera, che rianimò molto la ragazza. Un altro tuono rotolò nell’atmosfera vibrando fin giù nei tunnel. Gli occhi verdi di Lheket erano spalancati, colmi di luce interna. I suoi capelli crepitarono, gonfiandosi carichi di energia elettrostatica.
«Sta danzando!», sussurrò Rheba.
«Naturalmente». La voce bassa e tesa di Ilfn era gravida di emozione repressa. «Ho cercato di fermarlo, ma il suo tempo è venuto. Ha cominciato a cambiare circa un’ora fa. Si è svegliato. Tutto ciò che in lui sembrava dormire è balzato fuori di colpo, come se fosse stato chiamato in un cerchio di Danzatori Anziani. Non ho potuto impedirlo».
«Ha sentito il rez», sussurrò Rheba.
«Cosa?»
«Il rez. Deve aver sentito l’energia libera fin da qui, quando ho incanalato il rez di Kirtn».
Ilfn fece per fischiare qualcosa, ma per lo sbalordimento non vi riuscì. Guardò Kirtn e Rheba più volte, quindi parlò in Senyas: «Che stai dicendo? Nessuno, né Bre’n né Senyasi, può controllare il rez. Quando il rez brucia, si muore e basta. È sempre stato così».
«Non ho detto controllare, ho detto incanalare. Io ho …» Scosse la testa, incapace di spiegarsi bene. «Lasciamo perdere. Credi che Lheket abbia chiamato abbastanza nuvole da costringere i Loos ad attivare la cupola d’energia?»
Un altro tuono rumoreggiò sopra le loro teste, attraverso i soffitti di pietra. Ilfn rise ancora, di una risata che Rheba trovò spiacevole e innaturale.
«Cosa credi che stia accadendo lassù? Lheket è un Danzatore della Tempesta. Non è una candida nuvoletta quella che hai chiamato».
«Una tempesta?», chiese Kirtn.
«Puoi scommetterci». La voce di Ilfn conteneva una nota di orgoglio. «E se non avessi fatto tutto quel che potevo per trattenerlo, avrebbe chiamato qui sopra il padre di tutti gli uragani. Te l’ho detto che è forte».
Kirtn mandò un fischio di soddisfazione: lo scudo antipioggia sarebbe stato acceso, e Rheba avrebbe avuto tutta l’energia che le serviva.
«Hai bisogno di aiuto per tenere il ragazzo sotto controllo?»
Ilfn esitò. «Su Deva avrei chiesto aiuto. Ma qui…» Sorrise freddamente, un freddo sorriso Bre’n. «Qui non importa nulla se esagera. Per me può anche inondare la città e affogare tutti i Loos dal primo all’ultimo».
«Ma ci siamo anche noi», puntualizzò Kirtn.
«Lo so», tagliò corto lei. «Gli sto togliendo abbastanza energia da tenerlo sotto controllo, anche se rozzamente. Se lo lasciassi a sé stesso … poi dovrei ucciderlo. E ancora non è escluso che questo avvenga», terminò in un sussurro.
Rheba sentì un violento impulso di mettersi fra il giovinetto e la sua Bre’n, per proteggerlo, poi capì che il solo pensiero era folle. La prima cosa che chiunque su Deva doveva imparare era che nessuno doveva interporsi fra due Akhenet Bre’n e Senyasi. Ma dalla bocca le uscì un ansito:
«Non ucciderlo!»
Gli occhi di Ilfn le dissero quel che già sapeva: più volentieri avrebbe ucciso sé stessa. La Bre’n era immobile alle sue spalle. «Lo terrò sotto controllo finché potrò», disse semplicemente.
Nell’aria vibravano rumori lontani, che il brusio delle conversazioni nella sala rendeva indistinti. Kirtn accostò la bocca a un orecchio di Ilfn e fischiò qualcosa. La risposta della donna fu un sorriso così sensuale che nel vederlo Rheba trattenne il fiato. Subito dopo Ilfn parve disinteressarsi a loro e si concentrò su Lheket, stringendogli le spalle fra le mani con forza. In quella posa statuaria solo i suoi occhi rimasero vigili, colmi di luce interna come quelli ciechi del suo Akhenet.
Senza dir altro Kirtn si volse e uscì nella sala sotterranea piena di folla, scostando la gente per far strada a Rheba che lo seguiva. Voltandosi a guardarla vide che aveva gettato indietro il cappuccio, e glielo rimise con un borbottio di rimprovero. «Jal potrebbe essere da queste parti».
«Neppure tu sei precisamente invisibile», replicò lei.
Era la verità, ma gli schiavi alti e coperti di peluria scura abbondavano in quel luogo, e fra essi avrebbe risaltato assai di più la bionda bellezza di Rheba.
Una cinquantina di metri più avanti Kirtn si fermò così bruscamente che la ragazza gli urtò addosso. Il tunnel si allargava ancora in una sala, ai lati della quale c’erano dozzine di stanzette, e M/Dere era lì che si agitava nervosamente come in attesa di qualcuno. Appena vide il Bre’n attraversò la folla verso di loro, con un’espressione stupefatta dipinta sul viso.
Rheba scosse la testa. «Fssa, sei sveglio?», chiamò.
Un sibilo rassicurante le vibrò presso l’orecchio sinistro. Il serpente si stava crogiolando fra i suoi capelli, ma prestava costante attenzione ai suoni che gli giungevano. Appena M/Dere cominciò a parlare, fornì loro i suoi servizi di traduttore istantaneo.
«Sono lieta di rivederti, J/taaleri», disse la donna con un lieve inchino. «Ho vergogna di me stessa. Ho lasciato che tu venissi rapita senza muovere un dito».