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Tre forme sinuose e mortalmente agili balzarono fuori dall’ombra, sbarrando loro la strada. Ma subito si ritrassero, e prima ancora d’essersi potuta spaventare Rheba riconobbe i clepts. Gli animali guairono un benvenuto, e quasi nello stesso istante comparvero gli J/taals, così vicini che la ragazza sussultò. Aveva dimenticato come i mercenari sapessero muoversi rapidi e silenziosi una volta in azione.

M/Dere la accolse con un leggero inchino, e consegnò Arcobaleno a Kirtn. Lo strano essere aveva riassunto una compatta forma cristallina, ma allorché il Bre’n lo prese in mano pulsò di luce interna, quasi che lo avesse lietamente riconosciuto.

«Dove sono gli altri?», chiese Kirtn.

«Presso la nave», fischiò la voce di Fssa traducendo la risposta di M/Dere.

«Ilfn e Lheket sono salvi?»

La risposta fu ancora un fischio in lingua Bre’n, ma ad emetterlo non era stato il serpentello. Dall’ombra era uscita Ilfn, tenendo sulle braccia robuste il corpo inerte di Lheket.

«Non temete, è vivo», si affrettò a informarli la donna.

Il fischio di Kirtn vibrò fra il sollievo e un divertito rimprovero: «Dannazione! La prossima volta non lasciarlo danzare quando sotto la sua tempesta ci siamo noi».

Ilfn gli sorrise appena, poi si chinò a baciare la fronte del giovinetto Senyasi.

Rheba s’era avvicinata con ansia. «Come sta?», sussurrò notando che aveva nuove Linee di Potenza sugli avambracci.

«Si riprenderà. Lui è un Danzatore della Tempesta, ora». Per la prima volta la nota armonica con cui Ilfn lo definiva un «lui» indicò che non parlava più di un bambino.

Le preoccupazioni di Rheba sulle condizioni del ragazzo svanirono, quando s’accorse che i due Bre’n apparivano tranquilli. Con un brivido lasciò che la tensione e la paura accumulate in quell’interminabile giornata defluissero dal suo corpo sfinito. S’era lasciata alle spalle la violenza, pensò, e ora la attendevano le cure che avrebbe dovuto dare a Lheket per guarirlo e farlo divenire adulto. Kirtn le diede di gomito, accennandole di seguirlo alla nave. Il fischio in codice della ragazza fu captato e riconosciuto dai sensori esterni. Gli impianti automatici ronzarono nell’accendersi e il portello si spalancò, lasciando abbassare la breve scaletta fino al suolo. Rheba si appoggiò al corrimano con un sospiro di sollievo, avida di rientrare in quell’ambiente ben noto e rassicurante.

«Non tanta fretta, schifosa kaza-flatch!» La ragazza trasalì. A parlare era stata una voce che avrebbe creduto di non sentire, mai più, eccetto che negli incubi.

Capitolo 27

L’ULTIMO DEI LOOS

Ferma sul primo gradino della scaletta Rheba si volse. lentamente. Signore Jal era ad appena due metri da lei e la teneva sotto la mira della sua pistola lancia-aghi. Da quella distanza gli sarebbe stato impossibile mancare il colpo, ma soprattutto sarebbe riuscito a premere il grilletto prima che lei potesse colpirlo con una saetta d’energia. Il possesso di un’arma a funzionamento meccanico gli dava un vitale secondo di vantaggio su di lei, e quel secondo l’avrebbe sfruttato senza esitazione se appena avesse visto illuminarsi le sue Linee di Potenza. Rimase del tutto immobile.

Jal annuì. «Vedo che hai capito quel che ti conviene fare, sgualdrina».

Stagliata nella luce che usciva dal portello del Devalon, la ragazza non aprì bocca. Con la coda dell’occhio controllò la posizione degli J/taals, e vide che pur essendo vicini non lo erano abbastanza. Sia loro che Kirtn avrebbero certo ucciso in fretta Signore Jal, ma non prima che un ago avvelenato colpisse lei. E Ilfn aveva le braccia occupate da Lheket. Deglutendo saliva, si rese conto d’essere in trappola.

«Voialtri», ringhiò l’individuo. «Allontanatevi e senza movimenti bruschi. Muovetevi, o questa cagna morirà subito».

In silenzio gli J/taals e i clepts indietreggiarono sulla pista bagnata. Kirtn strinse i pugni ma fu costretto a imitarli, e Ilfn gli si affiancò volgendo le spalle all’astronave per riparare Lheket col suo corpo.

«Caposchiavo», ordinò Jal. «Porta qui davanti quelle cargone».

Da oltre la poppa del Devalon uscì Dapsl. L’ometto aveva in mano una frusta normale, evidentemente perché aveva capito che Rheba poteva rimandare l’energia della sferza neuronica contro chi la impugnava. Alle sue spalle avanzò una fila di schiavi malconci, a capo chino, che allo schioccare della frusta si allinearono lungo la paratia dell’astronave.

La piccola processione era affiancata da sei guardie in uniforme, e Rheba notò che erano tutte armate con lancia-aghi. Purtroppo quel tipo di pistola era intoccabile per lei, al contrario delle armi a raggi. Mentre le guardie prendevano posizione a distanza di sicurezza dagli schiavi, ella vide che anche gli J/taals si spostavano, separandosi maggiormente, pronti a gettarsi ciascuno su un avversario al minimo cenno di distrazione da parte di Jal. Solo la vista della loro J/taaleri sotto la mira di un’arma li costringeva alla cautela. Rheba capì che avrebbero attaccato a un suo segnale, anche minimo, e che subito dopo i Loos sarebbero morti … ma questo poteva costare la vita a lei prima che a loro.

Fra i suoi capelli inzuppati d’acqua Fssa mandò un sussurro: «Sei bella, Danzatrice del Fuoco».

Ma solo nel momento in cui se lo sentì scivolare giù lungo il collo la ragazza realizzò che quello del serpente era stato un saluto. Poi ci fu il lieve tonfo del corpiciattolo sulla scaletta, e quando abbassò gli occhi lo vide strisciar via nel buio. Un attimo dopo era sparito. Mormorò dentro di sé un addio allo Fssireeme, e sperò tristemente che almeno lui potesse trovare in qualche modo un futuro e la libertà.

«I pericolosi ribelli, i terribili schiavi che hanno osato spezzare le catene!», ghignò ironicamente Jal, accennando al gruppetto che aveva portato con sé. «È bastato un Loo per prenderli tutti al volo come farfalle, questi idioti».

Rheba non fece commenti, e l’uomo ebbe una risatina sprezzante. «Ma forse tanto idioti non sono, visto che hanno saputo causare tanti guai. Immagina il mio compiacimento, quando me li sono trovati sotto tiro. È bastato ammazzarne appena una dozzina, e i tuoi amici sono diventati così docili e ubbidienti da far pena. Ora sarò costretto a venderli, per rifarmi dei danni subiti … Ma non qui, purtroppo».

Di colpo l’espressione dell’individuo mutò, facendosi così rabbiosa e crudele che Rheba si sentì mozzare il fiato.

«Sottovalutarti è un errore che ho pagato quattrini sonanti, maledetta kaza-flatch! Tu eri la più pericolosa. Cos’è successo alla città, dannata sgualdrina? Cos’è accaduto nell’anfiteatro? Dov’è l’Imperiale Loo-chim?

«All’inferno», disse lei.

«Morti?», sibilò Jal, incredulo.

«Tutti e due», confermò lei. «L’Imperiale e i Signori Chim non esistono più. La città è finita, e anche tu dovresti esserlo, bastardo».

Il dito di lui si contrasse sul grilletto, e nei suoi occhi Rheba lesse che il desiderio di ucciderla lo stava facendo quasi soffrire. Ma Jal aveva un forte istinto di conservazione, e per la sua sopravvivenza aveva bisogno di lei. Una città in rivolta non era un luogo salubre, per un ex padrone di schiavi.

«Il terminal sta bruciando, e tutte le astronavi sono state messe fuori uso dalla tempesta elettrica. L’intera Imperiapolis è …» Jal s’interruppe, con un mugolio di rabbia. «Voi selvaggi avete distrutto una città millenaria, una cultura superiore, una classe di aristocratici più civili di quanto voialtri barbari possiate capire. I nobili Signori di Loo sono stati assassinati dagli animali in rivolta, e quel che non hanno fatto il fuoco e la violenza lo ha fatto la tempesta».