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Nessuno fece caso all’alta figura del Bre’n che corse in strada con centinaia di altri, reggendo la ragazza sulle braccia. Il sole stava tramontando e molti veicoli avevano le luci accese. Alcuni poliziotti correvano freneticamente nel traffico dove si stava già creando un vasto ingorgo, fischiando per tenere i passanti a distanza di sicurezza. Tremante, con la testa poggiata su una spalla del compagno, Rheba osservò il fumo che scaturiva da tutte le aperture dell’edificio, ormai evacuato. Se c’erano degù impianti anticendio, non ebbero modo di funzionare e bruciarono anch’essi e, una volta preso fuoco, il casinò continuò ad ardere inarrestabilmente da cima a fondo.

Vedendo alcuni impiegati che scendevano da una scala di sicurezza, Rheba tese le mani nel tentativo di assorbire energia dalle fiamme stesse per farle calare. Ma ormai l’incendio trovava troppo materiale di che nutrirsi, e il gesto di lei ebbe il solo risultato di attirare una sottile lingua di fuoco che per poco non le ustionò le dita. Se le portò alla bocca con un gemito.

«Smettila, è inutile!», gridò Kirtn indietreggiando. «Sciocca! Sei troppo giovane per questo genere di scherzetti. L’energia in gioco è superiore alle tue possibilità».

La ragazza ansimava, sulle sue braccia muscolose. Lo fissò con tristezza. «E come potrò più imparare altro, ormai? Non ci sono Danzatrici del Fuoco che possano istruirmi ancora. L’hai dimenticato?» La sua voce assunse un tono pentito. «Mi spiace, Kirtn … tu hai perduto assai più di quel che ho perso io, quando Deva è bruciato».

Il Bre’n le appoggiò una guancia sui capelli, che residui d’energia elettrostatica facevano ancora fremere lievemente.

«Hai già imparato molto, bambina. Più di quel che sa di solito una Danzatrice del Fuoco così giovane. Alla tua età dovresti essere appena capace di accendere le candele o di cuocere il cibo, invece di …»

«Di cuocere una sala da gioco in una città straniera?», sorrise lei. «Mi sembra di ricordare la voce di un Bre’n che urlava di volerlo bruciato ben bene, poco fa».

«Io ho detto questo?», si stupì Kirtn.

«Lo aveva detto la tua bocca».

L’altro sbuffò. «Se è così, dovrò imparare a controllarmi meglio».

«Sembravi davvero fuori di te», mormorò la ragazza, accigliata.

«Non ti avevo mai visto così …vicino a scatenare il rez».

Lui preferì non replicare. Come entrambi sapevano, i membri della razza Bre’n potevano esser soggetti ad esplosioni di energia devastante chiamata rez. E in stato di rez erano capaci di distruggere non solo ciò che li circondava ma perfino sé stessi e le loro Senyasi. Nessuno parlava volentieri del rez, e non perché ci fosse un tabù al riguardo, ma semplicemente perché non era un argomento piacevole.

Rheba fu scossa da un brivido. Nella colluttazione aveva perso un pezzo del vestito, e l’aria di quella sera autunnale era fredda. Desiderava solo tornare all’astronave per rimettersi in sesto.

«Posso camminare da sola, ora», disse. «E faremmo meglio ad avviarci allo spazioporto».

Kirtn percorse la folla con un’occhiata cauta, e vide che nessuno si stava interessando a loro. Dopo che ebbe rimesso a terra la ragazza, si tolse la blusa e gliela drappeggiò sulle spalle. Rheba mormorò appena un ringraziamento per la premura del compagno, sapendo che la peluria di lui era più che sufficiente a difenderlo dal freddo.

Le doleva un fianco, aveva l’impressione d’essersi storta una caviglia, e per un poco stentò a camminare a passo normale, ma si sforzò d’ignorare la sofferenza per attirare l’attenzione il meno possibile. Nulla le sarebbe apparso più sgradevole che avere a che fare con la polizia locale, o peggio ancora coi Sorveglianti della Confederazione Yhelle, che erano delle autentiche carogne. Non aveva richiesto nessuna Licenza da Incendiario — era possibile acquistare anche quella — e l’omissione avrebbe potuto costarle qualche anno di prigione se i Sorveglianti l’avessero identificata.

«Non mi hai ancora chiesto di Mercante Jal», disse a Kirtn.

L’altro stava ancora esaminando il marciapiede affollato in cerca di eventuali poliziotti. Si volse con un borbottio. «Me n’ero scordato». La fissò con un sorrisetto. «E allora, piccola Danzatrice, che cosa è successo là dentro?».

«Ho giocato a Caos con quell’uomo. Non c’era proprio altro modo di avvicinarlo. E ho anche barato. Ma poi non ho potuto portar via la posta che avevamo messo in palio».

«Male. Un po’ di crediti potevano farci comodo».

«Non mi riferivo ai crediti. Quelli sono sul nostro conto AVO, a meno che la polizia non lo blocchi. È Mercante Jal, la posta che ho vinto. Quell’uomo è mio per tre settimane».

Kirtn rallentò il passo, scurendosi in faccia. Dopo un po’ disse: «Sei abbastanza adulta per cercarti un compagno di letto, se è questo che vuoi. Speravo di poter dire la mia opinione sulla tua scelta … ma già, suppongo che anche questa usanza sia morta con Deva e tutto il resto». La sua voce si fece dura. «Se è Jal l’uomo che desideri, vuol dire che tornerò subito indietro a cercartelo».

La bocca di Rheba si aprì e richiuse parecchie volte, prima che riuscisse a farne venir fuori la voce.

«Compagno di letto?», strillò, indignata. «Ma se mi darebbe il vomito perfino usarlo per lustrarmi le scarpe! Per la Luce della Galassia, dico … ti ha preso un attacco di rez

L’espressione di Kirtn rimase una maschera imperscrutabile. Poi dal petto gli salì un borbottio: «L’impiegato alla porta del casinò mi ha magnificato le grandi doti personali di questo Jal. Ci eravamo messi a parlare, e ho scoperto che lo conosceva … Anzi, pare che in città lo conoscano tutti. Specialmente le donne. E gode fama d’essere un affascinante seduttore».

La ragazza gli premette le mani sul petto, irritatissima, e lo costrinse dapprima a fermarsi e poi a camminare all’indietro. «Tu, bestione peloso! … Quell’idiota con cui ha parlato, si rivolgeva a un Bre’n adulto oppure a un bambino senza un grammo di sale in zucca?»

«Forse a un bambino Peloso», rispose lui, sfuggendole. «Prendimi se sei capace, bambina Liscia!»

E con quell’esclamazione dal tono che imitava una sfida infantile, il Bre’n svoltò di corsa la cantonata di una stradicciola secondaria e scomparve alla vista. Rheba imprecò e lo inseguì subito, prendendo la corsa su un marciapiede poco pulito, e quando slittò con un piede su alcuni frutti marci spiaccicati al suolo rischiò di fare un ruzzolone. Kirtn non era visibile da nessuna parte, e con un brontolio di disgusto ella si fermò a massaggiarsi il fianco indolenzito. Giunta al termine della strada si pulì le suole delle scarpe contro un grosso contenitore per la spazzatura, e cercò di capire dove si fosse cacciato il compagno. La luce di un solo lampione dava un aspetto desolato al vicolo che imboccò sbuffando. Le tenebre erano scese rapidamente sull’enorme città. All’improvviso dal buio di un portone sbucò una mano che la attrasse, ed ella mandò un gridolino di spavento. Poi il familiare contatto con le braccia pelose del suo Bre’n le strappò una lieve risata gutturale.

«Ti perdo di vista un minuto, ed ecco che ti vai a smarrire in questi vicoli puzzolenti», le alitò Kirtn fra i capelli. «E poi vorresti farmi credere d’essere abbastanza adulta da cercarti un amichetto? … Bah!»

La ragazza rinunciò a ribattere alle sue spiritosaggini. Gli passò una mano sul collo e con le unghie raggiunse una zona assai sensibile dietro un orecchio di lui, grattandola lievemente. Aveva imparato l’astuzia di quel gesto quand’era ancora una bambinetta di quattro anni e desiderava ottenere qualcosa di particolare dal poderoso Bre’n.