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Chi s'avvisò per tempo fuggì via. Io prevenni il morbo maligno perché mi stavo allora coi miei famigli nella bella isola di Cipro a comprar perle da vendere in Vinegia. - Qui si tacque il mercante tristamente.

- Ma non provoca quel morbo altro danno se non il disseccar dell'ombelico? - chiese messer Goffredo.

- Nessun altro, messere. Ma vi par poco danno esser privo di quel segno? Vorreste voi vivere, - proseguì rivolto alla marchesa vorreste vivere, madonna, senza aver l'ombelico? - Ahimè sì, piuttosto che morire, - rispose pensosa la marchesa.

Ma quella trista sventura di Vinegia non voleva ad alcuno uscir di mente, e pur sedendo tra le vivande e il vino, continuavasi a parlare del morbo misterioso.

- Marchesa, - disse il mercante per stornare quei discorsi troppo severi, - volete che vi mostri un pezzo assai raro di mia mercanzia, che vien della Cina e quasi opra di magia si crederebbe? - E trasse della veste un occhiale di fattura strana, con vetri tersissimi e assai spessi, tagliati come fossero diamanti.

- Questo occhiale, - disse tenendolo tra due dita, - ha la virtù preziosa di moltiplicar per nove ciò che vi si guarda. Nove volte vi vedo, - disse fissando la marchesa attraverso l'occhiale, - e nove volte voi stessa mi vedreste. Nove volte la luna può vedersi nel cielo sereno e nove volte una gioia che sia preziosa e rara. Nove volte l'amante può vedere l'amato volto, ancor che un solo gli sia dato di baciare. Volete voi stessa far l'esperimento? - e porse alla bella l'occhiale misterioso. La marchesa lo prese con dubitosa mano e vi guardò per entro, e vide nove volte sorridente il mercante, e ogni cosa ch'ella vi guardava appariva sempre nel numero di nove. Tutti vollero far l'esperimento e per tutti fu grande maraviglia, e guardavan tutti l'oggetto o il volto che più caldo suscitava in cuore il desiderio. Molti sguardi fissaron la marchesa, molti messer Goffredo, però celatamente. L'abate Leonzio fissava madonna Pilar, damigella andalusa gaia e bella.

L'abate Leonzio era rosso e corpulento, rosso di pelle e rosso di capelli, e gli occhi aveva stranamente divergenti, quasi con uno volesse guardar tal cosa, e con l'altro tal altra. Ben che non si potesse dire quale oggetto fissasse, tuttavia s'avvisò la marchesa dei molti sguardi che gettava a Pilar e per fargli cosa di gentil gradimento divisò comprare dal mercante l'occhiale miracoloso per donarlo all'abate, al fin ch'ei potesse saziar così la vista, ancor che altri sensi saziar non potesse. Tolte le mense madonna Bianca trattò segretamente col mercante e, acquistato l'occhiale, lo donò a messer Leonzio per sua consolazione. Ma, ahimè, ancora una volta il destino crudelmente s'accaniva contro il castello di Challant e il dono gentile malignamente trasformava in arma perfida e mortale

Accadde, come volle Iddio, che per gioco la bella Pilar invitasse Leonzio a passeggiar con lei per il roseto per goder con quell'occhiale la vista delle rosse rose della marchesa. E lì tra discorsi e sorrisetti s'accesero i sensi dell'abate, che sanguigno e caldo era di natura e portava l'occhiale che la marchesa gli avea donato. Non passò gran tempo che, come Iddio volle, non potendo più reggere l'abate di solo vedere i nove volti di Pilar, anco colle mani volesse alcuna cosa strignere et abbracciare, e più volte alla desiata forma la man tendesse, ma pur mai quella vera cogliesse, sibben vana parvenza e inconsistente. Et allora a correr si diè in diverse parti, dietro le immagini che cangiavano continuamente e alcuna volta scomparivano poi che la bella Pilar, per gusto di giocare, dietro un cespo di rose si celava e in altra parte riappariva da quella ov'era prima. E Leonzio correva d'un cespo all'altro molto ferendosi le mani sugli spini, e cadeva tra i cespugli e tutto affannoso si rialzava per ricominciar sua vana caccia mentre ovunque nel roseto squillava il riso della bella, fin che stremato e soffocato al cuore tra i cespi si giacque né più si rialzò.

- Non è da stupirsi, madonna, se alcune cose altro fine sortiscono da quello del loro intendimento, - diceva il mercante il giorno dopo passeggiando con la marchesa nel roseto. - Come quando una rosa voi cogliete, - continuò cogliendo un fiore, - per farne dono ad un gradito amante, et ei si punge con lo spino che v'è celato, così una cosa che si fa con buon intendimento può riuscire di danno alla persona che volevate lieta. In quel che accade c'è qualcosa che a noi rimane oscuro et al nostro volere si sottrae come cometa dal cielo sereno. Non tutto ciò che accade noi causiamo, d'una gran parte è causa il fato, oppure il caso. - Sì dicendo toglieva le spine alla rosa ch'aveva colto e la porgeva alla marchesa.

La divina giustizia

Ma la primavera non avea finito di compiere sue stragi nella dolce terra dei Challant quasi a riprova ch'avea detto il vero colui che sentenziò ch'ella si fosse stagione infida e assai crudele. Udite dunque il caso che avvenne all'abate Prudenzio, abate gentile e di galante aspetto, cui le donne guardavan con piacere e che sempre aveva alle labbra sorrisi seduttori. Egli era edotto in studiati atteggiamenti al fin di più piacere alla gente, e tanta consuetudine aveva a detti atteggiamenti che parevano frutto di natura. Bello della persona era et elegante e sapeva danzare e cavalcare a meraviglia. Ma ancor che molti, femmine e maschi, lo guardasser con piacere, e in molti cuori dolci propositi e celati desideri fossero nati per lui, non si conosceva alcuno tuttavia a cui più che sorrisi e studiate parolette l'abate Prudenzio donato avesse. E correva voce tra la gente che si difendesse con molti accorgimenti dal concedersi altrui, quasi invidiasse ad altri il piacere del suo corpo e il godimento che di lui poteva trarsi. Delle donne soprattutto temeva l'approccio e se accadeva che una donna, vinta dal bel volto seduttore, a lui tentasse avvicinarsi o la man gli prendesse o lo toccasse mai furtivamente, ritraevasi quasi per ribrezzo, sia che volesse sua castità serbare e fuggir le tentazioni della carne, sia che altrove volgesse i suoi desiri.

Or avvenne in una cavalcata, che tutta la corte faceva per festeggiare la fioritura dei ciliegi, dei quali la valle era assai ricca, che accanto a Prudenzio cavalcò madonna Ildegonda, dama solenne venuta d'oltralpe, grande bionda e bella, ancor che certe asprezze avea nel portamento e alcuna durezza nella voce. Or tra discorsi e piacevoli motti, fosse il profumo dei fioriti ciliegi, e il ronzar dell'api o la brezza stuzzicante, accadde che alla vergine Ildegonda tutti s'accesero i sensi per l'abate, sì ch'ella più non sapeva come frenar sue voglie e tenerle altrui celate. Noi non sappiamo s'egli s'avvisò di questo fatto e andasse tra sé già ragionando come sfuggire all'insidiatrice. Certo si era che la donna un piano nella mente già faceva per sorprendere l'abate in guisa tale che, per schivo e ritroso che si fosse, non potesse sfuggirle in alcun modo. Accadde infatti che, tornata al castello tutta quanta la cavalcata, mentre ognuno cercava riposo nella sua fida stanza, Ildegonda dietro un pilastro si nascose presso la porta dell'abate, e allor che egli giunse e fece per entrare, ella di dietro lo sospinse et entrò con seco lui, e tanto destra fue che la porta richiuse alle sue spalle. Quel che dentro fu fatto non sappiamo; se lotta ci fu, fu aspra e dura, poi che la dama in prestanza superava il casto abate. Ma questi a tal segno avea perfezionate sue difese che l'alcova aveva posta in una nicchia et al fin che nessuno la violasse una griglia di ferro a punte aguzze scendeva dall'alto al premer d'una leva, sì che inviolata fosse l'alcova e chi l'insidiava potesse dalle acute punte esser trafitto.