Hanuman rifletté sulla spiegazione e annuì. — Mettetevi la tuta.
11. Il terreno ferito
La maggior parte dei Mangiatopi era appisolata nel sottosuolo dopo il pasto del mattino. Wembleth non aveva quell’abitudine. Wembleth era un viaggiatore, adattava il proprio comportamento a quello degli ospiti. Da diversi giri del cielo viveva con quei cacciatori notturni e divideva i loro pasti e le loro femmine, insegnando a tutti come fabbricare e usare utensili, cose da lui imparate altrove.
Quasi tutti gli abitanti del villaggio erano nelle case tana. Bambini più grandicelli e anziani ripulivano i resti del banchetto, con l’aiuto di Wembleth, mentre le ombre si ritraevano dal sole. Per Wembleth era una buona scelta: aveva bisogno di un po’ di sole per tenersi in salute. Fra qualche minuto sarebbero andati tutti dentro…
Il giorno si incendiò. Bambini strillarono. I Mangiatopi non sopportavano la semplice luce del giorno: come avrebbero resistito a quel bagliore? Wembleth fu costretto a socchiudere gli occhi. Prese in braccio due bambini, li riparò contro il proprio petto e gridò agli altri: - Andate dentro! - Scattò verso la casa più vicina. Gli altri avrebbero dovuto seguirlo o cercarsi la propria casa.
Nelle case dei Mangiatopi le finestre erano semplici feritoie. Wembleth depositò nel buio i bambini, ne oltrepassò altri spaventati e tornò fuori. Bambini e anziani correvano, ciechi, nell’orribile luce. I Mangiatopi anziani tendevano comunque a perdere la vista: un’anomalia che permetteva loro di andare in giro di giorno. Wembleth, a occhi socchiusi, riusciva ancora a vederci. Gli altri, no. Gli adulti erano più grossi di lui. In qualche modo Wembleth riuscì a spingerli negli ingressi.
Non sapeva quanto tempo era passato, ma l’accecante luce svanì. Un vento forte e caldo soffiò nella piazza, sparpagliò le braci del fuoco comune e si estinse. Ora un debole vento soffiava nella direzione opposta. Wembleth non trovò nessun altro, non vide più niente e allora strisciò dentro. Il buio era completo e lui aveva perduto la visione notturna e anche l’orribile luce si era affievolita. Si distese e ansimò per ritrovare il fiato. Ci sarebbe stato un cambiamento. Ce n’era sempre uno, quando le cose andavano male. Bisognava stare attenti alle opportunità che si sarebbero presentate come conseguenza.
Wembleth si accorse d’essere senza fiato, di soffocare.
L’esplosione scagliò la Snail Darter, in campo di stasi, contro una scogliera rocciosa sovrastante un’estesa foresta. Quando il tempo riprese a scorrere, la nave era diventata parte di un’immensa slavina di scisti frantumati. Molto lontano, a favore di spin, un mare di nebbia oscurava l’orizzonte e nascondeva ogni cosa, su fino alla base dell’Arco. Ancora più lontano, la nebbia si alzava in una cupola. Il limitare più vicino era un’onda d’urto ancora in pigro movimento verso la Snail Darter.
— Pare la fine del mondo - disse Oliver. - Di ogni mondo. Di un mucchio di mondi.
— Guardate chi c’è intorno - ordinò Roxanny.
Il detective Oliver Forrestier si impegnò con vari sensori. La Right Whale, il grosso incrociatore della ARM, si era alzato contro un bestione kzinti senza nome, un attimo prima della palla di fuoco e del totale oscuramento. C’erano state anche altre navi, ma adesso non c’era niente. - Nessuna scia di condensazione evidente - disse Oliver. - La nube emette neutrini… le ultime tracce di antimateria, direi, in diminuzione. Nessun punto di partenza. Nessuna grande nave.
— La palla di fuoco si sgonfia - disse Claus, a disagio. - Come se fosse risucchiata giù.
— Be’, andiamo a guardare - disse Roxanny. - Siamo rimasti senza nemici, giusto, Forrestier? L’esplosione li avrà eliminati tutti. Anche gli amici. Perciò la nostra missione è la raccolta dati. Portaci su, Claus.
La Snail Darter si alzò. Il detec Claus Raschid chiese: - Dritto dentro, Roxanny?
— Tieniti basso, senza fretta. Guarda intorno. Claus, c’è un foro al centro di quella roba. Un foro nel Ringworld è una via per casa.
— Roxanny, cosa ti mette così di buon umore?
Roxanny Gauthier rise di gusto. - Siamo vivi! Non basta? Guarda il solco che abbiamo lasciato. Possiamo seguirlo fino al luogo dell’esplosione. Claus, Oliver, con tutto quanto sappiamo sui campì di stasi, ci credete veramente? Ha senso poter fermare il tempo e rimetterlo in moto? Quando ho visto la luce, ho capito che ero dentro un’esplosione di antimateria. Ho pensato che eravamo morti!
— Quella era una città - disse Oliver. Mosse gli strumenti sulla griglia di vie e di edifici. - Grande. Estesa, come Sydney.
— Claus, rallenta e scendi - disse Roxanny. - Non vedo molti cadaveri. Dove sono i morti?
— Dentro - azzardò Oliver. - Per proteggersi dall’onda d’urto. Guarda i monitor, Roxanny. La pressione dell’aria è bassa e in rapida diminuzione. Si sono nascosti per l’onda d’urto e poi…
— Soffocati? - Claus non era stupido: solo, veniva da un rifiuto. - L’aria si esaurisce. Abbiamo ucciso il Ringworld. Ehi…
— Avremo diecimila anni d’indagini sulla struttura per apprenderne i segreti - disse Roxanny. - Cosa fai, Claus?
— Scendo. Vedo un superstite.
Sotto terra Wembleth stava soffocando. Strisciò faticosamente nella luce, ma fuori l’aria non era migliore. La luce si era ridotta a giorno pieno, ma c’era una bizzarria a favore di spin, come se avessero portato via mezzo mondo, lasciando solo nebbia e caos. Ansimando, Wembleth andò nella piazza centrale. Un’ora fa si banchettava, ora non c’era nessuno. I fuochi erano spenti. I Mangiatopi non sarebbero usciti in caso di emergenza e Wembleth non aveva una risposta migliore di loro.
Dal cielo scendeva un oggetto dalla sagoma che ricordava vagamente un argenteo uovo di vinch. Wembleth si alzò, anche se sul punto di svenire, e agitò le braccia. Nel dubbio, chiedi aiuto: era il suo istinto, sostenuto dal ragionamento sempre meno lucido. C’era gente con il potere di volare! Si raccontavano storie su quel potere, ma questa gente volava nel vento di un disastro di enorme portata. Se era in grado di farlo, qualcosa doveva pur sapere!
Bisognava portare ad altri popoli la notizia del disastro. Wembleth era caduto sulle ginocchia e sulle mani, quando due persone di specie sconosciuta scesero verso di lui. Portavano corazza dura, come i mitici Vashneesht. Gli diedero una sacca e lo spinsero a strisciarvi dentro. Wembleth obbedì. Aria sibilò nella sacca e lui poté di nuovo respirare. Non sapeva come dire ai Vashneesht che c’erano altri da salvare. Non pensò che i Vashneesht, i maghi, potessero essere la causa del disastro che distruggeva il mondo.