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Vide Ultimo. Poi vide su un tavolo il suo stesso droud, il congegno con il quale poteva collegare il proprio cervello a una qualsiasi presa elettrica. L’aveva distrutto, l’aveva dato a Chmeee e aveva guardato lo Kzin farlo a pezzi. Perciò era un congegno di ricambio. Un’esca per lui, droud-dipendente. Si toccò la nuca, fra i capelli, sotto il codino. Innesta il droud, pensò, lascia che la corrente elettrica ti scorra nel centro del piacere… non trovò la presa.

Scoppiò a ridere. Era sparita! Le nanomacchine dell’automed gli avevano ricostruito il cranio senza una presa per il droud. Rifletté su quella scoperta. Prese il droud. Se sei confuso, pensò, trasmetti un messaggio che confonda l’avversario.

Ultimo sembrava uno sgabello ingemmato, con le tre gambe e tutt’e due le teste infilate per protezione sotto il tronco. Louis sorrise. Venne avanti, affondò la mano nella chioma ornata di gioielli e scosse il burattinaio rincantucciato per la paura.

— Non toccare niente!

Louis trasalì. La Voce fu un’esplosione di musica di contralto, quella di Ultimo, con il volume alzato, e si espresse in Interlingua. — Dimmi cosa desideri, ma non toccare niente.

La Voce di Ultimo, in realtà il pilota automatico della Needle, lo conosceva, conosceva come minimo la sua lingua e non l’aveva ucciso. Louis ritrovò la parola. — Mi aspettavi?

— Sì. Ti do libertà limitata in questo ambiente. C’è una presa di corrente vicino al…

— No. Voglio fare colazione. — A un tratto sentiva le proteste del proprio stomaco. — Ho bisogno di cibo.

— Qui non c’è cucina adatta alla tua specie.

Una bassa rampa girava intorno alle pareti e portava ai piani superiori. — Tornerò — disse Louis.

Salì la rampa, al passo e poi di corsa. Rallentò intorno alla parete, sopra un salto di venticinque metri, non difficile, solo un po’ impressionante, e fu negli alloggi dell’equipaggio. Un buco indicava il punto da dove l’automed era stato rimosso. Per il resto gli alloggi non erano cambiati. Le piante erano ancora vive. Louis andò alla parete cucina e selezionò cappuccino e frutta. Mangiò. Si vestì, con calzoni e maglietta e un giubbotto tutto tasche, una delle quali era gonfia per la presenza del droud. Terminò la frutta, poi selezionò una omelette, patatine, un secondo cappuccino e una focaccia dolce. Mentre mangiava, rifletté. Che cosa voleva veramente?

Svegliare Ultimo? Aveva bisogno di lui per farsi dire che cosa succedeva; ma conosceva l’abilità dei burattinai nel manipolare gli altri e la loro reticenza e il continuo cambiamento dell’equilibrio di potere nel Centro Manutenzione. Meglio saperne di più, prima. Avere una piccola leva, prima di cercare la verità.

Gettò nel contenitore di riciclaggio rifiuti i piatti della colazione. Riprese a salire intorno alla parete, con prudenza. — Voce di Ultimo — chiamò.

— Ai tuoi ordini. Non ti serve rischiare una caduta. Qui c’è un disco passatoio. — Un cursore a freccia indicò un punto negli alloggi.

— Mostrami la Sala Difesa Meteore.

— Termine sconosciuto. — Nella parete di sinistra comparve una finestra olografica. — Ti riferisci a questo?

La Sala Difesa Meteore sotto la Mappa di Marte era un vasto spazio buio. Tutte le stelle dell’universo correvano intorno a una parete ellissoide alta nove metri, il pavimento e il soffitto. Tre lunghi bracci girevoli terminavano in sedioli muniti di tastiera portatile e risaltavano nero su nero davanti allo schermo a parete.

Oltre il bordo della finestra a comparsa, sotto una forte luce, c’erano ossa nodose esposte a scopo di studio. Appartenevano al più antico difensore noto a Louis e da lui battezzato Crono. Lontano nelle ombre c’erano colonne sormontate da larghe piastre, simili a funghi meccanici. Louis indicò l’interno della finestra. — Quelle cosa sono?

— Cataste di servizio — esclamò la Voce di Ultimo — composte di parecchie piastre levitanti, sormontate da un disco passatoio.

Louis annuì. I costruttori del Ringworld avevano lasciato piastre levitanti per tutto il Centro Manutenzione. Se impilate, avevano portata maggiore. L’aggiunta di un disco passatoio pareva un’ovvia finezza, se si aveva tempo da perdere.

Louis vide un braccio muoversi contro il fondale di stelle. Il movimento terminò in un’ombra nodosa, spigolosa.

Tutti i difensori assomigliano a un’armatura medievale.

Il difensore teneva d’occhio una spruzzata di stelle, con telecamere montate sul Ringworld stesso, forse all’esterno del muro del bordo, lontano dal sole. Non parve rendersi conto d’essere osservato.

Louis non s’aspettava certo asteroidi o pianeti. Sconosciuti costruttori li avevano eliminati dal sistema del Ringworld. Il turbine di luci in movimento era composto di veicoli spaziali appartenenti a varie specie. Ora l’immagine si focalizzò su una diafana e fragile astronave di Estranei; poi su un ago di vetro, scafo tipo 2 della General Products, di appartenenza ignota; poi su un’astronave da guerra della ARM, a forma di palanchino.

Armonista pareva completamente concentrato. Zumò il panorama stellare velato da un grumo nebuloso, una proto-cometa. Minuscole macchine spigolose andavano alla deriva intorno a essa, marcate da cerchi lampeggianti del cursore. Una lancia di luce, molto più vivida, indicava una nave da guerra con motore a fusione. Un’altra nave da guerra attraversò rapidamente lo schermo. “La Guerra Periferica è ancora fredda” pensò Louis. Si domandò ancora per quanto. Una tregua formale non poteva reggere, fra tante menti così diverse.

Le braccia del difensore si agitarono sulla tastiera. Con la coda dell’occhio Louis notò l’abbassamento del bagliore solare. Si girò di scatto. Sopra la Needle, il cratere di Olympus Mons si apriva, inondava di luce non filtrata la caverna. L’acceleratore lineare rombò, un arco luminoso risalì dal fondo. Il cratere cominciò a richiudersi.

Louis si girò di nuovo verso lo schermo. Da sopra la spalla di Armonista osservò il bagliore di fusione ridursi a puntino luminoso. Qualsiasi cosa Armonista avesse lanciato, era ormai troppo distante.

Armonista interveniva nella Guerra Periferica! Non ci si poteva aspettare che un difensore non reagisse, anche se l’alternativa era attirare la guerra. Louis si accigliò. Il difensore Bram era stato pazzo, anche se di suprema intelligenza. Ora lui doveva stabilire se anche Armonista era pazzo e decidere come comportarsi.

Intanto il Difensore era impegnato, pensò Louis, e si chiese quanta libertà gli avrebbe concesso. Disse: — Voce di Ultimo, mostrami la posizione di tutti i dischi passatoio.

La Voce di Ultimo mostrò all’improvviso tutti i 360 gradi della sala Mappe. Louis fu circondato dal Ringworld; cursori luminosi balenarono sulla superficie, alcuni a forma di freccia. Lo schema era molto cambiato dall’ultima volta.

— Quanti? — chiese Louis.

— Novantacinque dischi passatoio sono attualmente in funzione. Due si sono guastati. Tre sono stati lanciati nello spazio per far passare sonde. Le flotte li hanno abbattuti. Dieci sono tenuti di riserva.

Ultimo aveva ammassato nella Hot Needle un certo numero di dischi, pensò Louis, ma di sicuro molto meno di centodieci. — Ultimo ne sta costruendo altri? — domandò.

— Con il suo aiuto Armonista ha impiantato una fabbrica di dischi passatoio. Il lavoro procede lentamente.

Le piccole luci arancioni che indicavano i dischi passatoio erano numerose lungo il lato più vicino del Ringworld, l’arco del Grande Oceano. Due luci a freccia avevano quasi raggiunto il bordo dell’Altro Oceano. Altre si muovevano nella stessa direzione.

L’Altro Oceano era una losanga che si estendeva per la maggior parte dell’ampiezza del Ringworld, a 180 gradi dal Grande Oceano. Due simili masse d’acqua dovevano equilibrarsi. “È il momento” pensò Louis. La maggior parte dei dischi passatoio era raggruppata intorno al Grande Oceano e in particolare intorno a quella che era di sicuro la Mappa di Marte. Louis indicò un punto al largo di Marte. — Quello cos’è?