Lo precedette, attraversò il fiume passando sulle pietre da guado e poi dietro bassi cespugli. Da seduti, erano fuori vista. Louis la baciò. Roxanny accettò il bacio senza ricambiare, poi chiese: — Vuoi ancora essere salvato? Vuoi visitare la Terra?
— L’ultima volta non avevo scelta.
Scrollata di spalle. — Saresti assai prezioso. Posso provare a farti avere la cittadinanza…
— Roxanny, mio padre era nato illegalmente. — Voleva che il punto fosse chiaro, Luis Tamasan non è registrato, prima che lei cercasse un uomo immaginario. — Cosa significa, cittadinanza?
Ascoltò con attenzione la risposta. Dopo la sua partenza, c’erano stati di sicuro cambiamenti nella civiltà. Pareva ci fossero nuove leggi, maggiori limitazioni. Forse solo nel sistema solare.
Come Luis, non poteva saperne niente. — Diritto di nascita? Roxanny, cos’è il diritto di nascita?
— Te lo troverò nella libreria. Essenzialmente, nasci con uno o due diritti di nascita che dipendono in gran parte dal tuo schema genetico. Se sei sano, probabilmente hai due diritti di nascita. Puoi perderli o puoi acquisirne altri. Due diritti producono un figlio.
Louis Wu aveva usato i suoi diritti. Falsificare la sua identità avrebbe coinvolto la falsificazione dei diritti e le penalità erano draconiane. — Non mi ispira a stabilirmi sulla Terra.
— No, con un padre bastardo. Però è il mondo più interessante.
Era possibile, pensò Louis, che il suo alter ego Luis Tamasan divenisse una persona del tutto nuova. Se si fosse stabilito su We Made It o su Home, perché mai qualcuno avrebbe tentato di collegare il suo schema genetico a un Louis Wu? Avrebbe pagato le tasse, imparato una nuova professione. Si sarebbe sposato… — Quante probabilità abbiamo di arrivare nello spazio?
— Sappiamo dov’è il foro, se il… il mago… non l’ha chiuso.
— Il Tessitore Fantasma.
Roxanny scrollò le spalle. — Chiamalo come vuoi. La Gray Nurse può sparare proiettili contro il foro dal di sotto. Così sapremo se il foro è chiuso. A parte questo, chi può saperlo? Accolito si adeguerà?
— Sì, penso.
— Verrà con noi?
— Non potete far avere la cittadinanza a lui. È uno Kzin. Siete in guerra con gli Kzinti, no?
— Ufficialmente non c’è più guerra da quattrocento anni. — Batté colpetti sulla manica e lesse ciò che comparve. — Da 1600 falan. Non avrà problemi. Nello spazio umano i cittadini kzinti sono centinaia di migliaia.
— Non gli direi di venire con noi. È più giovane di me, sai.
— Torniamo indietro.
Louis non si mosse. — E Wembleth? Volete anche lui?
— Sì. È un vero indigeno, in fin dei conti. Di sicuro conosce cose fantastiche e c’è gente che ucciderebbe per leggere il suo schema genetico. — Si alzò è agitò le braccia verso Claus. — Torniamo.
Un quadrato delle ombre aveva bloccato il sole tranne che per una piccola falce. Accolito era accucciato davanti alla libreria, con Claus fermo alle sue spalle. Lì vicino Hanuman, con aria solenne, si toglieva immaginari parassiti. Guardò Louis e gli rivolse un gesto pressante. Claus alzò la mano: stingeva un oggetto sagomato a L.
Dietro di lui, Roxanny disse, brusca: — Luis, no! — Al rumore, Hanuman emise uno stridio. Anche Roxanny aveva in mano un oggetto, sottile e piatto, simile al calcio di una pistola, chiaramente un’arma. Dal vecchio addestramento yogatsu Louis capì che lei era fuori portata.
Dietro Roxanny il sole nascente brillò sul bordo di una cresta.
Louis avrebbe dovuto lasciarsi attirare dalla luce, ma era di fronte a Roxanny e a Claus e a due pistole. Fu lento a capire. Nascosto o no, il sole era sempre a mezzodì. Quella luce non poteva essere il sole.
Il terreno tremò.
Accolito non si era mosso, di sicuro l’avevano avvertito di non muoversi.
— Credo che faremo meglio da soli — disse Claus, con un sorriso di vittoria. — Ci basta una sola aviobici, ma abbiamo bisogno di voi per dirci come pilotarla. Sapete farlo tutt’e due. Ci serve uno solo di voi.
Louis girò la schiena alla palla di fuoco che si alzava sopra la cresta. Di sicuro il bagliore accecò Claus. Il terreno vacillò, Louis vacillò, Claus vacillò e Hanuman saltò fra le braccia di Claus. Claus cercò di spostarlo da parte. Accolito si girò nell’alzarsi. Con l’artiglio spazzò Claus e lo uncinò sotto la gola. Louis si girò di scatto e mosse due passi di corsa. Colpì Roxanny alla mascella e con il corpo accompagnò il colpo. Roxanny andò giù, rotolando, e Louis le saltò dietro, temendo d’averla colpita troppo forte, ma doveva impossessarsi della pistola. Con la coda dell’occhio vide che Accolito scagliava a terra Claus, con uno schizzo di sangue. Louis piantò il piede sulla mano che impugnava la pistola e prese l’arma. — Non muoverti — disse.
Roxanny invece si mosse. Gli mollò un calcio e lo colpì al ventre. Louis mosse la mano, sparò e sbagliò il colpo. Dal terreno si sollevò una nuvola di polvere. Un’arma sonica. Ancora in piedi, Louis cercò di indietreggiare. Con l’altro piede Roxanny gli agganciò il ginocchio. Louis si liberò. Roxanny era già in piedi. Con l’attaccatura della mano lo colpì alla guancia e Louis finì a gambe levate, ma si trattenne dallo sparare. Allora lei gli afferrò la mano, gliela torse e gli strappò la pistola. La puntò su una aviobici in decollo. Louis la spinse, facendole perdere l’equilibrio. Roxanny sparò nel cadere.
Louis si ritrovò sul terreno a gridare di dolore. Si sentiva come se gli avessero spappolato tutte le ossa della gamba sinistra fino all’anca. Roxanny sparò in cielo, abbassò il braccio e imprecò.
Quando rimise a fuoco la vista, Louis vide che la pistola era puntata dritto su di lui, da meno di un metro. Sopra la cresta, la palla di fuoco stava morendo. Dal bagliore emerse una nave spaziale in fase di atterraggio. Sul terreno c’era ancora un’aviobici. L’altra non era in vista, al pari di Hanuman, Accolito e Wembleth. Claus giaceva sulla schiena, con la testa quasi staccata, sventrato.
Roxanny lo tenne sotto tiro. — Perché non ti sparo e basta?
— Roxanny, non farlo — disse Louis Wu, maestro di sarcasmo. Non osava muoversi e non riusciva a pensare. Pazienza. Un ventenne si sarebbe spezzato sotto la furia negli occhi di lei. — Non spararmi. Ti porterò con l’aviobici dove vuoi. Solo, non posso muovermi.
Wembleth sbucò da dietro un albero, vide la pistola in pugno a Roxanny e si ritrasse.
— Non mi serve la tua aviobici — disse Roxanny.
— Ora abbiamo una nave. Wembleth! Sali a bordo e siediti. Luis, puoi alzarti?
— Futz, no! — disse Louis.
Roxanny si chinò e lo prese fra le braccia. La gamba penzolò, come priva d’ossa. Louis urlò di dolore e lei lo lasciò quasi cadere. Accecato dal dolore, Louis si perdette il resto.
Era disteso sulla schiena. Sul soffitto scorreva una sorta di talk show, ma le voci non erano abbinate. Ah: il sonoro era spento. Le voci risuonavano da qualche tempo contro uno sfondo rumoroso che Louis attribuì a una nave da guerra.
— Avevo fratelli, una volta — disse Wembleth, con il tono di chi parla sotto l’effetto di farmaci. Il congegno traduttore suonava preciso e attento. — Sono stato nella loro casa di zolle, quando mio padre e io ci siamo trasferiti a…
— Vi trasferite spesso? — intervenne con tono di comando una voce che Louis non aveva mai sentito.
— Sì — rispose Wembleth.
Roxanny gli aveva sparato. Fino a che punto era grave? Wembleth aveva la mente confusa e difficoltà a non divagare dal racconto. E quelli avrebbero appreso troppo anche da Luis Tamasan, se lo avessero interrogato. Louis cercò di muoversi.
Non aveva grande sensibilità. Un formicolio alla base della nuca. Riusciva a muovere gli occhi e, un poco, la testa. Vedeva solo che era nudo, supino, immobilizzato in una sorta di cavalletto di tortura… o nella scatola di rianimazione di un automed militare. Il rumore di fondo faceva pensare a una nave da guerra. Louis ascoltò le voci, cercò di distinguerle.