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— Questo è Oceano Due! — disse Roxanny. — Secondo te, andiamo su una delle mappe?

— Certo. Cosa pensi delle ombre, Roxanny?

— Siamo troppo in alto per esprimere giudizi.

Louis rimase in silenzio. Si chiese cosa ne potesse saperne “Luis Tamasan”. Ma le ombre non ci sono, in un posto dove è sempre mezzodì. Louis Wu lo trovava bizzarro.

— Luis, Wembleth, sapete che ci sono due oceani sul Ringworld? — disse Roxanny. — Esistono miliardi di piccoli mari poco profondi con rive frastagliate per offrire agli indigeni un mucchio di comode baie e porti, nonché i mille miliardi di chilometri di fiumi serpeggianti. Ma poi ci sono due grossi oceani controbilanciati, uno con le mappe di tutti i pianeti abitati dell’universo conosciuto e questo con una mappa ripetuta all’infinito. Probabilmente anch’esso un pianeta in scala 1 a 1, ma sconosciuto alla ARM.

Louis si mise a ridere. Roxanny lo guardò di storto. — Ci sono 32 mappe, tutte dello stesso pianeta! Perciò, una volta atterrati, non sapremo dove ci troviamo. È questo che ti diverte?

— Già. La ARM ha idea dell’aspetto del mondo natale dei Pak?

— Una zona di guerra permanente. Ogni difensore Pak vuole che la sua linea genetica governi il mondo. Ripeto solo il prospetto informativo, tutte cose che abbiamo saputo da un difensore sperso, tramite Jack Brennan, e costui era un cittadino della Fascia divenuto difensore, del tutto inaffidabile. Quindi non conosciamo le forme dei continenti Pak. Forse cambiano. Quelle creature sono potenti. Il jolly… lei assomiglia agli scheletri di riproduttori Pak che continuiamo a trovare in Asia e in Africa. Allora da dove viene? Dal pianeta natale dei Pak? Ma forse è la Mappa della Terra. Luis, hai detto che in origine la Mappa della Terra era di riproduttori Pak.

La nave pesce luna scendeva verso un gruppo di isole vicino alla riva contro spin dell’Altro Oceano, cinquantamila miglia, forse. Ogni distorsione si perdeva nei particolari, mentre il terreno veniva loro incontro. Sul terreno c’erano mezzelune e chiazze d’ombra… ma come poteva esserci ombra, con il sole proprio sopra? Parevano pittogrammi o scrittura. Una solitaria montagna accanto al punto centrale del continente scintillò. Abitazioni? Con finestre?

L’aspetto granuloso del terreno divenne tanti punti interdipendenti di tutte le dimensioni, tratti distintivi circolari, come se il territorio fosse stato battuto da meteoriti. Ora in rallentamento, sfiorarono una foresta. Louis riconobbe catene d’alberi gomito e altra vegetazione ben nota. Disse: — La maggior parte di ciò che si trova sul Ringworld si è sicuramente evoluto da piante e animali Pak.

— Bravo, Luis. — Un buffetto verbale sulla testa.

Qualcosa, nel disegno…

— È un giardino — disse Roxanny.

— Così grande? — Erano ancora a miglia d’altezza.

Tuttavia Roxanny aveva ragione, pensò Louis. Il panorama non era di campi coltivati, ma era di sicuro sagomato. Varietà e colore: increspature arcobaleno che dovevano essere migliaia di miglia quadrate di aiuole; vari boschetti in tutti i colori dell’autunno e non solo, che ancora parevano non più grandi di peli della barba di un damerino. Una prateria ombreggiata da archi neri. Stagni, laghi, mari come piatti d’argento con al centro piccoli punti di isole.

— I giardini classici sono tutti rettangoli, a meno che non debbano sembrare una regione selvaggia. Quale giardino è fatto di soli cerchi tutti diversi l’uno dall’altro? Questo è come… giusto.

Come la Luna, pensò Louis. — Una zona di guerra? — disse. Tutta cerchi, tutta crateri. Il pianeta natale dei Pak.

— Vashneesht — disse Wembleth, convinto.

— Già, il jolly cerca d’impressionarci — disse Roxanny. Louis rise. Vide profili rettilinei fare capolino nel disordine di colori. Scesero velocemente. Ci fu un colpo sordo. La gravità smise di vibrare.

15. Proserpina

Proserpina portò giù nel giardino la nave magnetica, sei miglia più a valle dell’habitat continentale di Penultimo. Assicurati i motori, rotolò fuori della cabina e corse a poppa. Un senso d’ordine avrebbe contribuito a far adattare gli alieni, pensò, ma avrebbe imparato di meno se avesse dato loro troppo tempo.

Isolata, privata dei sensi, imprigionata nella Zona d’Isolamento per tutti quei milioni di falan, Proserpina era stata ancora in grado di desumere particolari generici della storia del Ringworld: lotte intestine, giochi di dominio, modificazioni topografiche di zone estese come pianeti, spostamenti di alleanze, cambiamenti di schemi genetici…

C’era un solo Centro Manutenzione, posto a metà strada intorno al Ringworld rispetto alla Zona d’Isolamento. Poteva essere visto come la naturale sala del trono del Ringworld. Attualmente un Ghoul era al potere ed era un bene. Non aveva molta esperienza, era avventato (male), probabilmente maschio. I maschi vagavano più lontano. Dove l’albero-di-vita era raro, un maschio l’avrebbe trovato per primo.

La faccenda si riduceva al controllo. In anni precedenti lei aveva visto complotto dopo complotto e aveva trovato sempre un modo per restare neutrale senza essere distrutta. C’era sempre un signore del creato e, dopo un’orribile prima esperienza, non era mai Proserpina.

Attraversò a salti i puntoni della griglia e scivolò nel modulo di salvataggio.

La donna disse: — Dobbiamo parlare.

Proserpina percepì con divertimento l’impazienza della Prima Detec Gauthier. La donna era giovane, ma non come riproduttrice. La sua postura suggeriva una gravità diversa; il suo linguaggio era un po’ alterato rispetto a quello che lei aveva udito mentre origliava le persone al seguito del Ghoul. Gauthier apparteneva agli invasori. Avrebbe avuto molto da raccontare, quando avesse smesso di rifiutarsi.

Roxanny parve a disagio per il silenzio di Proserpina. — Dobbiamo parlare per far funzionare il traduttore — disse.

Proserpina non sorrise. Non poteva. Avevano parlato, mentre davano la caccia a Wembleth nel villaggio, ma non avevano detto niente. Nomi, verbi, insufficienti per un’imbeccata al congegno parlante. Il detec Gauthier aveva segreti. Al pari di Proserpina. Quando avesse avuto bisogno di parlare, avrebbe parlato.

Il brachiatore la osservò senza fare niente. Lei si era aspettata sottomissione. Il piccolo difensore era di sicuro al servizio di altri, forse del Ghoul.

Uno dei maschi espresse sottovoce una richiesta. Proserpina non conosceva la lingua. L’avrebbe imparata prima o poi. Il maschio pareva un indigeno, un po’ curvo, ma a suo agio con la gravità generata dallo spin del Ringworld. Non avrebbe avuto molto da rivelare. Ciò che voleva era chiaro: sfamarsi. Gli altri maschi erano feriti e immobilizzati, nudi e inermi. Il primo la osservava. Proserpina fu colpita dalla sua pazienza. Non era un difensore, era un anziano, della stessa specie della donna. Doveva trattarsi del riproduttore servo del Ghoul, Louis Wu dei Mondi Globo.

— Siete tutti affamati — disse Proserpina, in interlingua. Gli uomini non rimasero sorpresi, ma Gauthier trasalì. — Avete tutti buona tolleranza alla frutta. Ora studieremo i particolari della vostra dieta. Siamo tutti onnivori, penso, tranne tu. — Guardò il più piccolo. — Come vi chiamate?