La donna ritrovò la padronanza di sé. Indicò a uno a uno gli altri. — Luis Tamasan. Wembleth. Io sono Roxanny Gauthier. Proserpina, come hai imparato la nostra lingua?
— Mi sono inserita in una libreria — rispose Proserpina. Vide la donna rizzare il pelo. “Il computer della Gray Nurse! Rubato!” Ora si rivolse a Luis/Louis: — Ho scelto il mio nome nella vostra letteratura. — Anche Wu e il piccolo difensore, notò, avevano segreti.
Batté le mani. — Sfamatevi. Fuori troverete frutta e un ruscello.
— Dovrò dare da mangiare a Luis — disse Roxanny.
— Dovrete imparare cos’è commestibile. Venite. Luis, torneremo presto. L’apparecchiatura ti darà sostanze nutrienti, ma sarà meglio tenere impegnato anche il sistema digerente.
— Grazie — disse Louis.
Roxanny non parve convinta, ma andò con gli altri.
Roxanny seguì il difensore e Wembleth seguì Roxanny, tenendo per mano Hanuman. La scimmia s’inerpicò con velocità maggiore di quella ottenuta dalle tozze gambe di Wembleth. Da dietro il jolly pareva una donnetta calva e scheletrica. Era alto un metro e mezzo. Aveva le giunture gonfie, la spina dorsale simile a una colonna di ciottoli. Roxanny sapeva che avrebbe dovuto temere quella creatura, ma non riusciva a sentirsi intimidita.
Proserpina parlava a Wembleth in interlingua. Wembleth ciarlava nella propria e Roxanny ascoltava il traduttore senza tanta attenzione.
— Nostra madre ci ha abbandonati. Non ho mai chiesto a mio padre, su quel punto era suscettibile; ma ho ascoltato. Tutt’e due erano soliti andare in esplorazione. Lei un giorno se ne andò, semplicemente. Molte specie lo fanno, diventano maligne e solitarie, come la Gente della Palude. Amichevoli e curiose da giovani, grande rishathra, poi scatta qualcosa e si ammassano, cambiano atteggiamento e vanno via nella palude. Temevo di fare come loro. L’ibridazione è rara e non sai mai cosa salta fuori.
— Hai fatto rishathra con Gente della Palude?
— Con una ragazza, finché non si è accoppiata, e dopo siamo rimasti amici. Poi lei restò incinta e se ne andò da sola per allevare i figli.
Nella foresta c’erano bassi edifici. Mascherati dagli alberi. Alberi crescevano dai tetti o a fianco di un minareto. Un enorme albero cresceva nel nucleo cavo di un anello alto due piani.
Con la coda dell’occhio Roxanny scorse ombre. Ombre d’alberi non si sarebbero mosse in quel bizzarro posto dove era sempre mezzodì. Lei fu sicura che nella foresta c’erano animali che li tenevano d’occhio.
Proserpina era veloce, saettava fra gli alberi, raccoglieva piante di varia forma e colore. — Prova questo — disse all’animale da compagnia di Luis, mettendogli fra le mani un grumo viola. Somigliava a una melanzana, ma schizzò succo rosso, una volta addentato. Hanuman vi cacciò dentro il muso.
— Ecco, ecco — disse Proserpina. Distribuì altri frutti. Il globo giallo che toccò a Roxanny era amaro. Lei lo lasciò cadere. La polpa di una manciata di bacche verdi era commestibile, ma acida intorno ai semi. Wembleth trovò di suo gusto il bordo interno di un anello giallo chiazzato (ci cacciò dentro la testa) e il grumo viola di Hanuman.
— Roxanny, questo posto è molto diverso dai vostri Mondi Globo?
— Molto.
— In cosa?
— Non sono stata qui a lungo, ho molto da vedere — disse Roxanny. Era riluttante a parlare. Prima o poi il difensore le avrebbe fatto domande alle quali non poteva rispondere. Tuttavia… non c’era niente che lei non potesse apprendere da un protettore?
Allora temporeggiò. — Abbiamo appreso un mucchio di cose, prima dell’atterraggio. Qui è sempre mezzodì. Una cosa che potrebbe far impazzire. Non vedere mai un tramonto sarebbe la fine del mondo.
— E un sistema di miniere finirebbe nel vuoto. Non è male del tutto. A volte le industrie possono usare il vuoto.
— Un anno fa abbattevate qualsiasi nave si avvicinasse al Ringworld. Perché lo facevate? Perché avete smesso di farlo?
— C’era un difensore Vampiro nel Centro Manutenzione. Era lui a sparare. Un altro ha preso il suo posto.
— E l’attuale è un periodo più tranquillo?
— No, finché voi giocate con l’antimateria, cara mia! Dovete smetterla! Potreste distruggerci tutti, voi stessi compresi. Penso che siate schizzi. Roxanny, sei trasalita.
— Davvero?
— Sei schizza? Eravate schizzi? Eravate. Come siete stati curati?
— Ho smesso di prendere quella roba! — ringhiò Roxanny.
— Roba?
— La ARM soleva reclutare schizzi per i gradini più bassi. Abbiamo cercato di eliminare quel tratto genetico, perciò è difficile trovare un vero schizzo, ma esistono prodotti biochimici in grado di imitare lo stato schizzo. Vedi cose, pensi cose, senti voci che un cittadino mai si sogna. Ho preso la roba durante l’addestramento. Posso farmi un buco durante una missione, facilita le cose, ma cerco di tenermene alla larga. Non sono schizza, Proserpina. I miei geni sono puliti. — Serrò le labbra. Erano faccende molto più personali di quanto non avesse avuto intenzione di rivelare.
— Gradini più bassi? Quelli dei gradini più alti diventano schizzi? No, lascia perdere. I guerrieri come te hanno figli, Roxanny?
— No. Non posso averne. Ho fatto le iniezioni.
Proserpina la fissò. Poi si girò a raccogliere altra frutta. — Darò da mangiare al ferito — disse. — Mangiate. Esplorate. Divertitevi. — Con un gesto vago indicò la foresta e gli edifici nascosti. — Il torrente è da quella parte. Seguitelo per tornare. Presto parleremo.
Roxanny la guardò allontanarsi. Si chiese se davvero era libera di esplorare senza nessuno che la controllasse. La prospettiva era terrificante e irresistibile. Si trovava nel Giardino dell’Eden. Lì camminava Dio. Per il resto non c’era niente di pericoloso.
L’edificio… Un toroide. Una sola porta, niente finestre. Un albero delle dimensioni di una sequoia, al centro, lo sollevava di due metri dalle fondamenta. Mentre Roxanny esitava, Wembleth spiccò un balzo per raggiungere la soglia, si tirò su ed entrò. Roxanny attese un attimo, poi lo seguì. Rimpianse di non avere armi migliori della pistola ad aghi nascosta all’altezza delle reni. Percorse lentamente il locale, una stanza a tubo, inclinata di qualche grado. Non trovò niente che valesse la pena di guardare o di rubare. Sul pavimento c’era uno spesso strato di terriccio e di foglie marce. Nessuna fonte di luce, a parte il tetto trasparente. Niente servizi. Niente gabinetti.
Roxanny si rivolse a Wembleth. — Conosci questo tipo d’edificio?
— Costruzione Vashneesht. Molto vecchia. I muri non possono essere danneggiati, ma il vento di molte generazioni ha arrotondato gli angoli. Credo fosse abitato dai servi dei Vashneesht. Guarda, questo era un letto.
Lo strato di foglie marce? Lei era abituata alle piastre fluttuanti.
L’edificio seguente pareva una stazione di pompaggio annidata in una foresta di tubi. E quello era, ma conteneva anche gabinetti, una enorme vasca da bagno e mucchietti di polvere che un tempo erano stati asciugamani. Wembleth capì: conosceva mezzi più primitivi per usare rifiuti come fertilizzanti. Acque di scolo e di lavaggio fluivano in un sistema di spruzzatori, alimentato dal soffitto, dalla luce del sole convertita. Roxanny e Wembleth persero un’ora a fare il bagno e poi a esaminare il sistema. La cosa degna di nota era che funzionava ancora.
Roxanny guidò gli altri lungo il torrente, in direzione del flusso dei quadrati delle ombre, contro spin. Giunsero a un’ampia spiaggia di sabbia bianca. Enormi frangenti giungevano di continuo da un oceano infinito. Roxanny provò gli occhiali ingranditori. Sapeva che cosa avrebbe dovuto vedere, ma l’orizzonte era una linea di foschia: gli occhiali si limitavano a ingrandirla o a raccogliere correnti di calore. Aveva già scrutato centinaia di miglia solamente per scorgere subcontinenti che appartenevano alla stessa piccola mappa. Quanto tempo avrebbe impiegato ad abituarsi alla scala del Ringworld?