Così Louis uscì dall’automed. Zoppicò, reggendosi con la mano sulla muscolosa spalla di Roxanny, fino all’aviobici, dove Wembleth aspettava. Sentì piccole fitte di dolore alla gamba sinistra, all’anca e alle costole.
— Quest’affare tre li porta? — chiese Roxanny.
— Certo. Wembleth si può appollaiare nel centro. Lascia a me il sediolo anteriore. — Si accomodò sul sedile, torcendosi con cautela per trovare la posizione meno dolorosa. Wembleth si sistemò fra lui e Roxanny. C’era poco spazio e l’ispida pelliccia del nativo sfiorava il collo e le orecchie di Louis.
— Wembleth, cos’hai trovato?
— Un sentiero nella foresta.
— Stet, mostramelo — disse Louis e decollò.
Non era simmetrico né timidamente artistico. Aveva l’aspetto di una montagna, come il Cervino, tutto piani inclinati di pietra scura, con un dilagante scintillio da migliaia di finestre. Una vasta prateria circondava la base e terminava in un dirupo verticale. La prateria era un piano inclinato d’oro e di nero: linee e archi di erba nera in un campo color oro.
— Che ve ne pare? — chiese Louis.
— Il nero sta morendo — rispose Wembleth.
— Il nero è un colore assurdo per una pianta — disse Roxanny. — La clorofilla scarta tutta la luce verde. E se una pianta la consumasse tutta? Ce ne sono alcune, nello spazio conosciuto.
— Sì, ma anche Wembleth ha ragione. Sembra… scrittura erosa, in parte cancellata. E questa? Ingegneria genetica. Penultimo l’ha piantata a scopo decorativo. Non è resistente come l’erba, il frumento o chissà cosa.
Dall’alto il dirupo pareva artificiale. Louis spinse più vicino l’aviobici, poi rasentò il bordo.
— Fermerebbe le scimmie delle pianure — disse Roxanny. — Non un’aviobici.
— Già. Ti senti fortunata? I difensori sono…
— Territoriali, sì, Luis. Wembleth, manca molto?
— Procedi più lentamente. Verso l’alto.
Louis salì ancora. — Qua — disse Wembleth, quando si trovarono lungo il bordo del dirupo. — A sinistra, tribordo.
L’inclinata piana erbosa sarebbe stata un prato, estensione a parte. Schemi cambiavano di continuo nella enorme distesa. Vento? Louis prese in prestito gli occhiali ingranditori di Roxanny. Con quelli distinse migliaia di creature somiglianti a pecore gialle. Più avanti la barriera rocciosa era crollata. Il terriccio superiore si era riversato giù.
— Terremoto? Wembleth, nel Ringworld cosa provoca terremoti?
Wembleth si strinse nelle spalle e allora Roxanny disse: — Meteore?
— Non vedo nessun cratere.
— Allora pensa a questo, ragazzo. Qui abbiamo la fortezza di un difensore. E se un altro difensore avesse voluto entrare?
— Molto, molto tempo fa — disse Louis. Un’intera ecologia, molteplici varietà di erba e una foresta di alberi piumini aveva invaso sassi e terriccio caduti. — Ma quella pista è recente.
Iniziava con una serie di crateri bruciacchiati fra gli alberi sotto il pendio invaso di erbacce che era stato un muro. I puntini sparpagliati diventavano una linea di terra carbonizzata di fresco che correva su un prato e risaliva sulle pareti ricurve della cittadella stessa.
— Non ci sbagliavamo, pensando a difese — disse Louis. — Qualcosa ha risalito il pendio e le armi l’hanno tempestato di colpi per tutta la strada. Wembleth, come hai trovato questa pista?
— Roxanny mi ha mandato a dare un’occhiata qui intorno. Il pendio pareva pericoloso. Qualcosa avrà pure fatto tutti quei danni. Mi sono arrampicato su un albero per avere una visuale migliore. Guarda, continua fino a quei buchi nel muro.
— Seguiamo la pista e siamo al sicuro — disse Roxanny. — Tutte le trappole esplosive sono già scattate.
— Ne sei certa? Bene, allora non ricorrerò allo scudo sonico.
— Hai una sorta di scudo? Stet, mettilo in funzione!
— Era una battuta. Roxanny, è una follia entrare. Quello è il castello di un difensore. Impossibile dire a quale gioco… come l’ha chiamato Proserpina?
— Penultimo. Il difensore che ha preceduto l’ultimo in questo mare di mappe. Là dentro potrebbe esserci un milione d’anni di miracoli. Luis, non possiamo tornare indietro proprio ora.
È facile essere codardi quando non si può combattere e non si può correre. Louis guardò dietro di sé alla ricerca di un alleato. La postura di Wembleth, ansioso e impaziente quanto Roxanny, lo spinse a proseguire. Accese la sacca sonica. Non poteva vederla funzionare, perché non si muovevano a velocità anche minimamente vicina a quella del suono.
Animali scuri avevano fatto il giro intorno alle pecore, nascosti sotto l’erba. Ora rifluirono dritti verso l’aviobici, ringhiando come pazzi. Avevano l’aspetto di lupi assatanati. Di sicuro avrebbero bloccato un Homo habilis che si fosse avventurato fin lì. Louis li sorvolò a bassa quota e seguì il sentiero.
Era tempo di sorprese, dopo secoli di prevedibilità. Proserpina riportò alla base la nave magnetica e scoprì che tutti erano spariti, insieme con l’aviobici. Trovò Hanuman fra gli alberi da frutto. Non sapeva della scomparsa dell’aviobici, ma ebbe lo stesso sospetto di Proserpina. Corsero insieme alla nave magnetica e decollarono verso la cittadella di Penultimo.
Nel sentiero di distruzione che Louis seguiva trovarono punti dove le stesse difese di Penultimo avevano eliminato lo spesso muro di pietra e lasciato in piedi, o a terra intatte, le finestre. Queste ultime erano esagoni all’incirca delle dimensioni di un uomo. Più resistenti della pietra. Diamanti?
Louis si accorse di sensi meccanici che lo sorvegliavano. Spinse l’aviobici in un varco grande come un veliero.
Furono colpiti dal suono. Era quasi una lingua, un milione di voci rabbiose che lanciavano grida incomprensibili, smorzate dalla sacca sonica. Poi ci fu la luce, attenuata dagli occhiali ingranditori che Louis aveva dimenticato di togliersi. Dietro, Wembleth e Roxanny avevano chinato la testa e lacrimavano. Louis cercò il riparo più vicino: un buco fuso in un secondo muro. Pareva troppo piccolo per la sacca sonica. Louis la spense, urlò per il rumore, varcò il buco, la riaccese. Il rombo diminuì, la luce si attenuò.
Si trovavano tra una confusione di macchinari, in un corridoio largo venti metri e molto più alto. Alcuni macchinari erano alti e scheletrici, come quelli dell’edilizia. Diversi parevano ancora da completare. Il posto sembrava il laboratorio di Armonista o di Bram, ma con più roba.
Roxanny disse: — Mi auguravo che chiunque sia passato di qui abbia fatto saltare le difese. — Si strofinava gli occhi. Wembleth pareva a posto. Però…
— Che puzzo! — si lamentò Roxanny. — Come in un circo!
Aveva ragione, anche se “Louis” non poteva conoscere i circhi. Wembleth disse: — Puzza come carnivori alla caccia di troll. Non capisco.
Era terribile anche se la sacca sonica ne teneva fuori una parte. Louis chiese: — Giaguari del pianeta Pak? Questo potrebbe spingere via i riproduttori, al pari delle luci e del rumore. Mi chiedo cosa ci senta un difensore. Quel puzzo di folla non lavata potrebbe riferirsi ai figli di qualcun altro, a milioni di loro. Forse mille difensori rabbiosi hanno questo odore. Ecco cos’è, un avvertimento per difensori.
— Anche per noi — disse Roxanny. — È ora di…
Wembleth saltò giù dall’aviobici, cadde per un metro e atterrò piegando le ginocchia. Corse, serpeggiando fra macchine e parti di macchine, seguendo la linea di pavimento fuso. Si girò a guardare l’aviobici e agitò allegramente il braccio.
— Stavo per dire che è ora di andarcene — concluse Roxanny. — Ma seguiamo pure Wembleth. Il suo esatto percorso, Luis. Niente scorciatoie. Credo che abbia ragione; dovremmo anche tenerci bassi per non essere presi di mira. E non avvicinarci troppo.