— Non si può volare in questa posizione. Bisogna occupare i sedioli.
— Lo so. — Gli posò le mani sulla cloche e sulla tastiera. Accese il sostentamento. Poi diede a Louis una forte spinta sul petto. Lui volò all’indietro nel vuoto. Cadde per due metri e finì sulla roccia. Fu inondato da un mare di dolore. Non riusciva a respirare. Vide l’aviobici alzarsi ed esitare.
— Tu sei Louis Wu — disse Roxanny, sporgendosi dal sediolo di poppa per guardarlo negli occhi. — Hai 250 anni. Eri servo di un Burattinaio di Pierson, finché non hai cambiato padrone, e non starò a descrivere chi servi adesso…
Gemendo, Louis rotolò sulle ginocchia, poi riuscì a tirarsi in piedi. Protese la mano, ma l’aviobici si librava fuori portata. Eppure i comandi avrebbero dovuto rispondere solo alla sua mano. Forse Proserpina aveva violato il sistema di sicurezza per avere libero accesso ai comandi.
— Cos’è questa storia? — chiese Louis.
— Ho indotto Proserpina a dirmi tutto, ma l’avevo già sospettato, Louis. Ci sono troppe cose sbagliate nel tuo comportamento. Mi hai fatto passare per stupida…
— No, Roxanny, no. Mi piaceva farmi trattare da ragazzo, visto che ero di nuovo giovane. Nessuna responsabilità! Roxanny… — Era in fuga dalla ARM, ma non poteva dirlo a lei. C’erano altre cose che lei non poteva sapere restando libera. Disse: — Ti amo.
Roxanny indicò una massa ancora incandescente. — Cos’è quello?
— Una catasta di servizio. Piastre levitanti di… un’altra parte del Ringworld.
— E le armi? Quelle.
— Non so. — Poteva tirare a indovinare. Armonista di sicuro aveva perduto una catasta di servizio esplorando la Cittadella. Aveva munito di armi una seconda catasta e tentato di nuovo l’invasione, arrivando fin lì.
— E quella capsula argentea? Non poteva rispondere.
— Un disco passatoio dei burattinai, giusto? E scaglia in un altro spazio luce e proiettili e qualsiasi cosa li cada sopra. Quindi funziona ancora ed ecco perché funziona ancora…
— Pericoloso! Roxanny, non hai idea di dove porta!
— Su quante cose hai mentito! Non sono una bambina. — Lo scrutò. — Non ho creduto a Proserpina. Tu non facevi l’amore come un uomo più vecchio. Così ti ho messo alla prova e tu lo fai.
— Come potevi…
— C’era un maestro.
— Roxanny…
— Bene, a quanto pare qui siamo un bersaglio. Credo che ci proverò. — L’aviobici si sollevò, scivolò lateralmente.
La catasta di piastre levitanti rovinate risplendeva di un rosso opaco. La piastra in cima era argento opaco. Roxanny vi lasciò cadere l’aviobici e svanì.
Era capovolta e cadeva. Il fiato le uscì in un lungo grido muto. Cadde lungo roccia rossa, liscia, verticale, verso sabbia ocra molto più in basso. Al di là dei suoi piedi c’era il cielo blu scuro con riflessi rosa. Poi l’aviobici si raddrizzò e ricominciò a salire… ma il grido rimase. L’aviobici era emersa su Marte, con la sacca sonica spenta. Nel vuoto si grida, altrimenti i polmoni si lacerano.
Marte. Ridicolo. Folle. Ma lei conosceva quel posto, aveva fatto l’addestramento su Marte. Roteando, con i sensi trovò l’arco, mentre il Ringworld si levava su se stesso. Quindi non era pazza, quella era la Mappa di Marte nel Grande Oceano dall’altra parte del Ringworld. Anche così, lei e Wembleth sarebbero morti nel giro di minuti, in una atmosfera che sarebbe stata veleno, se non troppo rarefatta per avere importanza.
Il sangue che continuava a colarle dal naso ora spumeggiava. Wembleth aveva spalancato la bocca in un lungo urlo e stringeva i comandi dell’aviobici come per ridurre la velocità.
L’aviobici si posò sopra una singola piastra argentea come quella da dove erano partiti: un disco passatoio capovolto. Wembleth allungò la mano, tirando i tubicini che lo agganciavano all’automed dell’aviobici. Diede un pugno al bordo del disco passatoio. Saltò fuori una tastiera. Wembleth colpì con il pugno i pulsanti. Ruotò i comandi dell’aviobici e il velivolo cadde, ruotò, salì a toccare la parte sottostante del disco passatoio.
C’era aria e un bel cielo azzurro.
Roxanny inspirò aria, ansimò. Disse: — Perfetto — in un rauco bisbiglio. Abbracciò Wembleth. — Perfetto. Ci hai salvati. Quella cosa ci avrebbe inseguiti. Proserpina. E Luis. Louis Wu. — Dopo qualche momento sollevò la testa. — Hai solo colpito pulsanti a caso, vero? Chissà dove siamo.
Poteva vedere tutto ciò che c’era da vedere. Si trovavano in una minuscola isola nel mezzo di un mare piatto e calmo. La vegetazione consisteva solo in arbusti. Pareva un luogo sicuro per lasciare un disco passatoio e la catasta di piastre levitanti.
Roxanny alzò il coperchio a scatto e premette punti di contatto. — Ecco — disse. — E vediamo se ci trovano, adesso.
Louis barcollò verso la catasta di servizio. Avrebbe fatto meno fatica, se avesse avuto un bastone o una stampella. Si fermò dove il calore era troppo intenso. Doveva seguire Roxanny… ma non poteva avvicinarsi oltre. Si sedette per riflettere.
Saltare sul disco passatoio da una rampa più alta? Sì, stet. La catasta di servizio non sarebbe rimasta incandescente per sempre, ma avrebbe impiegato un bel po’ a raffreddarsi. Un giorno? Due? E lui avrebbe dovuto nutrirsi, nell’attesa.
Ancora un minuto e avrebbe iniziato a salire verso il giardino pensile.
Fu svegliato da spruzzi di luce. Si era appisolato o era svenuto. Senza sorpresa guardò scendere la nave di Proserpina. Raggi laser saettarono da una decina di direzioni. La nave tremolò. Poi tutti i laser morirono in palle di fuoco e la grossa nave si librò su di lui.
Hanuman, in tuta pressurizzata, emerse dal portello.
— Sono andati da quella parte — gridò Louis. — Devo raggiungerli, ma è troppo caldo. Aspetta!
Hanuman fece un salto, atterrò sul disco passatoio e svanì.
Che cosa l’aveva attivato, poi? Il calore del plasma? Un proiettile casuale? Qualcosa del genere, di sicuro. Perché mai Armonista avrebbe dovuto mandare lì una pila di servizio con il disco passatoio in funzione?
Vide Proserpina nel portello. Indossava una tuta pressurizzata. Le gridò: — Attenta, funziona ancora!
Proserpina si lasciò cadere sul disco passatoio e svanì.
La nave si girò, cercando alla cieca. Si alzò verso il foro nel muro, lo varcò e sparì.
Louis si domandò in quale guaio fosse finito. Era stato abbandonato da tutti. Non si era mai sentito così solo da quando… nemmeno lo ricordava. Roxanny l’aveva abbandonato. Come le avrebbe mai potuto spiegare… oppure lei capiva fin troppo bene? L’aveva considerata la sua donna, decisa dal destino, l’unica femmina di Homo sapiens in una distesa di tre milioni di pianeti.
Lei aveva preso l’aviobici. Proserpina aveva programmato la nave in modo che tornasse da sola. Lui era a piedi. Notizia buona e cattiva insieme. Era una lunga, fottuta camminata fino a una fonte di cibo, ma tutta in discesa. Non sarebbe morto di fame. Non sarebbe rimasto ucciso dalle difese di Penultimo, se credeva nell’analisi di Roxanny; sarebbe stato ritenuto un Homo habilis vagabondo. Era già quasi nudo.
Ma prima doveva trovare acqua. Ce ne sarebbe stata, per mantenere verde la vasta prateria. Ma ce n’era anche più vicino, a non molta distanza dalla sua testa. Scorgeva rampe che giravano intorno, salivano e portavano ai giardini pensili.
Cominciò a camminare. Niente gli sparò. Forse Proserpina aveva interrotto le restanti difese di Penultimo. Si riposò sempre più spesso. Ora strisciava addirittura. Un bel bastone da passeggio gli avrebbe fatto comodo. Forse nel giardino pensile avrebbe trovato un alberello. Poi sarebbe tornato a piedi alla base di Proserpina. Si sarebbe infilato nell’automed della ARM e avrebbe terminato di curarsi. E intanto avrebbe studiato che cosa fare dopo.