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Riconobbe l’odore. Aveva trovato la provvista di albero-di-vita di Penultimo! Un bel colpo di fortuna, pensò confusamente, non essere atterrato con l’aviobici nel giardino pensile. Roxanny sarebbe rimasta contagiata. Aveva forse superato l’età… o forse no, considerati i decenni di droga di vita. Sarebbe diventata un difensore o sarebbe morta. Anche Wembleth ne sarebbe rimasto contagiato. L’elegante pelame bianco e nero dell’indigeno poteva anche essere un segno dell’età.

L’acqua sgorgava, si raccoglieva in una pozza sulla rampa e scorreva fra le piante. Louis guadò a quattro zampe il rivolo. L’acqua gli arrivava alla pancia. Louis si fermò solo una volta, quando capì d’essere ginocchioni su stoffa sgargiante: una sottana con un ologramma lungo l’orlo. Cavalli selvaggi in corsa ai piedi di formazioni rocciose tipiche del Wyoming, un giro continuo.

Impossibile sapere da quanto tempo fosse in fondo alla pozza. La buona stoffa non marcisce. Teela aveva avuto una gonna come quella, comprata in un negozio a Phoenix. E ora lui strisciava di nuovo.

Strisciò nel giardino, sgocciolando, tirandosi dietro la gonna. C’erano alberi: poteva tirarsi in piedi. Non c’erano solo alberi-di-vita. Vide frutta, fagiolini, pannocchie grosse come pugni… Si mise in ginocchio e cominciò a scavare. Estrasse una radice gialla, la ripulì dal terriccio e diede un morso. Era come masticare legno.

Un’azione doppiamente folle. Lui era troppo giovane. L’automed nanotecnologico di Carlos Wu l’aveva ringiovanito troppo. Lui non aveva motivo per interessarsi all’albero-di-vita. Poteva restarne ucciso. Continuò a mangiare la radice.

18. Il pavimento del Ringworld

Con la mano e con il piede Hanuman si aggrappò al bordo del disco passatoio. Rocce simili a denti color ruggine lo aspettavano molto più in basso. Per milioni di falan la sua specie aveva saputo che cosa fare in caso di caduta.

Proserpina attraversò in un lampo. Hanuman le afferrò la cintura, ma lui non serviva: Proserpina aveva il bordo del disco passatoio. — Trappola — disse. Si tirò su una roccia color ocra. — Rozza. Alieni?

— Armonista è accurato — replicò Hanuman. — Dalla casa di Penultimo potrebbe arrivare qualsiasi cosa. Ci ha detto di aspettare, Proserpina. Ci ha mandato una catasta di servizio.

— Seguimi — disse Proserpina. Con una rotazione scavalcò il bordo e atterrò con un colpo sordo sul disco passatoio. Non accadde niente. — Gauthier ha cambiato il collegamento.

— Conosco i protocolli — disse Hanuman. Aprì la tastiera, liberò la mano e batté velocemente sui tasti. — Perderemo il collegamento di Gauthier. T’interessa dove sono andati la detec e l’indigeno?

— Quella cambierà di nuovo la regolazione. Sono perduti nella rete. Andiamo.

Hanuman si buttò giù e fu altrove.

Sotto una semisfera di cielo artificiale ardeva un sole basso, rosso e appiattito. La prateria si estendeva intorno a Hanuman. In lontananza si scorgeva un lago e una bassa foresta.

Proserpina comparve alle spalle di Hanuman. Rimase sorpresa nel vedere il sole basso. — C’era qui un difensore nato su un pianeta?

— Sì — rispose Hanuman. — Non conosco i particolari.

— Sono affamata — disse Proserpina. Si diresse a lunghe falcate verso gli alberi.

— Presumo che i difensori perdano l’appetito, quando hanno ben poco da difendere. Sei stata in ozio per molto tempo?

Correvano fra grano giallo e Hanuman non teneva il passo. Riconobbe gli alberi più avanti. I suoi ricordi da riproduttore erano confusi. Lui era vecchio, meno veloce, cominciava a sentire dolori alle articolazioni. Il branco aveva combattuto un intruso. Hanuman, il più feroce dei maschi, era arrivato tanto vicino da fiutare un odore che spargeva una furia di fame. Aveva mangiato tanto da istupidirsi, poi era andato in letargo, poi… si era svegliato così, in una sacca di foresta trapiantata profondamente sotto terra, con un proprio sole vagante. La sua stessa foresta per non farlo impazzire ed enigmi per addestrargli la mente da poco espansa.

Gli alberi erano da frutto. Piante più basse crescevano al limitare. La vita del Ringworld era la vita di Pak e tutto ciò che cresceva era commestibile. Proserpina affondò le mani nel terriccio scuro. Ne strappò una radice gialla e la mangiò. Ne diede un’altra a Hanuman.

A un certo punto chiese: — Dov’è Armonista?

— Non posso chiamarlo. — La tuta pressurizzata che Proserpina aveva modificato per lui era una soluzione di fortuna. Non si adattava bene e non aveva un collegamento radio con Armonista. — Ci troverà lui — concluse Hanuman.

— Ero intrappolata in una singola mappa per più di un milione di falan — disse Proserpina. — Quando i miei fratelli Pak smisero di sovrintendere alla morfologia territoriale del Ringworld, ho continuato a cercare difensori nel Centro Manutenzione. Il Centro era rimasto in funzione e io ero rimasta inattiva. Rappresento l’ultima difesa. Un giorno sarò indispensabile. Forse il giorno non è ancora giunto, ma staremo a vedere. Dove puoi condurmi?

— Il tuo interesse è nei vascelli alieni concentrati presso il nostro sole, vero?

— Sì.

Hanuman riscrisse le regolazioni. — Andiamo.

Erano in uno spazio ellissoidale, ampio, buio. Stelle brillavano, senza ostacoli, di luce accresciuta, nelle pareti e pavimento e soffitto. La navi spaziali erano più difficili da scorgere. Armonista aveva posto cerchi luminosi intermittenti intorno a quelle che aveva trovato; forse ne aveva mancato altre. Migliaia di navi. Centinaia di migliaia di piccoli puntini intermittenti: sonde.

Solo Proserpina girò la testa. Tre lunghi bracci oscillanti che terminavano in sedioli forniti di tastiera. Tutti vuoti. Hanuman chiese: — Ti piacerebbe…

— Sst — disse Proserpina e continuò a esaminare ogni cosa. Dischi passatoio: uno solo visibile. Non poteva vedere quello su cui si trovava. Armi e telecamere: non vedeva neanche quelle. Le proiezioni di stelle potevano dissimulare qualsiasi cosa.

Armonista, se l’avesse attaccata, l’avrebbe fatto dall’alto; e anche Hanuman l’avrebbe attaccata. Era pronta a difendersi… ma era l’istinto a parlare. All’atto pratico, se Armonista avesse voluto la sua vita, l’avrebbe già avuta. Chiese: — Conosci quelle navi?

— Alcune — rispose Hanuman. Le indicò: burattinai, Trinoc, Esterni, Kzinti, ARM, Sheathclaws.

— Alcune sono semplici vedette — disse Proserpina. — Alcune sono schierate per la guerra. Male. La ARM vincerebbe, se colpisse in quel punto e in quell’altro… — Lasciò morire la frase. — I relitti di questa nave o di quest’altra potrebbero colpire il Ringworld — riprese.

— La parte poppiera è progettata per contenere combustibile ad antimateria, giusto? Armonista ha considerato l’idea di distruggere tutte quelle flotte?

— Armonista considera tutto.

— Ma non conosco i suoi utensili. Di sicuro è al lavoro su qualcosa! Oltre al semplice controllo di difesa meteore. Non saprò niente finché non so con che cosa possiamo combattere. O fuggire.

— Fuggire? — ripeté Hanuman.

— Faccio ipotesi. — Girò intorno alla parete luccicante. Sotto uno sfolgorio di luce c’erano le ossa di un antico difensore, distese con alcuni suoi utensili. Le articolazioni erano gonfie e nodose. Sulla schiena le vertebre erano saldate.

— Avevano già iniziato a mutare — riprese Proserpina. — Sai che uccidiamo i mutanti? Lo fate ancora?

— Certo, se hanno l’odore sbagliato o se si comportano male.

— Questo era molto bravo in ciò che faceva. Guarda lo stato delle ossa, i segni della semplice età. Sarà sopravvissuto per decine di migliaia di falan. Hanuman, avremmo dovuto sguinzagliare i nostri predatori?

— No.

— Ma quelli della nostra stessa forma hanno occupato ogni nicchia ecologica da noi non riempita. — Lo guardò con durezza. Riuscì quasi a non badare al suo odore di mutante. — Capisco il tuo punto. Non semplici saprofagi come questo qua, ma brachiatori come te. Mutazioni ed evoluzione vanno bene, se solo puoi fermarle subito, sempre, in modo che la tua razza non abbia bisogno di cambiamenti.